La voce del Padrone | Il miracolo pop di Franco Battiato
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All’inizio degli anni ’80, il cantante e compositore italiano Franco Battiato non può certo essere definito un artista pop. Nei dieci anni precedenti, pubblica undici album che si muovono con sicurezza tra il prog rock, la musica elettronica e l’avanguardia. Trascorre la maggior parte del decennio chiuso nel suo appartamento, a sperimentare con sintetizzatori nel tentativo di unire la pratica della meditazione con il viaggio nel suono. A volte, compare in TV vestito in modo bizzarro, con i suoi enormi occhiali, e suona per il grande pubblico melodie complesse ed ipnotiche. Ma il suo pubblico rimane di nicchia.
Poi, nel settembre del 1981, Battiato pubblica La Voce del Padrone, un lavoro più accessibile ma ugualmente studiato. Alcuni mesi dopo, dopo essere rimasto costantemente in cima alle classifiche, l’album diventa il primo nella storia della musica italiana a vendere più di un milione di copie.
Sofisticare la musica pop
Fin dall’inizio della sua carriera, Battiato non fa del successo una priorità. Ciò che gli interessa è soprattutto la profondità delle esperienze che riesce a creare. Crede che esistano “musicisti di essenza” e “musicisti di personalità”, e si considera appartenente alla prima categoria. Ma alla fine degli anni ’70 si rende conto conto che l’accessibilità e la rilevanza non sono necessariamente in conflitto. Al contrario, interagire con un pubblico più vasto fa parte della crescita come artista. Come dichiara in un’intervista alla RAI:
Sono stato da solo per molto tempo, sperimentando, ed è stato salutare, e consequenziale, avere un contatto spudorato e ambiguo con il grande pubblico. Non più piccole aggregazioni, ma grandi.
Dopo questa consapevolezza, rilascia L’era del Cinghiale Bianco (1979) e Patriots (1980). L’evoluzione è evidente: entrambi gli album sono molto più comprensibili rispetto ai lavori precedenti. Ciò è possibile grazie alla collaborazione con Giusto Pio, un compositore classico che è anche un appassionato di musica pop. Tra gli altri, Pio collabora con Milva, Alice e Giuni Russo, alcune delle più famose voci femminili italiane. Quando lui e Battiato si incontrano, il panorama della musica pop è dominato da artisti commerciali come Umberto Tozzi, autore della famosa canzone Gloria. Lo spazio per un artista sofisticato come Battiato sembra, quindi, molto stretto. Eppure, il cantante è determinato a raggiungere il grande pubblico.
Il cambiamento è già in atto, ma l’equilibrio è ancora da trovare. Nel giugno dell’81, Battiato e Pio si riuniscono ancora una volta nello Studio Radius a Milano e la magia finalmente accade.
“È colpa dei pensieri associativi…”
C’è qualcosa di miracoloso ne La Voce del Padrone. I testi sono ancestrali eppure sfacciatamente moderni. Il suono passa da regale a ballabile e intimo. È in tutto e per tutto un album pop, ma unico nel suo genere. Quasi tutti i brani sono concepiti come potenziali successi e seguono i rigorosi schemi tradizionali della forma-canzone. Tuttavia, Battiato decide di impreziosire questa forma con proposte nuove.
L’autore sa giocare sui contrasti: i cori, ad esempio, sono spesso affidati a cantanti lirici. In altri casi fa l’esatto contrario ed esaspera con ironia i manierismi del pop. Cuccurucucù, uno dei maggiori successi di Battiato, segue questa logica. Su un ritmo veloce e uptempo, che potrebbe ricordare la new wave britannica e statunitense della fine degli anni Settanta, Cuccurucucù fonde insieme mondi lontani. Il titolo è preso da una canzone folk messicana del 1956: la strofa racconta l’infanzia dell’autore trascorsa in Sicilia e il bridge è un pastiche delle famose canzoni degli anni ’60 di Bob Dylan, i Beatles e i Rolling Stones. Centro di gravità unisce riferimenti agli insegnamenti esoterici di G. I. Gurdjieff con un paesaggio “postmoderno” di dislocamento culturale.
Battiato è consapevole della stravaganza del suo processo creativo. In Segnali di Vita, il brano più intimo dell’album, canta “È colpa dei pensieri associativi/se non riesco a stare adesso qui”. All’ascoltatore queste parole suonano come una dichiarazione poetica. Come molti dei lavori di Battiato, La voce del Padrone è un volo di fantasia musicale e lirico.
Fare musica come i Samurai
Nell’incontro col pop, Battiato trova un equilibrio speciale: così speciale da renderlo irripetibile. Vede la composizione come una forma di meditazione e un modo per viaggiare all’interno del Sé. Inoltre, il cantautore sostiene che il filo che lega tutti i suoi lavori sia l’atteggiamento:
…ciò che trovo invariabilmente presente in tutti i miei lavori, da quelli avanguardistici degli anni Settanta fino alla mia Messa Arcaica è una ricerca costante della bellezza, dell’armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno di ogni linguaggio prescelto.
Eppure, nonostante il suo stile sia molto personale, l’influenza di Battiato sulla musica italiana è enorme. Come afferma il giornalista musicale Giovanni Ansaldo, abbiamo tutti un debito con Franco Battiato. Nel corso degli anni intrattiene proficue collaborazioni con musicisti di ogni provenienza, dai compositori classici alle band punk. Gli artisti che gli rendono omaggio sono innumerevoli e altrettanto vari. I suoi brani sono interpretati da cantautori alternativi come Colapesce e Carmen Consoli. Ma sono anche remixati da DJ dance.
È questo che rende la musica di Battiato così affascinante: la sua capacità di muoversi tra gli opposti. E lui ne è ben consapevole. Come quando dichiara, citando le Regole dei Samurai: “Bisogna fare le cose leggere con serietà, e le cose serie con leggerezza.”
Puoi ascoltare La Voce del Padrone su Spotify.
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