Robinson Crusoe di Daniel Defoe | La nascita del romanzo inglese
Author
Year
Format
Se gli fosse stato chiesto qual è stato il giorno più fortunato della sua vita, il corsaro scozzese Alexander Selkirk avrebbe probabilmente risposto il 2 febbraio 1709. In quella data, infatti, dopo quattro anni d’isolamento su un’isoletta nell’Oceano Pacifico al largo delle coste del Cile, venne salvato dalla nave pirata Duke. Quando tornò in Inghilterra, la sua storia divenne famosa e ne giunse voce anche allo scrittore Daniel Defoe. Dieci anni più tardi, l’autore pubblicò quello che divenne il suo capolavoro: La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe. Il libro ebbe un grande successo ed è considerato uno dei primi esempi di romanzi inglesi.
Ispirandosi all’esperienza di Selkirk, il romanzo racconta la storia di un uomo rimasto bloccato per 28 anni su un’isola tropicale al largo delle coste del Venezuela e del Trinidad. È completamente solo, tranne per due gatti e un cane. Così, si rimbocca le maniche: costruisce un piccolo rifugio, adotta un pappagallo, crea un orticello. Inizia anche a tenere un calendario e a pregare Dio. Un giorno, salva un prigioniero da un gruppo di cannibali. Lo chiama Venerdì (come il giorno della settimana) e inizia a leggergli la Bibbia. Col tempo, lo converte al Cristianesimo. Anni dopo, riesce finalmente scappare dall’isola a bordo di una nave, che dovrà poi salvare da un ammutinamento.
Robinson Crusoe è un’avvincente storia di sopravvivenza dalla quale emergono alcune delle questioni più dibattute al tempo. Il romanzo offre, inoltre, un vivido ritratto della mentalità dei colonizzatori inglesi. Non si tratta di una semplice storia di un uomo solitario, ma di un uomo sociale costretto all’isolamento. Potrà anche essere solo, ma è ben lungi dall’essere un senza legge.
Un viaggio alla scoperta di sé
Quando nel XVI secolo fiorì la letteratura di viaggio, gli europei iniziarono a confrontarsi con gli altri popoli con cui entravano in contatto. Per i pensatori illuministi e positivisti, il comportamento di questi cosiddetti “selvaggi” era diventato la base sulla quale valutare i moderni cittadini europei. Le conseguenze psicologiche di questo confronto portarono a un dibattito sul posto occupato dall’uomo nell’universo, sull’opposizione tra cristiano illuminato e nobile selvaggio.
L’interpretazione che fornisce Defoe della solitudine di Crusoe è quella di un’esperienza di vita nella natura profondamente nobilitante per il naufrago. Solo attraverso il ritorno alla condizione primitiva, Crusoe può avvicinarsi a Dio e, paradossalmente, diventare un cittadino migliore. Sembra però coltivare il desiderio di replicare la sua società sull’isola. Arriva a chiamare la sua tenda “castello” e autoproclamarsi “re”. Perciò, nonostante la riscoperta connessione con la natura, la mentalità di Crusoe rimane quella di un colonizzatore. Infatti, mentre afferma la sua innocenza, esercita un totale controllo sul suo servitore, Venerdì. A causa di queste contraddizioni, le avventure di Crusoe sembrano romanticizzare e negare allo stesso tempo lo stato della natura.
Il lascito del naufrago
Il filosofo illuminista Jean Jacques Rousseau era un grande fan del romanzo. Nel suo noto trattato pedagogico, Emilio o dell’educazione, il protagonista, Emilio, può leggere solo un libro: Robinson Crusoe. Rousseau era convinto che l’educazione dei bambini non dovesse basarsi sui libri, ma sull’esperienza diretta. Perciò, a Emilio era fermamente proibito leggere. Ma la storia di Crusoe era diversa: insegnava al ragazzo a essere un uomo indipendente e lo preparava a diventare un cittadino di una società commerciale.
Questo è solo uno dei tanti riferimenti a Crusoe nelle arti e nella filosofia. Nel 1986, il vincitore del premio Nobel John Maxwell Coetzee pubblicò Foe, una rivisitazione post-coloniale del romanzo di Defoe. Foe racconta la storia di Susan Barton, una donna naufragata nell’isola di Crusoe. Ma l’influenza di Defoe va oltre la letteratura. Nel corso degli anni, questo personaggio ha fatto la sua comparsa in fumetti, film d’animazione, mondo del cinema e addirittura musica. Nel 1951, il critico letterario Ian Watt ha contato più di 700 edizioni, spin-off e traduzioni: Crusoe era diventato uno tra i più popolari personaggi di finzione. Per comprendere la portata della sua influenza, basti pensare che ha addirittura ispirato un intero genere: la cosiddetta Robinsonata.
Un uomo sociale in isolamento
Alcuni critici vedono Robinson Crusoe come un’allegoria della civiltà moderna, altri lo intendono come una celebrazione dell’individualismo economico e spirituale. Altri ancora lo vedono come un ritratto della mentalità dei colonizzatori europei. Alla fine, però, la posizione di Defoe sulla natura umana è piuttosto inclusiva: per quanto lontano dalla civiltà, un uomo non è mai veramente un selvaggio, perché non è mai del tutto solo. Può vivere in solitudine, ma troverà sempre il modo di riprodurre lo sguardo e la voce dei suoi compagni umani. Per parafrasare un vecchio detto “puoi togliere l’uomo dalla società, ma non la società dall’uomo”.
Tag
Buy a ☕ for Hypercritic