Mommy | Uno sguardo intimista sul legame tra madre e figlio
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Il legame tra madre e figlio è uno dei temi ancestrali che hanno accompagnato la storia dell’umanità. Nel corso dei secoli, questo binomio ha trovato nell’arte un terreno fertile in cui manifestarsi nelle sue molteplici declinazioni. Basti pensare al linguaggio pittorico e alle pressoché innumerevoli raffigurazioni della Madonna col bambino nella iconografia cristiana. In modo analogo, anche la letteratura ha continuamente spinto i confini della narrazione del rapporto tra madre e figlio. Non si può non ricordare la tragedia greca dell’Edipo re, il capolavoro del drammaturgo Sofocle, e il suo impatto sulla teoria psicoanalitica con il complesso di Edipo. Né si può fare a meno di notare come il conflitto madre-figlio sia il motivo dominante in classici del cinema come Psyco (1960) di Alfred Hitchcock. Mommy, il quinto film del regista e sceneggiatore canadese Xavier Dolan, arricchisce il tema con nuove prospettive.
Del resto, l’esplorazione del rapporto tra madre e figlio è una costante dei film di Dolan. Il suo debutto alla regia è avvenuto a soli diciannove anni con J’ai tué ma mère (2009), da lui scritto, prodotto e interpretato. Il film, parzialmente autobiografico, segue la relazione travagliata tra un figlio e sua madre. La pellicola si è aggiudicata tre premi alla Quinzaine des Cinéastes della 62ª edizione del Festival di Cannes. Mommy sembra proseguire questo filone con un approccio più intimista e maturo.
Un autentico enfant prodige, Xavier Dolan, classe 1989, ha diretto finora otto film. Mommy ha debuttato alla 67ª edizione del Festival di Cannes vincendo il Premio della giuria. Inoltre, ha vinto il premio César per il miglior film straniero. Dolan ricopre anche il ruolo di sceneggiatore, produttore, costumista e montatore del film.
Una madre coraggiosa e un figlio in difficoltà
In un imminente futuro fittizio, il goverlo canadese istituisce la legge S-14. Una misura che consente ai genitori di minori in difficoltà e con finanze limitate di ricoverare i propri figli in un istituto psichiatrico in situazioni di emergenza. Mommy racconta la storia di una famiglia legata inesorabilmente a questa legge.
Diane “Die” Després (Anne Dorval) è una vedova quarantenne e madre single che si ritrova ad avere in custodia a tempo pieno il figlio quindicenne Steve (Antoine Olivier Pilon). Steve è un adolescente imprevedibile che soffre di disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Lottando per sbarcare il lunario e per migliorare il loro rapporto conflittuale, i due trovano aiuto in Kyla (Suzanne Clément), la loro nuova vicina di casa. Kyla è un’insegnante in anno sabbatico che ha sviluppato una forma acuta di balbuzie e accetta di dare ripetizioni a Steve. Insieme, i tre si sforzano di superare i loro limiti personali e i loro fantasmi, aspirando a un futuro più luminoso.
Ma non è tutto. Il regista aggiunge anche un sottotesto di critica sociale che accompagna la storia con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sul divario sociale tra famiglie facoltose e meno abbienti.
Una storia raffinata e delicata dall’estetica ammaliante
Xavier Dolan dimostra di avere una forte padronanza del linguaggio cinematografico. Riesce a sfruttare la macchina da presa per comunicare in forma visiva la vasta gamma di emozioni e sentimenti che caratterizzano il rapporto tra madre e figlio. La sua è una regia accorta e consapevole. Il suo sguardo vigile si focalizza sull’interpretazione dei tre personaggi principali. Supervisiona in anticipo anche i loro gesti più sottili, tentando di restituire a chi guarda un senso di autenticità e una forte e costante vicinanza alle emozioni di ogni singola scena. Dolan si accosta continuamente ai corpi, ricorrendo a inquadrature molto ravvicinate che lasciano percepire a chi guarda persino ciò che rimane inespresso.
Tutto questo si coniuga con la fotografia intensa, variopinta e satura di contrasti di André Turpin. Il risultato è un delicato racconto dall’estetica ammaliante che ricorda lo stile di Terrence Malick e quello di un altro film premiato a Cannes: In the Mood for Love (2000) del regista hongkonghese Wong Kar-wai.
Giocare con il rapporto d’aspetto
Tra le scelte più significative e intriganti c’è sicuramente quella relativa al rapporto d’aspetto 1:1 del film. Dolan ha deciso di restringere l’immagine, comprimendola in un quadrato perfetto. L’effetto finale è un fortissimo senso di intimità. Questo perché il particolare rapporto d’aspetto fa sì che sullo schermo venga inquadrata una sola persona per gran parte del tempo. In più, la dimensione raccolta del quadrato restituisce con efficacia la condizione di isolamento e di incomprensione in cui si trovano i personaggi. Ciò dà anche la sensazione di entrare ancora più in profondità nel mondo interiore e segreto dei protagonisti, forzando chi guarda a fissarli dritto negli occhi. Un’altra soluzione insolita è quella di espandere per due volte il rapporto dell’immagine nel corso del film, portandolo al più canonico formato 1,85:1. Questo, secondo Dolan, per enfatizzare i momenti di felicità e libertà vissuti dai personaggi.
Mommy non è l’unico film a sperimentare un rapporto d’aspetto diverso da quello standard. Altri registi hanno infatti giocato con diversi aspect ratio, come Wes Anderson in Grand Budapest Hotel (2014) o Sam Esmail nella serie televisiva Homecoming (2018).
La musica come motore narrativo
La filmografia di Dolan si distingue anche per l’uso che fa della musica. Mommy vanta una notevole varietà di brani musicali. Ci sono tracce di Dido, di Craig Armstrong, degli Oasis, degli Eiffel 65 e di Lana Del Rey, solo per citarne alcune. Le canzoni danno un solido sostegno ai punti chiave della storia, facendo da specchio ai sentimenti dei personaggi e dando voce ai loro pensieri. In particolare, Mommy si avvale della musica diegetica, che agisce da vera e propria forza narrativa e da innesco per l’interazione tra i personaggi. È il caso, per esempio, della scena costruita intorno al brano On ne change pas di Celine Dion; o anche quando Steve canta al karaoke Vivo per lei, nella versione di Andrea Bocelli e Giorgia, dedicandola alla madre.
Non è tutto: Dolan ha dichiarato di aver scritto l’intera sceneggiatura di Mommy dopo aver ascoltato il brano Experience del pianista e compositore italiano Ludovico Einaudi. Il regista ha poi voluto dedicare a questa canzone una delle scene più commoventi e più cinematografiche del film.
In conclusione, Mommy riesce a spiccare nel vasto scenario narrativo sul legame tra madre e figlio. Il film si impone con pieno consenso di critica e pubblico (basti ricordare che a Cannes il pubblico in sala ha tributato a Dolan una standing ovation di oltre 10 minuti) nel quadro cinematografico degli ultimi anni. Lo fa soprattutto grazie al suo sguardo intimista e realistico e in virtù della critica sociale che porta con sé.
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