Gegege no Kitaro | La tradizione degli yokai nella cultura pop
Author
Year
In una notte buia e ventosa, un evento ultraterreno disturba la quiete di un cimitero. Dalla terra appena scavata emerge una mano, appartenente a un ragazzino deforme e senza un occhio. Il suo nome è Kitaro: ultimo membro vivente della Ghost Tribe, nato dall’unione di due spiriti. Nonostante l’inquietante incipit, tale evento segna l’inizio di una commedia horror per bambini, Gegege no Kitaro.
Insieme all’opera autobiografica NonNonBa, si ispira all’infanzia dell’autore Shigeru Mizuki. Il titolo da solo ne è un esempio. Infatti, gegege è sia l’onomatopea di una sonora risata che il suo soprannome da bambino. Il manga ha guadagnato grande popolarità in Giappone come primo franchise a rendere popolare il folklore giapponese. Tuttavia, rimarrà sconosciuto in Occidente fino all’inizio degli anni 2000.
Avventure horror per bambini
Mizuki, impiegato della banca del sangue, indaga sul caso di una trasfusione che ha trasformato un paziente in uno spirito. Presto scopre che il donatore originale, una donna incinta, è uno yokai. Lei lo convince a mantenere il segreto fino alla nascita del bambino, ma tragicamente entrambi i genitori muoiono prima di allora. Perciò, quando un bambino si trascina fuori dalla tomba che ha scavato per la coppia, Mizuki lo accoglie come suo figlio adottivo. Ma presto la natura soprannaturale di Kitaro inizierà a manifestarsi.
Essendo uno dei primi manga horror rivolti a un pubblico giovane, la sua trama è lineare e semplice. Una scelta dovuta anche al formato episodico. Esso privilegia una raccolta di racconti brevi piuttosto che una trama più lunga e incentrata sul protagonista. Infatti, ogni capitolo è un racconto a sé su uno spirito diverso e sull’intervento di Kitaro per affrontarlo. Una struttura simile al fumetto italiano Monster Allergy, i cui protagonisti Zick ed Elena devono catturare pericolosi mostri.
L’evoluzione di Gegege no Kitaro, dal teatro al manga
La storia del personaggio di Kitaro risale agli anni ’30. La sua prima apparizione documentata è come protagonista di un kamishibai – una forma di teatro di strada popolare durante la Grande Depressione. Ispirato alle leggende locali, narrava la storia di un ragazzino nato da un fantasma in un cimitero. Tali racconti popolari di spiriti divennero famosi tra il pubblico dell’epoca, alimentando l’interesse per il soprannaturale di un giovane Shigeru Mizuki.
Durante gli anni ’60 inizierà a lavorare al primo adattamento manga, intitolato Hakaba no Kitaro e pubblicato su Shonen Magazine. Tuttavia, il crudo realismo del manga originale portava i segni delle esperienze traumatiche di Mizuki durante la Seconda Guerra Mondiale. Più oscuro e alquanto grafico, fu ritenuto troppo inquietante per i bambini. Di conseguenza, l’autore decise di rifare la serie smorzando l’elemento horror in favore di un approccio comico. Nasce così nel 1967 Gegege no Kitaro, continuando la sua pubblicazione sul Weekly Shonen Sunday e molte altre riviste. Ma solo nel 2002 avrebbe superato i confini del Giappone. Ciò accadde con la prima traduzione in inglese a cura di Kodansha Bilingual Comics.
Il fascino del folklore in una storia moderna
Sebbene siano presenti sia azione che commedia, il nucleo di Gegege no Kitaro rimane il soprannaturale. Questo perché tale manga è, prima di tutto, una storia di yokai scaturita dalla vasta conoscenza della mitologia di Mizuki. Il termine deriva dalle parole yo (affascinante, strano) e kai (mistero), e si riferisce a una varietà di creature del folklore giapponese. Dai demoni agli spiriti, include tutti quegli eventi misteriosi che possono essere soltanto opera di un’entità soprannaturale. Questi esseri hanno popolato l’immaginario collettivo per secoli, diventando soggetto di opere d’arte e racconti. Un ottimo esempio è l’iconico film d’animazione Spirited Away di Hayao Miyazaki, ambientato in un mondo abitato da tali creature.
Gli Yokai variano sia nell’aspetto che nel carattere, e Gegege no Kitaro riflette questa varietà, rappresentandoli sia come alleati che come nemici. Alcuni possono sembrare umanoidi mentre altri sono oggetti d’uso quotidiano che hanno preso vita. Alcuni possono essere pericolosi e altri benigni. È il caso di personaggi come il padre di Kitaro, resuscitato come bulbo oculare antropomorfo per vegliare sul figlio. Oppure del dispettoso Nezumi Otoko, mezzo yokai dalle sembianze di topo. Creature bizzarre che si possono trovare anche in manga shonen come Inuyasha e I signori dei mostri. E siccome per molti yokai non esiste una rappresentazione univoca, Mizuki ha potuto plasmare una propria interpretazione personale. Ha così celebrato gli yokai per la loro rilevanza culturale, cercando di evocare il senso di meraviglia che li caratterizza.
L’atmosfera evocativa di Gegege no Kitaro
Contrariamente alla maggior parte delle storie rivolte a un pubblico giovane, il tono e le immagini di Gegege no Kitaro mantengono un’atmosfera cupa che permea l’intera serie, a partire dalla malinconia del protagonista. Sebbene cresciuto da genitori umani, la natura soprannaturale di Kitaro lo separa dalle persone normali, destinandolo a non integrarsi mai – nemmeno tra coloro che aiuta. Un tratto condiviso da altri protagonisti solitari come Guts in Berserk o la tragica figura di Devilman. Eppure, resta un’anima buona che desidera soltanto portare la pace tra gli yokai e il mondo umano.
In secondo luogo, il suo stile artistico brilla per il contrasto tra personaggi semplificati e sfondi dettagliati. Riesce a trasmettere l’inquietante senza mai diventare cruento, affidandosi invece a scenari suggestivi. Quindi, mentre la forza di Gegege no Kitaro risiede nel fascino verso l’ultraterreno, è la sua atmosfera che lo ha reso iconico. Indovinando un ricercato equilibrio tra horror e fascino, il lavoro di Mizuki è diventato popolare tra i lettori di tutte le età. Ha ricevuto sette adattamenti anime, uno per ogni decennio dalla sua pubblicazione, e due film live-action.
Tag
Buy a ☕ for Hypercritic