Perché Bob Dylan ha cambiato nome | La storia di una scelta coraggiosa

Postato il 29 Gennaio, 2025

Sinagoghe sequestrate, uccisioni e persecuzioni, comunità ebraiche sciolte in nome dell’antisemitismo nell’Unione Sovietica comunista. Nemmeno la Rivoluzione russa del 1917 era bastata a fermare quell’ondata di odio. Successivamente il bolscevismo precipitò come un macigno sulla cultura ebraica tradizionale. La corrente marxista era notoriamente contro il giudaismo e aveva come obiettivo quello di sopprimere le tradizioni popolari ebraiche.

Nel documento che attestava il progetto del Partito Comunista l’allora leader politico Lenin aveva fatto scrivere che “gli ebrei e abitanti dell’Ucraina dovevano essere presi con i guanti di pelle di riccio e spediti a combattere in prima linea”. Questa forma di persecuzione per i popoli aveva spinto migliaia di ebrei a fuggire dalla Russia. Una emigrazione di massa verso gli Stati Uniti.

L’influenza della famiglia sulle scelte di Dylan

Bisogna partire da questa premessa storica per capire la storia della famiglia di Bob Dylan e parte dei suoi tormenti. I suoi nonni erano tra quelle migliaia di persone scampate alla durezza del pogrom. L’America era l’occasione per rifarsi una vita. In moltissimi cambiarono il cognome, una via d’uscita quasi obbligata per proteggersi dalla caccia all’ebreo. È successo a molti divi ebrei americani: il cambio di identità gli ha aperto le porte della Terra promessa.

Quando il 24 maggio del 1941 a Duluth, cittadina del Minnesota, era nato Robert Allen Zimmerman, il vero nome di Bob Dylan, la sua famiglia aveva già tracciato un solco. Più tardi anche il giovane Robert ha seguito quell’esempio. Ma prima c’è un pezzo di vita incancellabile che ha segnato in modo decisivo la scelta sul cambio di identità.

L’incontro di Dylan con l’amico Glover

Gli anni 60 segnano una svolta. Dylan aveva lasciato l’università della sua città per andare a suonare nei locali Folk di Minneapolis e dove avrebbe potuto incontrare il suo idolo Woody Guthrie. Un gigante nella storia della musica Folk americana che ha influito in modo inequivocabile nella vita artistica di Dylan, allora ventenne. Camicia a quadrettoni da boscaiolo e sigaretta in bocca, irriverente, cantava spesso canzoni di protesta. Fu come un Dio da seguire per molti grandissimi della musica statunitense: non solo Dylan, anche Springsteen, Joan Baez solo per citarne alcuni.

Dylan si esibiva con un gruppo nel quale c’era anche Tony Glover. Musicologo che scriveva per Esquire, originario del Minnesota come Dylan. Tra i due era scattata la scintilla, un’amicizia profonda. Al tempo Dylan si fidava di Glover come di nessun altro. Suonava l’armonica, così ha poi ispirato lo stesso Dylan. Quando l’amico gli ha proposto alcune interviste Bob si era già spostato a New York. I due si sono separati fisicamente ma hanno mantenuto rapporti vivi. Dylan di Glover disse: ”È un amico in tutto, pensa e parla proprio come me”.


L’intervista a Dylan mai pubblicata

Di una parte delle interviste a Dylan, il suo confidente Glover aveva conservato le trascrizioni per un pezzo sul ragazzo del Minnesota da pubblicare su Esquire. Ce ne sarebbero dovute essere delle altre ma come è spesso accaduto nella vita dell’artista, la noia ha preso il sopravvento.

Dylan si era stancato e non voleva più farle. Quel pezzo Glover non lo ha mai pubblicato. Solo dopo la sua morte, nel 2019, i cimeli dylaniani sono stati resi noti. Dylan si apre e racconta le sue idee: accade qualcosa di incredibile.

Perché Bob Dylan cambiò nome

Così in quelle trascrizioni Bob spiega perché Robert Allen Zimmerman non avrebbe mai sfondato nella musica. Serviva un nome nuovo, una identità lontano dai pregiudizi nei confronti degli ebrei, era necessario proteggersi dall’antisemitismo che avrebbe potuto compromettere la carriera. “Se mi fossi chiamato Bob Levy oppure Bob Johnson la mia carriera non avrebbe mai funzionato. Serviva qualcosa che gli desse un’altra dimensione” ha spiegato Dylan, che prosegue: “Molta gente pensa che gli ebrei sono mercanti o venditori di orologi. Oppure che abbiano la coda o che mangino i bambini” l’affondo dell’artista. “Ho scelto Dylan per avere una identità dinamica nello showbiz. Mi permetteva di non sentirmi dire cose che non volevo mi si ricordassero” conclude.

Tra la mole di lasciti dylaniani che la famiglia Glover ha venduto dopo la morte del musicologo c’è anche un’altra rivelazione sulla decisione di cambiare identità. Inizialmente l’ipotesi era che la passione di Dylan per il poeta gallese Dylan Thomas lo avesse spinto a quella scelta. Invece la conclusione è che l’artista amava i giochi di parole. Di qui l’idea di deformare il nome dello zio Dillon in Dylan.

Il 2 agosto del 1962 la registrazione presso la Corte Suprema Americana consegna alla storia della musica una leggenda. Sul premio Nobel alla Letteratura ricevuto nel 2016 c’è impresso per sempre: Bob Dylan.

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