
Il Gattopardo su Netflix, la recensione | Nascita di una nazione, morte di una dinastia
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Il principe Fabrizio di Salina, chiamato Il Gattopardo (Kim Rossi Stuart), è il patriarca di una famiglia aristocratica siciliana. La sua personalità si fonda su una morale altamente cattolica e una mentalità conservatrice, sia in politica sia in famiglia. Ma gli ingranaggi della Storia sembrano andare in una direzione diversa, mentre Giuseppe Garibaldi, con un esercito di mille uomini, si appresta a unire l’Italia.
L’adattamento televisivo del romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato nel 1958, è uscito su Netflix il 5 marzo 2025, dopo una lunga campagna pubblicitaria. La regia è di Tom Shankland. E’ il secondo adattamento dopo il celebre film del 1963 di Luchino Visconti. La narrazione principale segue la storia della famiglia Salina per tutta l’Italia negli anni dell’unione, rappresentando la caduta di una dinastia come metafora per il cambiamento della società.
La trama: Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi
Siamo in Italia, nel 1860. Garibaldi è alla guida del suo esercito di camicie rosse per creare una nazione unita a partire dalla moltitudine di regni lungo la penisola. Ma in Sicilia le tradizioni persistono, specialmente nella residenza del principe Fabrizio di Salina, che mantiene il controllo sulla sua proprietà grazie al rispetto che pretende da parte dei contadini. È il Gattopardo, capo di una dinastia che sembra destinata a regnare sulla società: non ha bisogno né di un re straniero né di altre leggi. Il principe vive una vita lussuosa con sua moglie, Astrid Meloni, e i loro figli. Tra questi ultimi, la più grande, Concetta (Benedetta Porcaroli), si prepara per diventare suora in un monastero a Palermo. L’arrivo del suo affascinante cugino Tancredi (Saul Nanni) mette in dubbio la sua fede tanto da farla tornare a casa nella speranza di sposarlo.
Il principe, però, non sembra d’accordo con questa unione. Tancredi è il suo pupillo, ma allo stesso tempo ha una visione molto più progressista. Difatti, si è appena unito alle camicie rosse. Diversamente da suo zio, crede fermamente che un cambiamento sociale e politico sia necessario. Inoltre, anche se inizialmente illude Concetta, presto dirige il suo sguardo altrove. Non riesce a resistere all’affascinante e seducente figlia di Don Calogero Sedara (Francesco Colella), Angelica (Deva Cassel). Sedara è allo stesso tempo un uomo che cerca in tutti modi di prendere il comando e un rappresentante di un nuovo ordine sociale. Tuttavia, il principe non può vietare il matrimonio. Concetta torna afflitta al monastero e i primi passi della rivoluzione arrivano in Sicilia.

Una storia familiare: riferimenti autobiografici
La serie racconta l’epopea di una famiglia, come accade in Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Angelica, come Remedios, è un angelo che compare nella luce. È una donna indimenticabile, la cui mera presenza influenza le azioni altrui. Per di più, la storia è ricca di intrighi politici e romantici, relazioni segrete e suore con una vocazione molto fragile. Soprattutto, l’ascesa (e conseguente declino) della dinastia del Gattopardo ha molti punti in comune con la famiglia dei Buendía, la cui fine riflette anche il destino della società.
La fonte d’ispirazione di Tomasi di Lampedusa per il suo romanzo è stata la storia della sua famiglia e, in particolare, quella del bisnonno. Lo scopo dell’autore era parlare della sua realtà, facendo riferimento al passato della sua regione, ed esprimere l’incapacità dei siciliani di progredire a causa del loro orgoglio. I suoi personaggi sono profondi e sfaccettati, ricchi di ambizione, motivazione ed emozioni. Una ricchezza che sfortunatamente non è presente nell’adattamento Netflix: i protagonisti sembrano incapaci di cambiare, ma sono anche incastrati in un ruolo che devono ricoprire, con molta meno profondità.
La serie ricrea un ritratto preciso di una nazione divisa, fatta a pezzi da rivoluzioni e ingiustizie sociali. L’ascesa di Garibaldi, che punta a unificare i diversi stati in cui l’Italia era divisa, evidenzia le differenze tra i diversi popoli. Lo storico ordine sociale che il Gattopardo e la sua dinastia rappresentano si frantuma alla comparsa di nuove idee politiche. Per un istante, persino l’omertà della mafia sembra arrendersi alla rivoluzione sociale. Ma è solo questione di attimi prima che arrivi un nuovo protettore.

La calda fotografia di un saggio storico
Nella serie Netflix il Risorgimento è ricostruito con attenta cura ai dettagli cinematografici e degli oggetti di scena. Per evitare qualsiasi paragone con il film di Visconti, lo scenografo Dimitri Capuani ha scelto ambientazioni diverse. In un’intervista a Variety, ha spiegato che sia lui sia il direttore della fotografia Nicolaj Brüel hanno preso ispirazione dai paesaggi del pittore siciliano Francesco Lojacono. Terre lunari abitate da poveri contadini contrastano con i palazzi sfarzosi in cui vive il Gattopardo. Tuttavia, una luce limpida e calda abbraccia tutti gli ambienti, creando un’atmosfera sospesa tra mito e realtà.
Se la colonna sonora favorisce il coinvolgimento (soprattutto la musica diegetica dei balli sontuosi), la progettazione del suono tiene saldo il legame con la storia. I Mille di Garibaldi compaiono nella prima scena, un’ampia inquadratura che li mostra in marcia. In seguito, sono spesso evocati attraverso il suono dei loro passi.
La stessa cura per suono e fotografia è stata riservata ai costumi e alle acconciature. Il costumista Carlo Poggioli ha spiegato che, specialmente per i personaggi femminili, ha ricercato una palette di colori adeguata al periodo storico, riflettendo allo stesso tempo la diversa personalità di ognuna. Inoltre, alcuni dettagli sono stati rivisti in chiave contemporanea.
Sapevo di dover rimanere fedele al romanzo e allo stesso tempo di poter prendere le distanze dallo stile di Visconti, cercando di ottenere maggior leggerezza e forse un po’ più di verità.
Carlo Poggioli intervistato da Variety

Cosa cambia rispetto al romanzo originale
Mentre la produzione ha prestato grande attenzione alla ricostruzione storica, lo stesso non si può dire sull’adattamento della trama. Molti avvenimenti si differenziano da quelli de Il Gattopardo di Tomasi, al punto che alcune parti sono state create per la serie. A partire dalla celebre scena del ballo tra Angelica e il Principe, che non avviene durante il debutto della ragazza a sua corte, ma molto tempo dopo il suo matrimonio con Tancredi. Allo stesso modo, l’atteggiamento del Principe nei confronti dei suoi mezzadri è molto più in stile mafioso rispetto a come era stato immaginato dall’autore.
Ma le differenze sostanziali riguardano Concetta e la relazione con suo padre e con Tancredi. Nell’opera originaria, Il Gattopardo non la coinvolge nelle sue riflessioni: è una donna e la politica è un affare per soli uomini. Tancredi non inizia una relazione con lei, tantomeno lei pensa di diventare suora. Inoltre, non si oppone mai alle parole del padre. La sua ribellione nella serie è una dimostrazione femminista lontana da quel periodo storico e sembra esser stata creata per trasmettere un’ideale moderno. Tutte queste differenze creano una distanza significativa tra l’intenzione dell’autore originale e il contesto narrativo. Nonostante il livello tecnico, Il Gattopardo di Netflix non riesce a coinvolgere totalmente. L’incessante ricerca di temi e successi odierni (come storie di criminalità o di emancipazione femminile) porta la serie lontano dalla sua via originaria. Il risultato è una narrazione che rimane a metà tra period drama e critica sociale, senza una propria identità.
La fine tragica del Principe sottolinea la moralità dell’intera storia: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi“. Anche dopo il declino di un antico potere, nulla cambia nell’ordine sociale, soprattutto in un territorio dominato dal codice del silenzio. Gli abitanti, intrappolati nel loro destino, non aspirano a un miglioramento. Dunque, nessun personaggio può evolvere e diventare una versione migliore di sé.
La dinastia del Gattopardo deve crollare, affinché una nuova nazione possa nascere. Per un attimo di speranza, prima che tutto resti come è sempre stato.
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