What Remains of Edith Finch | Indagini su una maledizione familiare
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Un battello approccia una costa frastagliata e ricca di boschi. A bordo, due mani stringono un mazzo di fiori e un vecchio quaderno ingiallito, dal titolo “Edith Finch”. Viene aperto, e un piccolo disegno a penna di una casa accoglie il lettore. Appena sotto, qualche frase è stata velocemente cancellata. Una voce femminile legge il primo paragrafo, e un bagliore accecante rivela un sentiero, una foresta, e la strana silhouette di una casa in lontananza.
Molte cose non avranno un significato per te e me ne dispiace. Inizierò dal principio, con la casa.
I ricordi di Edith
What Remains of Edith Finch, sviluppato da Giant Sparrow (The Unfinished Swan) e pubblicato da Annapurna Interactive (Ashen, Gone Home, Journey), è un indie-game in prima persona uscito nell’aprile del 2017, di genere drammatico e di esplorazione. La trama si presenta come un grande flashback, catapultando chi gioca nel diario in cui Edith Finch ha raccontato il ritorno dopo anni nella sua, ora desolata, casa d’infanzia. La protagonista del gioco sarà la stessa Edith, che indagherà sul proprio passato e su quello della propria famiglia.
Nel suo testamento mia madre mi ha lasciato una chiave, omettendo di indicare che cosa apra. Forse aveva pensato che lo sapessi. Oppure credeva che la curiosità di svelare il mistero mi avrebbe fatta tornare.
L’intero gameplay è scandito dai pensieri di Edith, che accompagnano il giocatore descrivendo oggetti, raccontando brevi storie o commentando un ricordo. Gli stessi pensieri appaiono come scritte nel mondo di gioco, appoggiati a elementi fisici come muri, porte e oggetti, talvolta spostandosi lentamente facendosi seguire e conducendo chi gioca in un luogo ancora inesplorato. Il gioco è chiaramente ispirato ad altri titoli investigativi con questo tipo di meccanica: il più lampante è senza dubbio The Vanishing of Ethan Carter.
Casa Finch
La verità è che, persino dopo aver ereditato la casa, non ho mai pensato di farvi ritorno. Ma adesso avevo delle domande circa la mia famiglia a cui solo la casa poteva fornire delle spiegazioni.
Un primo importante elemento di trama è dato dal menu di gioco, rappresentato da un albero genealogico disegnato da Edith sul suo quaderno. Sotto tutti i nomi dei membri della sua famiglia ci sono le date di nascita e quelle di morte, facendo di Edith l’unica Finch ancora in vita. Questa triste e inquietante premessa precede l’esplorazione di Casa Finch, location in cui si svolgerà gran parte dell’avventura.
La casa è costruita su una scogliera nascosta tra i boschi, a picco sul mare, isolata dal resto della civiltà che si manifesta appena con qualche luce lontana. L’edificio stesso sembra sfidare la gravità, con strutture in legno che si sviluppano in altezza assumendo una forma fiabesca e surreale.
Leggendo tutto questo, potrebbe sembrare che avessi un piano. Ma non avevo idea di cosa ci fosse dietro quella porta. Proprio come non avevo idea di cosa sarebbe successo.
La sensazione, già da una prima occhiata all’ingresso di casa, è quella di un’abitazione vissuta e disordinata, e per questo vera, familiare. Pile di libri sparsi in giro, scatoloni e imballaggi qua e là, piatti sporchi sul tavolo, un libro di cucina lasciato aperto sul bancone; si ha la perenne aspettativa d’incontrare qualcuno da un momento all’altro, che ancora si aggira per i silenziosi corridoi di Casa Finch.
Storytelling ambientale
I controlli non includono un comando per la corsa, ma non se ne sente la mancanza perché tutto in questo gioco richiama alla calma: la scenografia infatti è dettagliata e curata minuziosamente, e grazie a questo storytelling ambientale il mondo di gioco abbinato ai pensieri di Edith raccontano contesto e risvolti fondamentali della storia dei Finch.
Per la prima volta dopo tanti anni mi sentii come se fossi a casa. Ma invece di una famiglia, c’erano soltanto i suoi ricordi.
La prima strana caratteristica della casa si nota appena entrati: ogni porta che conduce alle stanze da letto dei vari familiari è sigillata con abbondante schiuma isolante e con un asse di legno decorata.
Si apprende subito il motivo di quelle strambe strutture al di sopra della casa: alla morte di ogni membro della famiglia, infatti, i Finch hanno sigillato la porta della stanza personale del deceduto, lasciando all’interno tutto così com’è. Con il passare degli anni e delle generazioni lo spazio di casa Finch iniziò a scarseggiare, dovendo così svilupparsi in altezza costruendo altre stanze.
Da bambina, davo semplicemente per scontato che tutte le case avessero degli spioncini e delle camere sigillate in cui era proibito entrare.
Edie, la nonna di Edith, forò ogni porta sigillata e costruì degli spioncini esterni per permettere di godere della vista delle camere, lasciandole intatte; affisse inoltre una targhetta in metallo con il nome del vecchio proprietario accompagnato dalla data di nascita e di morte. Nonna Edie trasformò di fatto casa Finch in un museo di famiglia, mantenendo vivo il ricordo di ogni inquilino passato.
La maledizione dei Finch
Credo che siamo stati circondati dalla morte così tanto a lungo da farci l’abitudine. Quale famiglia finisce di costruire un cimitero prima di cominciare la casa?
La visita di Edith è atta a vederci chiaro riguardo quella che pare essere una maledizione familiare che perseguita la famiglia Finch da generazioni; siamo lontani però da una visione grottesca e black humor delle vicende, come invece si può trovare, per esempio, in Una Serie di Sfortunati Eventi. Le atmosfere di What Remains of Edith Finch sono infatti morbide, rilassate, tra la nostalgia e la malinconia di una ragazza che vuole riscoprire ciò che da piccola non poteva comprendere.
L’unica cosa da fare quindi è indagare su ogni familiare che ha abitato in quella casa, scoprendo come è vissuto e, soprattutto, come è morto.
Lewis mi diceva che c’erano dei passaggi segreti, ma non gli ho mai creduto. A quanto pare, mia madre era davvero brava a mantenere i segreti.
È in questo frangente che il titolo sfoggia tutta la sua cura nel level design: saranno infatti dei passaggi segreti che si diramano da una stanza all’altra della casa a permettere ad Edith di accedere alle stanze.
Stanza dopo stanza
Era giunta l’ora di scoprire di cosa aveva paura mia madre.
Esplorando e analizzando le stanze, Edith si imbatte in tantissimi elementi che raccontano la vita di chi quella stanza l’ha abitata. Tutta l’esplorazione converge però ad un unico elemento: quello che ne racconta la morte. Basterà trovarlo e interagirci per essere istantaneamente catapultati proprio in quel momento, interpretando il protagonista di quella storia e vivendo i suoi ultimi momenti in prima persona.
Il giocatore è di fatto costretto a controllare quel personaggio ed essere quindi artefice della sua morte: sono morti tragiche, alcune ai limiti dell’assurdo, ma comunque condizionate dalle azioni degli stessi familiari, artefici del proprio destino. Le loro azioni hanno avuto una conseguenza, per quanto sfortunata o impensabile.
Il gioco riesce a differenziare tantissimo il tipo di narrazione, optando alcune volte per un approccio drammatico e crudo; altre volte invece, quando la tragedia sarebbe troppo forte per essere digerita, viene rivestita di un’atmosfera onirica, surreale, simbolica, dando largo spazio all’interpretazione.
La vicenda rimane tragica, ma il giocatore riesce ad accoglierla ed elaborarla, ritrovandosi in un saliscendi di sensazioni contrastanti che tendono alla malinconia, ma che attraversano uno spettro di emozioni molto più profondo della semplice tristezza. L’interazione è scarna ed essenziale, ma perfetta, centellinata. Non esiste inventario, non esiste HUD (indicatori sullo schermo); ma paradossalmente, in un titolo dove l’interazione con il mondo di gioco è limitatissimo, è proprio intorno all’interazione che tutto ruota. Un videogiocatore disattento potrebbe descrivere il gioco come un semplice walking simulator, ma sarebbe riduttivo perché non si metterebbe l’accento sulle soluzioni adottate per raccontare queste storie.
Se c’è un filo in tutte queste storie, credo sia che nessuno di noi andò molto lontano.
Linguaggi specifici, sempre diversi e reinterpretati in chiave videoludica: un fumetto, un racconto su un diario, una serie di fotografie, un referto di una psichiatra, una poesia, una lettera di divorzio, un videogioco stesso. Per ogni stanza un familiare, per ogni familiare una storia, per ogni storia un linguaggio diverso. Tutte con la stessa conclusione.
Cosa rimane di Edith Finch?
Il giocatore accompagna Edith in un viaggio a ritroso nel tempo, nella memoria dei suoi familiari. È una storia nostalgica, che dal presente parla al passato.
Nonostante il gioco sia raccolto tra le quattro mura domestiche, il giocatore non si sente oppresso. Il titolo riesce a colpire nell’animo storia dopo storia, distaccandosi da un tema intimista ed elevandosi ad una visione ampissima sulla vita, sul tempo e sulla morte. What Remains of Edith Finch insegna che, per quanto incomprensibile possa sembrare, abbiamo tutti il destino segnato fin dalla nascita. L’importante è apprezzare il nostro tempo nel migliore dei modi.
In fondo siamo tutti inquilini di quella strana casa tra i boschi, a picco sul mare. Siamo tutti dei Finch. Ma se la morte non può essere evitata, la vita può essere vissuta.
Se vivessimo per sempre, forse avremmo tempo di comprendere le cose. Ma per come stanno le cose, credo che il massimo che possiamo fare è cercare di aprire gli occhi, e apprezzare la stranezza e la brevità di tutto questo.
Edith Finch
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