Emily in Paris | Quando la TV gioca con i cliché
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Emily in Paris | Quando la TV gioca con i cliché

Emily in Paris | Quando la TV gioca con i cliché

Postato il 04 Ottobre, 2024

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Il 2 ottobre 2020 è stata rilasciata da Netflix la commedia romantica per eccellenza, Emily in Paris. Creata da Darren Star (già noto per Sex and the City and Beverly Hills, 90210) e prodotta dagli MTV Studios, la serie ha raggiunto sin da subito la vetta delle classifiche Netflix. È riuscita ad aggiudicarsi e mantenere il primo posto per settimane grazie al fascino della doppia “F”: fashion e Francia.

Un’altra caratteristica però è riuscita a catturare gli spettatori sin dal primo episodio: i cliché di questa serie. E se di solito gli stereotipi risultano fastidiosi, nel caso di Emily in Paris il risultato è diverso.

From Paris the Usa with love

La serie racconta la storia di Emily (Lily Collins), una giovane direttrice marketing che lavora per la società americana Gilbert Group. Quest’ultima ha acquisito una boutique francese, Savoir, attiva nel mondo del lusso. Quando il capo di Emily (Kate Walsh) scopre di essere incinta, decide di mandare la giovane Emily a Parigi al suo posto. E così, la nostra protagonista si trasferisce in un’altra città per gestire le campagne social della nuova acquisizione, portando una ventata di freschezza nell’ufficio parigino.

Emily, la fashionista americana, si trasferisce così in città, ma Parigi non le dà un benvenuto caloroso. I colleghi francesi non la vogliono lì e non lo nascondono. Lontana da casa e circondata da sconosciuti, non parla una parola di francese. Ma, nonostante tutto, non rinuncia allo stile, indossando sempre outfit super costosi.

Parigi, la città della moda

Con questa serie, la costumista Patricia Field ha confermato i suoi gusti, che uniscono lo stile americano all’eleganza francese. In passato, la stilista aveva già girato alcune scene a Parigi con Sex & the City e Il diavolo veste Prada. Ma solo ora i suoi lavori hanno davvero girato per l’intera città.

La serie, infatti, è stata girata in molti luoghi iconici della città. Oltre a Lily Collins, c’è quindi un’altra star su Emily in Paris: Parigi stessa. Guardando gli episodi, gli spettatori si sentono trasportati nella capitale francese, sognano di passeggiare sulle strade della Ville Lumière e di guardare Parigi con gli occhi dei parigini, dalla Rive Droite e Rive Gauche a Les Jardin des Tuileries e Place Vendôme.

Una storia fatta di cliché

Passeggiate romantiche, fiori, appartamenti da sogno, amicizie nate dal nulla, competenze lavorative prive di fondamento. Questi sono solo alcuni degli stereotipi di cui è sommersa la serie. Per l’ideatore, Darren Star, questo tipo di storia non è una novità. Ha di recente creato Younger di TV Land, in cui Liza, la protagonista, sembra la cugina maggiore di Emily. Liza è una donna di quarantaquattro anni che mente sulla sua età per ottenere un lavoro come assistente editoriale in una grande casa editrice e si comporta di conseguenza come una ragazza di vent’anni. E, se andiamo ancora più indietro, Star aveva fatto qualcosa di simile con i ricchi teenager di Beverly Hills, 90210 e con le vicende amorose di un gruppo di donne di New York, in Sex and the City.

L’approccio di Star è sostanzialmente l’opposto rispetto alla cruda realtà dei personaggi femminili a cui sono abituati gli spettatori. Fleabag, ad esempio, mostra la realtà di una ragazza normale che deve sbarcare il lunario. È una storia in cui è facile immedesimarsi e si rispecchiano molte ragazze catapultate nel mondo reale. Ma la storia di Emily è diversa. L’obiettivo non è rispecchiare la realtà né ingannare il pubblico. Questo personaggio serve piuttosto a far sognare gli spettatori, anche solo per un istante, dal divano di casa. Serve a farli fantasticare sulla vita della giovane Emily e sui suoi terribili dilemmi, come scegliere quale cappotto indossare.

E anche se dopo venti minuti si ritorna alla realtà, nulla può eguagliare quella fuga momentanea: un godibile guilty pleasure.

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