Wolverine Noir | L'eterna lotta tra istinto e razionalità
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Come dimostrano Loki e What if…? su Disney+, la Marvel ama giocare con gli universi paralleli. Questa tendenza è iniziata con i fumetti, storie autoconclusive e crossover che mostrano versioni alternative dei supereroi Marvel che tutti conoscono. Una di queste è Marvel Noir, una serie a fumetti del 2009-2010 che mette in scena una rilettura noir di personaggi famosi come X-Men, Spider-Man e Iron Man. Qui i personaggi non hanno superpoteri e si trovano in un ambiente appunto noir e con influenze pulp. Concentrandosi su Wolverine Noir, James “Logan” Howlett non è un mutante con gli artigli che escono dalle nocche e con il potere della rigenerazione, ma un uomo che ha imparato a maneggiare i coltelli in gioventù e che dà filo da torcere a chiunque voglia ucciderlo.
Wolverine Noir e le influenze dei fumetti precedenti
A New York, nel difficile quartiere di Bowery, l’insegna sulla porta di un appartamento recita Logan & Logan – Agenzia Investigativa – Siamo I Migliori In Quel Che Facciamo. Lì, James Howlett e il suo fratellastro Dog Logan lavorano come investigatori. James riflette sul suo costante desiderio di uccidere Dog, ma anche su come, allo stesso tempo, sia suo compito prendersi cura di lui.
Quando arriva una nuova cliente, la giapponese Mariko, la miccia della storia prende fuoco: la donna è in città per affari, e vuole sapere perché alcuni dipendenti di un hotel (appartenente a un certo Victor Creed) la stanno seguendo. Quando Dog inizia a indagare, scompare subito dopo. James deve allora capire cosa è successo.
In Wolverine Noir alcuni personaggi riemergono dal passato editoriale di Logan, in particolare dalla famosa storia Wolverine: Origin. Il lettore può incontrare di nuovo il padre di James, Rose, Dog e Smitty, anche se l’autore (Stuart Moore) li ha riealaborati rispetto alla versione originale. Dog, per esempio, è un uomo mentalmente instabile. Rose è una donna vendicativa. Smitty è ancora il mentore del protagonista e anche colui che lo ha addestrato nell’arte dei coltelli. Anche se sono diversi dagli originali, creano comunque un effetto nostalgico sul lettore.
I fumetti e il genere noir: la trasposizione di Wolverine
Wolverine Noir racchiude la maggior parte delle caratteristiche iconiche e fondamentali del genere noir. Alcune sono stereotipate, come il detective con un passato travagliato o la femme fatale, ma sono elementi irrinunciabili, che hanno reso il noir un genere a sé stante. Dopotutto, James Howlett, il famoso Wolverine, è sempre stato tormentato dal suo passato e dall’amnesia. Non può non ricordare all’istante uno dei personaggi di Raymon Chandler, un perfetto protagonista per una storia noir. Logan non è più un mutante immortale con multiple identità alle spalle, ma un tipico detective tutto d’un pezzo. Il suo passato lo perseguita e il lettore lo scopre man mano grazie a diversi flashback.
La figura di Mariko rappresenta invece non solo la femme fatale, ma anche la straniera che deve combattere con una società razzista. In particolare, la comunità asiatica, che in questo tipo di prodotti trova spesso spazio, come Chinatown di Roman Polański.
Cosa guida un uomo: l’istinto o la razionalità?
Il protagonista di Wolverine Noir ruota intorno al tentativo di inserirsi nella società. “Sono un uomo o un animale?”. Questa è la domanda che lo tormenta. Un conflitto calzante per un personaggio che da sempre ha tratti animaleschi, a partire dal nome, è incline ai modi violenti e proprio la sua doppia natura di uomo/bestia lo ha ripetutamente messo in conflitto con sé stesso nel corso della sua storia editoriale.
Questo problema è ciò attorno a cui gira tutto Wolverine Noir. E quale tormento più grande può esserci, per un personaggio noir, se non quello di chiedersi non chi sia veramente, ma cosa? Un animale che si lascia dominare dagli istinti o un uomo che vive secondo razionalità?
Secondo il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, non c’è una vera scelta da fare tra istinto e logica, poiché possono coesistere. La società tende a considerare l’istinto sbagliato e pericoloso perché la maggior parte delle persone lo teme. Tuttavia, l’umanità non è del tutto razionale. L’istinto fa parte del comportamento umano e non dovrebbe essere demonizzato.
Ma Logan non lo capisce, per cui si sente come se facesse contemporaneamente parte di due mondi. Da una parte c’è il padre (e, per estensione, la società), rappresentato per la prima volta come un predicatore. Le sue rigide regole su come un uomo deve comportarsi, intrise di fanatismo religioso, definiscono un profilo rigido dell’essere umano. E d’altra parte c’è Smitty, il mentore, che comprende Logan meglio di suo padre. È con lui che Logan impara a seguire il suo istinto e, per quanto non voglia ammetterlo, a sentirsi veramente vivo.
Il dominio dell’oscurità
La storia scritta da Stuart Moore è più introspettiva e melodrammatica di altre storie di Wolverine. La crudezza di Logan, che non riesce a capire se è degno del paradiso o dell’inferno, è incanalata e mostrata sulla carta dai disegni di C. P. Smith. Sembrano quasi schizzi, con i loro i tratti ruvidi, atti a mostrare il disagio interiore del personaggio.
I colori di Rain Berardo esaltano le atmosfere cupe, con sfumature accentuate in modo da esteriorizzare i sentimenti interiori dei personaggi. Come affermato dall’autore, il team ha trovato la sinergia giusta per rendere Wolverine Noir un fumetto dal tocco cinematografico.
I toni cupi rimangono anche dopo che Logan sembra aver fatto luce su se stesso. Forse perché è l’istinto che alla fine prevale, e uno come Wolverine sembra riuscire a trovare il suo posto solo nell’oscurità.
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