The Death of Doctor Strange | Come il dottore ha risolto il suo stesso omicidio
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Nel folklore russo esiste una figura malvagia chiamata Koschei, che si è strappato l’anima dal corpo e l’ha nascosta in un luogo sicuro. Così facendo, se prima non si distrugge la sua anima, Koschei non può morire.
Il collegamento con Voldemort della saga di Harry Potter è immediato, ma in questo caso Koschei è fonte di ispirazione per l’ultima miniserie Marvel dedicata al Dottor Stephen Strange. Pubblicata alla fine del 2021, scritta da Jed MacKay e realizzata assieme al disegnatore Lee Garbett e al colorista Antonio Fabela, The Death of Doctor Strange è esattamente ciò che il suo titolo anticipa. La morte (e la paura della morte stessa) è il suo leitmotiv.
La storia inizia con Strange che muore trafitto al cuore da un pugnale. In un’indagine in stile Agatha Christie, solo una persona può catturare l’assassino: Strange stesso. Una versione più giovane di lui, per la precisione, qui disegnata come più simile a quella creata da Steve Ditko.
I lettori devono quindi fare i conti con due versioni della stessa persona e con i diversi modi di pensare e di vedere il mondo dei due Stregoni. Un’occasione già offerta anche da una puntata di What if…? e da Doctor Strange nel Multiverso della Follia, che mettono in scena versioni più oscure e grottesche di Stephen Strange.
La morte al centro del discorso
Avevo appena inviato un’e-mail a Darren Shan, l’editor di Dottor Strange, e ho detto tipo… “Ehi, non so se avete dei piani per il dottor Strange o qualcosa del genere, ma posso scrivere una serie su di lui?” E lui ha risposto “Sì, assolutamente. Vogliamo ucciderlo. E puoi scriverlo tu”.
Jed MacKay a The Insider
Jed MacKay si concentra sui tratti fondamentali del personaggio di Strange, tanto da rendere la storia un vero e proprio caso studio del personaggio. Strange è ormai un uomo e uno stregone completamente realizzato. È anche tornato a fare il chirurgo. Ma ha dovuto rinunciare ad avere legami affettivi, siano essi amici, compagni o amanti. È come se avesse già cessato di esistere, sentimentalmente. Come se non avesse più un’anima. Per questo viene introdotta la figura di Koschei, colui che si è tolto l’anima per continuare a vivere.
MacKay dimostra che non è mai troppo tardi per poter sistemare le cose, creando un rimando anche a Silver Surfer: Requiem, dove l’araldo più famoso della Marvel riflette sulla sua vita poco prima di morire.
La morte separa i defunti dai loro cari, ma crea anche unità tra coloro che sono rimasti. Questo è esattamente ciò che accade in The Death of Doctor Strange, come anche già successo ne La morte di Superman della DC Comics: stare insieme in memoria dei morti.
Uno stile eterogeneo
Lo stile di disegno di Lee Garbett cambia da situazione a situazione, e con esso sembra cambiare anche il genere stesso della miniserie: da più mistery a più calmo e romantico, a seconda della scena. Garbett gioca con le prospettive e le distanze dei personaggi sulla pagina, quasi nascondendole agli occhi del lettore per creare mistero, o avvicinandosi sempre di più ai volti delle figure quando hanno un momento più intimo, tra loro o con se stessi: quasi a far sentire il lettore fisicamente, e di conseguenza empaticamente, vicino a loro.
I colori di Antonio Fabela sono molto accesi, soprattutto per i personaggi, ma i loro poteri magici sono invece quasi eterei, in contrasto con l’ambiente circostante. Dalla scrittura ai disegni al colore, il costante conflitto tra luce e oscurità, vita e morte, evidenziato come perenne richiamo al tema principale di The Death of Doctor Strange.
Una fine è solo un nuovo inizio
Abbiamo tolto di mezzo l’intera faccenda del “è morto ma tornerà”, in modo da poter andare avanti con la storia. Il pubblico ha certe aspettative a questo punto quando si tratta di storie di morte di supereroi, e questo è del tutto comprensibile, sappiamo tutti come funzionano queste cose, nel mondo dei fumetto. Ma ecco la novità: questa serie non si intitola The Life of Doctor Strange.
Jed MacKay a Syfy Wire
(Spoiler alert)
MacKay, Garbett e Fabela hanno creato una conclusione definitiva alla storia di Stephen Strange. La sua versione “Ditko” (quella che indaga) riflette sull’uomo che è diventato in futuro, tenendo in considerazione errori e successi. Ma anche l’attuale versione di Strange fa i conti con se stesso: una volta risolto il mistero della sua morte, infatti, viene riportato in vita dalla sua versione più giovane. Il giovane Strange lo fa perché ha capito il rimorso che il defunto ha portato con sé nella tomba e vuole liberare la sua anima da questo peso.
Strange è vivo solo per poco tempo, però. Solo quel tanto che basta per dichiarare alla sua ex moglie Clea che la amerà per sempre e che gli dispiace di averla allontanata. Il tutto prima di arrendersi al suo destino, questa volta volontariamente. Come dice lui stesso, “La mia vita non può essere tolta alla Morte così facilmente. Prima o poi si riprenderebbe ciò che le appartiene.”.
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