All'Autunno di John Keats | Il ritmo della luce che si attenua
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All'Autunno di John Keats | Il ritmo della luce che si attenua

All'Autunno di John Keats | Il ritmo della luce che si attenua

Postato il 29 Maggio, 2024

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Ode
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Molti poeti, da Shakespeare a Verlaine, da García Lorca a Carducci, hanno cantato la bellezza e il mistero che avvolgono il passaggio dall’estate all’inverno. John Keats è probabilmente uno dei più noti: le sue strofe liriche, accuratamente composte, sono fedeli rappresentazioni della natura e meditazioni profonde sulla vita. All’Autunno non solo incarna lo stile di Keats, ma è anche la sua eredità poetica, essendo l’ultima poesia che scrive.

La vita di Keats è infatti molto breve, marcata da perdite, lutti e interrotta dalla malattia. Muore di tubercolosi nel 1821, a soli 25 anni. Nonostante la morte prematura, è considerato uno dei poeti più rappresentativi del Romanticismo, a fianco di Percy Bysshe Shelley e Lord Byron.

All’Autunno è scritta nel 1819, ed è l’ultima di una serie di odi pubblicate quell’anno, come Ode a Psiche e Ode su un’urna greca. La poesia racconta delicatamente dei colori tenui, i moti lenti e i suoni soavi dell’autunno e mostra come la bellezza possa essere trovata anche quando il declino si avvicina.

L’illusione dell’estate

All’Autunno è divisa in tre strofe, che insieme raffigurano il passaggio graduale dall’ultimo tepore estivo all’avvicinarsi dell’inverno. In questo modo, i primi undici versi descrivono l’autunno come una stagione ancora animata dalla luce e dalla vita. Gli alberi si piegano con il peso delle mele, le viti decorano i tetti delle case, le nocciole riempiono il loro guscio e i fiori tardivi illudono le api di star vivendo un’estate senza fine:

Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d’uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nocciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l’estate ha colmato le loro celle viscose.

All’Autunno, versi 1-11.

Sia il sole che l’autunno sono personificati, una scelta che fa assomigliare il poema ad una conversazione intima tra il poeta e gli elementi naturali, intenti in una cospirazione che faccia durare il caldo e la fertilità. Il calore che emana questa scena ricorda quello dei dipinti di alcuni contemporanei di Keats, come A Cottage in a Cornfield di John Constable.

A Cottage in a Cornfield, John Constable, 1817. Public domain Wikimedia Commons.

L’autunno come agente nel mondo naturale

La personificazione dell’autunno continua nella seconda e terza strofa, dove diventa chiaro che la stagione sia più di un mero oggetto di meditazione: è un vero e proprio agente nel mondo naturale. Seduto sul pavimento del granaio, o addormentato nei campi, l’Autunno pervade l’ambiente di un senso di sopore e lentezza. È un momento per contemplare il torchio del sidro o guardare il ruscello che scorre.

L’ultima strofa conduce il lettore lontano dalla primavera, ma con la consapevolezza che, come questa stagione, anche l’autunno ha il proprio ritmo. Gli ultimi versi traboccano di vita e sono abitati da agnelli, rondini e grilli. Tuttavia, i colori sembrano meno brillanti e il giorno sfuma lentamente nella notte.

E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una tua musica ce l’hai –
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
E toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
Allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
Dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
Piangono tra i salici del fiume,
E agnelli già adulti belano forte dal baluardo dei colli,
Le cavallette cantano, e con dolci acuti
Il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
Si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.

All’Autunno, versi 23-33.

Il giorno che dolcemente muore

I critici hanno dato diverse interpretazioni a questa poesia, ma tutti concordano che sia molto più di una raffigurazione dell’autunno. Come sottolinea il New York Times, la malinconia che tinge le ultime strofe va collegata alla vita personale di Keats. Nel 1819, quando compose il poema, la sua salute era in rapido declino, e ciò lo costrinse a porre fine alle sue imprese poetiche. La caratterizzazione dell’autunno come una stagione “intontita dalle esalazioni dei papaveri” potrebbe rispecchiare le sue esperienze con l’oppio che era un comune antidolorifico dell’epoca.

Nonostante si cerchi di attribuire un possibile sfondo al componimento, il dolore e la malattia non pervadono i suoi versi. La forza poetica di Keats traspare anche da questo: l’abilità di toccare il lato più amaro e problematico della vita terrestre, ma utilizzando un linguaggio intriso di calore e musicalità.

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