Self-defence di Joanna Piotrowska | Comunicare attraverso il gesto
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Due mani stringono un polso. Gli avambracci si intrecciano. In questa geometria, sembra essere stipulato un patto o un voto. Eppure, l’immagine mostra un gesto: decontestualizzato, interrotto.
Self-defence della fotografa polacca Joanna Piotrowska incarna un’ambiguità radicale. È impossibile non pensare alle dinamiche sociali sbilanciate, alla vulnerabilità fisica e psicologica. Certe volte l’immagine è tagliata e, quindi, priva di contesto. In altre fotografie, la composizione si apre su spazi domestici. Il focus è ancora sulle pose, gli sguardi e le forme dei corpi. Il gesto fotografico è spesso un dubbio fenomenologico, in quanto cerca di avvicinarsi ai fenomeni da più punti di vista.
Il luogo del conflitto
In Self-defence, una serie di pellicole da 16 mm realizzate tra il 2014 e il 2015, alcune ragazze sono fotografate nelle loro case mentre inscenano gesti tratti dai manuali di autodifesa. Qui, l’altro rimane fuori dall’immagine come una proiezione dell’assenza. Quando l’aggressore non è immortalato, lo scopo della posa risulta poco chiaro e la figura tesa è rivolta verso qualcosa che non si riesce a vedere. Il corpo e la mente della ragazza diventano dimora di un conflitto interiore. È una difesa personale, fuori dal dramma psicologico. In cui il confine tra attacco e difesa si fa opaco. Piotrowska esplora l’autoprotezione, il potere dei corpi, l’ansia e la violenza intima.
Il suo lavoro è ispirato da poesie, danzatori e coreografi e dal testo femminista e psicologico In a Different Voice, di Carol Gilligan. Piotrowska si dimostra capace di tradurre i concetti in immagini attraverso le arti del teatro, della performance e delle scenografie, realizzate in contesti domestici. Questo approccio dà origine a una particolare tensione visiva delle pose e a un nuovo modo di abitare lo spazio.
Immagini di connessioni
La pratica fotografica è ostile alle ideologie e chi la esercita agisce in maniera post-ideologica. La fotografia è anche una successione di concetti. Le immagini in bianco e nero rappresentano la magia del pensiero teorico e trasformano un discorso concettuale in qualcosa di concreto. Sono casi estremi e ideali: il nero è l’assenza totale di ogni vibrazione luminosa, mentre il bianco è la presenza totale di tutti gli elementi vibranti. Le fotografie in bianco e nero di Piotrowska sono di una qualità profonda e tagliente. In questo risiede la loro particolare bellezza, che è la bellezza dell’universo concettuale. Risulta evidente, quindi, quanto lo studio e la pratica svolgano un ruolo fondamentale nell’opera della fotografa.
L’arte di Piotrowska si è sviluppata organicamente da un forte interesse per la domesticità, l’autoprotezione, le donne nella società e “come le donne spesso si sentono a disagio nella costrizione del patriarcato”. Preoccupata per la vulnerabilità e la condizione delle donne, Piotrowska indaga come queste si conformino alle aspettative sociali. Coreografando la violenza nascosta, dà voce alla loro interiorità più profonda. Permette allo spettatore di riflettere e di riconoscere l’impatto dell’ambiente politico e sociale su di esse.
Insomma, la sensibilità psicologica con cui Piotrowska affronta queste problematiche porta alla luce tutte le contraddizioni, sia dei soggetti sia dell’osservatore.
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