Death Stranding | Hideo Kojima prova a creare un nuovo tipo di videogioco
Game designer
Studio
Art Director
Lead Composer
Publishing Year
Subgenre
Country
Ci sono videogiochi che hanno cambiato in modo indelebile la storia del medium. Esiste un prima e un dopo giochi come Resident Evil, God of War o Dark Souls. Death Stranding cerca chiaramente di essere uno di questi giochi. Solo con il senno di poi si potrà dire se lo sia stato davvero. Per ora, quello che si può dire è che Hideo Kojima ha fatto un esperimento ambizioso. Ha mescolato una storia potente, una costruzione del mondo più che mai solida e un mix a volte disorientante di gameplay.
La narrazione spicca anche grazie al cast di attori, che coinvolge Léa Seydoux, Guillermo Del Toro, Nicholas Winding Refn e Norman Reedus, che ha interpretato il protagonista del gioco, riecheggiando in qualche modo il suo ruolo in The Walking Dead. Il viaggio di Sam Porter Bridges affronta l’enorme tema del nostro destino come specie, esamina l’importanza dei legami e cerca di offrire un’esperienza di gioco unica nel suo genere.
Un mondo che necessita di connessioni
Come sarebbe un mondo in cui le consegne e internet sono quasi scomparsi? Kojima presenta un’ambientazione post-apocalittica in cui, dopo un fenomeno chiamato Death Stranding, la società è stata sconvolta e le persone vivono isolate, barricate in città sotterranee. Le leggi della biologia e della fisica sono cambiate drasticamente. I morti, sotto forma di Beached Things o BT, possono ora tornare nel mondo dei vivi. Rappresentano anche un grande rischio, perché se una BT entra in contatto con un essere vivente, innesca un void out, un’esplosione gigantesca.
Il protagonista Sam è una leggenda nel campo delle consegne e presto gli viene affidato un compito enorme: ricollegare gli Stati Uniti e rimettere in funzione la rete chirale, una sorta di internet. Nel farlo, dovrà affrontare una pioggia che fa invecchiare rapidamente, i MULE, persone impazzite il cui unico scopo è rubare i pacchi degli altri, e, naturalmente, i BT.
Death Stranding combina domande filosofiche ed elementi scientifici, ricordando a volte Solaris di Stanislaw Lem nelle sue conclusioni più ciniche. Inoltre, analogamente a Nausicaa nella valle del vento di Hayao Miyazaki, sottolinea la necessità di cambiare la nostra mentalità per continuare ad abitare questo pianeta.
Kojima vuole sottolineare quanto le persone facciano affidamento sugli altri ogni giorno, dando per scontata questa collaborazione. E lo fa in un mondo in cui l’umanità è sull’orlo dell’estinzione e la collaborazione è l’unica vera possibilità di sopravvivenza. Consegnare pacchi è l’azione principale che il giocatore deve compiere per andare avanti. Essa incarna sia il bisogno pratico di rifornimenti che quello sociale di cooperazione. Così come il ripristino della rete è fondamentale per comunicare e condividere le conoscenze.
Death Stranding: Kojima ha creato un nuovo genere?
Ciò che Kojima ha realizzato con Death Stranding può essere paragonato a giochi come Shadow of the Colossus o alle produzioni di Quantic Dreams o persino a Bandersnatch (Black Mirror). Il punto è stravolgere la prospettiva comune e vedere il videogame con occhi nuovi. Il game design di Kojima non si concentra molto sulle battaglie (soprattutto le boss fight sono piuttosto piatte), preferendo spingere il giocatore a confrontarsi con l’ambiente. Come scalare una collina o una montagna, quali strumenti portare, come regolare il bagaglio. Anche l’online utilizza un approccio diverso. Offre la possibilità di aiutare gli altri giocatori: si possono realizzare costruzioni che possono essere utilizzate anche da altri e ricevere dei like.
Kojima ha usato la definizione di strand game system perché voleva che i giocatori vedessero Death Stranding senza filtri e come qualcosa di nuovo. Tuttavia, le scelte relative al game design, anche se coerenti con la lore del gioco, a volte risultano deleterie per l’esperienza di gioco.
Sicuramente Death Stranding ha suscitato un certo dissenso e i più cinici lo hanno considerato un simulatore di consegne a domicilio. Sarebbe però riduttivo riassumere il gioco in questo modo. La costruzione del mondo è profonda e dettagliata e la trama e i personaggi sono complessi e originali. Tuttavia, il gioco non ha molto di più da offrire di quello che mostra nelle premesse. Senza dubbio i diversi strumenti che Sam otterrà nel corso della storia differenziano il gameplay, offrendo molteplici approcci per affrontare le missioni. Ma è anche vero che il gioco non sempre esorta il giocatore a esplorare ogni tipo di possibilità.
Molte possibilità. Troppe.
Death Stranding cerca di essere, allo stesso tempo, un gioco open world e d’avventura, uno sparatutto in terza persona, uno stealth e molto altro ancora. Ma queste numerose possibilità non sono tutte ben realizzate e bilanciate, quindi disorientano più che ampliare le possibilità del giocatore.
Il gioco offre continuamente scorciatoie per evitare le sfide presentate al giocatore. Le moto e le auto sono meglio delle scale e delle gambe rinforzate. Le armi o la semplice fuga sono meglio di un approccio stealth per affrontare MULE e BT. Spetta solo ai giocatori decidere se rendere le missioni più difficili e complesse. In un gioco dal ritmo molto lento e potenzialmente infinito, probabilmente non sarà la prima scelta.
La desolazione degli Stati Uniti realizzata da Kojima si adatta molto bene alla trama, ma ciò che offre al giocatore sono soprattutto terre quasi desertiche e pochi paesaggi mozzafiato. Giochi recenti come Persona 5 e Red Dead Redemption 2 fanno un lavoro molto migliore nel creare un mondo immersivo che mette in campo meccaniche diverse.
Nel suo tentativo di innovare, Kojima ha creato qualcosa di simile a molti giochi molto diversi tra loro, con l’unica vera innovazione rappresentata dall’attenzione che il gameplay riserva alle consegne. È solo un primo passo verso un modo diverso di fare videogiochi.
La superficie di qualcosa di nuovo
Il gioco è pieno di idee brillanti per quanto riguarda il concept e la costruzione del mondo. Tuttavia, molti di questi elementi sono troppo astratti per avere un impatto reale sul gameplay. Il sistema online fa sì che i giocatori cooperino relativamente, serve un grosso sforzo di immaginazione per percepire davvero la cosa. È innegabile che il giocatore costruirà sempre un ponte o una centrale elettrica innanzitutto per propria necessità. Tutto ciò è ben lontano dagli arguti espedienti della saga di Metal Gear. Tra i vari, si può ricordare la boss fight contro Psychomantis, diventata famosa perché, cambiando lo slot del joypad, il giocatore lo può battere molto più facilmente.
Kojima aveva un’idea ambiziosa: creare un mondo narrativo complesso che comprendesse più generi e approcci. Ma ha solo scalfito la superficie di qualcosa che deve ancora essere esplorato a fondo. Forse altri ambiziosi game designer seguiranno il suo esempio, probabilmente nel settore dei giochi indie, ricco di prodotti notevoli (come Hollow Knight). Undertale ne è un esempio emblematico. Con una manciata di pixel e poche righe di dialogo, ha decostruito e reso un sentito omaggio al genere JRPG, usando una serie di idee originali e meccaniche inedite.
Tag
Buy a ☕ for Hypercritic