Il sonno della ragione genera mostri | Goya e il racconto del subconscio
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Il sonno della ragione genera mostri | Goya e il racconto del subconscio

Il sonno della ragione genera mostri | Goya e il racconto del subconscio

Postato il 19 Marzo, 2024

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Location of the visited exhibition

Material/Technique

Etching and aquatint

Dimensions

23 cm x 15,5 cm

Francisco Goya, pittore e incisore spagnolo della seconda metà del Settecento, nel 1797 realizza Il sonno della ragione genera mostri, un’incisione all’acquaforte e acquatinta. Quest’opera fa parte di una raccolta di ottanta incisioni, Los caprichos, pubblicata nel 1799. Los caprichos (I Capricci), ritraggono vizi e miserie umane, nonché soggetti fantastici e grotteschi, in chiave allegorica, umoristica e satirica.

Goya realizza due schizzi preparatori prima di quest’ultima versione: il primo, senza titolo, rappresenta una figura che dorme su una scrivania. Quattro figure la osservano con occhi spalancati: una di queste ha lineamenti simili a quelli dell’artista.

The sleep of reason produces monsters.
Il primo disegno preparatorio de Il sonno della ragione produce mostri
Immagine per gentile concessione di Wikimedia Commons, pubblico dominio

Nel secondo schizzo, tuttavia, sono presenti due iscrizioni che corrispondono alla calligrafia di Goya:

“Idioma universal. Dibujado y grabado por Francisco de Goya. Año 1797”
Il linguaggio universale. Disegnato e inciso da Francisco Goya nell’anno 1797.

“El autor soñando. Su intento solo es desterrar vulgaridades perjudiciales y perpetuar con esta obra de Caprichos, el testimonio sólido de la verdad. 1797”

L’autore nel sonno. Il suo intento è quello di scacciare le volgarità dannose e di perpetuare, con opere come I Capricci, la solida testimonianza della verità.

The sleep of reason produces monsters.
Il secondo disegno preparatorio de Il sonno della ragione produce mostri
Immagine per gentile concessione di Wikimedia Commons, pubblico dominio

Nell’ultimo disegno, l’artista ritrae una figura addormentata osservata da creature spaventose, con la testa china su un tavolo. Qui c’è un’iscrizione:

“El sueño de la razón produce monstruos”
Il sonno della ragione produce mostri

Come suggerisce il titolo dell’opera, questa è divisa in due parti: sonno e mostri.
Con il sonno, la ragione scompare e la mente del dormiente si affolla di figure negative. La mente stessa genera un incubo composto da minacciosi uccelli notturni (gufi) e da un feroce felino (lince) che guarda verso l’osservatore.

The sleep of reason produces monsters.
Il sonno della ragione produce mostri
Immagine per gentile concessione di Wikimedia Commons, Pubblico Dominio

In uno dei suoi tre manoscritti, il Commento ad Alaya conservato al Museo del Prado, Goya spiega il significato di Il sonno della ragione:

“La fantasía abandonada de la razón produce monstruos imposibles: unida con ella es madre de las artes y origen de las maravillas”

“L’immaginazione abbandonata dalla ragione genera mostri impossibili: unita a lei è madre delle arti e origine delle meraviglie”

Goya, quindi, sostiene che se la ragione non controlla l’immaginazione, quest’ultima andrà a generare mostruose illusioni. Al contrario, nel momento in cui la ragione veglia sull’immaginazione, si creerà una risorsa preziosa. Le figure sinistre ritratte nell’opera rappresentano i processi mentali presenti nel subconscio, che emergono solo nel momento in cui la ragione riposa.

Il simbolismo degli animali nell’arte: il significato di gufi e linci

Nel Medioevo i rapaci notturni come i gufi erano considerati “uccelli del malaugurio”. Questi infatti vengono spesso associati alla magia nera, alla stregoneria e al diavolo.

Esistono anche visioni positive di questi rapaci notturni, come quella dell’antica Grecia. Qui la civetta è associata alla dea Atena ed è quindi simbolo di intelligenza e saggezza. Nel caso specifico della civetta, tuttavia, per la maggior parte ha una valenza negativa. Nella religione cristiana, infatti, è simbolo di sfortuna, solitudine e morte.

Statuetta in bronzo di Atena che fa volare la civetta, 460 a.C. circa, bronzo classico; alt. 15 cm Il Metropolitan Museum of Art di New York, Harris Brisbane Dick Fund, 1950 (50.11.1)

Così anche la lince, nota per la sua vista eccezionale, ha assunto nel tempo diversi significati, positivi e non. Per alcuni, a causa della sua vista, rappresentava la costante protezione di Dio sugli esseri umani; altri, invece, a causa delle sue orecchie appuntite, associavano la lince al Diavolo. Nella Divina Commedia, il poeta Dante Alighieri colloca la lince, che chiama “Lonza”, nel primo canto. La lince era una delle tre bestie, insieme al leone e alla lupa, che ostacolavano Dante. Nella Commedia, queste tre bestie sono l’allegoria dei peccati capitali e la lince (o Lonza) rappresenta la lussuria: questo perché i bestiari medievali definiscono la lince come un animale che si accoppia in ogni stagione, essendo sempre in calore.

La metamorfosi artistica di Goya: La Maniera Scura

Nel 1792 una misteriosa malattia cambia la vita di Goya. Ciò porta anche numerosi cambiamenti nel suo stile e nei temi trattati nelle sue opere. Il cambiamento di questi ultimi, tuttavia, è dovuto anche ai cambiamenti politici avvenuti in Europa in quegli anni. Nel film L’ultimo inquisitore del 2006 del regista Miloš Forman, che ha come protagonista Goya, vediamo come l’ascesa al trono di Carlo IV, la Rivoluzione francese, l’impresa napoleonica e i problemi di salute travolgono la vita dell’artista. Così, nel 1792 Goya abbraccia quella che è la parte più oscura, dolorosa e dannata dell’animo umano. Inizia così la maniera oscura.

L’ultimo inquisitore

Le prime opere di maniera scura prodotte Goya furono i Cuadritos, undici opere che raffigurano scene cupe, brutali e tragiche. L’artista sceglie di dipingere varie scene e personaggi, tra cui: assalti di briganti, scenari interni di manicomi, naufragi e persone visibilmente confuse. Nei Cuadritos, Goya illustra quali sono gli istinti e le pulsioni violente dell’animo umano. Dopo i Cuadritos, ci sono Los Caprichos e, a seguire, I disastri della guerra. In quest’ultimo gruppo di opere Goya ritrae e denuncia la brutalità e la violenza della guerra d’indipendenza. Infine, le Pitture nere, opere che ritraggono l’immenso trionfo del male.

In questi dipinti l’uomo è impotente, è costretto ad arrendersi di fronte alla grandezza e alla potenza della sua malinconia e al crudele destino. Un esempio di questi dipinti è Saturno che divora i suoi figli .

The sleep of reason produces monsters.
Saturno che divora i suoi figli
Immagine per gentile concessione di Wikimedia Commons, pubblico dominio

Mostri & Co.: Un’amicizia che cambia le regole del terrore

I mostri sono anche protagonisti del film d’animazione Monsters & Co. del 2001, prodotto dai Pixar Animation Studios e distribuito da Buena Vista International, ora Walt Disney Pictures. Diretto da Pete Docter, Lee Unkrich e David Silverman e scritto da Andrew Stanton e Daniel Gerson, è il quarto lungometraggio d’animazione della Pixar; nel 2002 ha vinto un Oscar per la migliore canzone If I Didn’t Have You, di Randy Newman. James Sullivan e Mike Wazowski sono i mostri protagonisti del film. I due vivono nella città di Mostropolis e lavorano nella centrale elettrica che trasforma le urla dei bambini in elettricità. Per questo, grazie a delle speciali porte che collegano il loro mondo a quello degli umani, i mostri entrano nelle case dei bambini di notte. Tuttavia, non sono solo i bambini ad avere paura dei mostri.

Giocando con un ribaltamento delle situazioni, nel film i mostri temono i bambini tanto quanto i bambini temono i mostri. Tutto cambia quando Sullivan porta per errore una bambina, che Wazowski chiamerà Boo, nel loro mondo. Con l’arrivo di Boo, i due capiscono che i bambini non sono un pericolo, che spaventarli non è una buona cosa e che è possibile trarre energia anche dalle loro risate. I mostri diventano così amici, figure buffe che entrano nelle stanze con l’intento di strappare loro una risata. Sullivan e Wazowski dimostrano così a mostri e umani che non c’è motivo di avere paura gli uni degli altri.

Esplorazioni oniriche da Freud a Gottschall

L’autore Jonathan Gottschall, nel suo libro del 2014 L’istinto di narrare: Come le storie ci hanno reso umani affronta il tema dei sogni. Qui, infatti, lo scrittore parla dei sogni come di misteriose storie notturne, che spesso hanno come protagonista il sognatore stesso, che lotta per i suoi desideri. L’autore, quindi, si chiede quale sia il motivo per cui il sognatore durante la notte si sveglia in preda al panico, sudando e tremando; perché il suo cervello decida di rimanere sveglio tutta la notte, e quindi quale sia il motore dei sogni.

Per i seguaci del pensiero di Sigmund Freud i sogni sono messaggi criptati che possono essere decodificati solo dalla psicoanalisi, ma questa soluzione si scontra con il pensiero di altri studiosi. Un esempio che Gottschall riporta è la teoria dello scienziato J. Allan Hobson, che definisce l’interpretazione dei sogni una perdita di tempo. Per il premio Nobel Francis Crick invece, i sogni servono a rimuovere le informazioni inutili e quindi “i sogni servono a dimenticare”; mentre per il ricercatore Owen Flanagan i sogni non servono a nulla. Gottschall inoltre spiega che, per molti psicologi e psichiatri, i sogni servono come autoterapia che aiuta il sognatore ad affrontare le paure e le ansie vissute da sveglio.

I sogni, o meglio, gli incubi ritratti da Goya nelle sue opere, dunque non erano altro che le ansie e le paure che provava da sveglio, durante un periodo pieno di cambiamenti e problemi di salute che sconvolsero la vita dell’artista e che lo spinsero ad avvicinarsi al lato oscuro della psiche umana.

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