Willy, il principe di Bel-Air | Critica sociale in una comica maxi-storia
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Willy, un eccentrico ragazzo di strada cresciuto tra le gang di Philadelphia, viene mandato a vivere con i ricchi cugini. Il loro stile di vita lussuoso sembrerebbe averli fatti “sbiancare”, cancellando le loro radici afroamericane. Questa è in poche parole Willy, il principe di Bel-Air, una sitcom americana degli anni Novanta, una pietra miliare del genere che ha lanciato la carriera di Will Smith e influenzato le generazioni per decenni. Willy, il protagonista, è anche il narratore della storia, fin dalla sigla iniziale.
Come tutto è cambiato, capovolto, sottosopra
Los Angeles, 1989. Il produttore musicale Benny Medina decide di trasformare la sua vita in un copione. Ma chi è Benny Medina? Quand’è ancora un ragazzino, vive al St. Elmo Village, un centro comunitario di Los Angeles. Qui conobbe Jack Elliot, un compositore cinematografico bianco che vive a Beverly Hills con la moglie e i tre figli. Decide di dare una possibilità a Medina, ospitandolo a casa sua. L’accordo prevede che Benny vada bene a scuola e rispetti le regole della casa. Ma il giovane diventa presto parte della famiglia. Alla Beverly Hills High School conosce Kerry Gordy, il futuro fondatore della dinastia Motown. Più tardi, inizia a lavorare per lui come junior executive.
Nel 1989, Medina ha l’intuizione per lanciare un prodotto di successo in tv. Propone quindi il suo progetto al leggendario produttore discografico Quincy Jones. Subito, si accende una lampadina. E così, viene ingaggiato un giovane di Philadelphia, conosciuto come il Principe: Will Smith. Il rapper ventunenne all’epoca ha appena ottenuto un lavoro alla Nbc, e porta con sé due sceneggiatori veterani, Andy e Susan Borowitz, che scrivono la trama.
Con l’arrivo di Smith, l’idea iniziale subisce qualche cambiamento per essere adattata a lui. Smith e Jones scrivono insieme la sigla, Yo Home to Bel Air. L’attore dà forma al suo personaggio. Un cappellino rigorosamente storto, vestiti sgargianti e scarpe da basket per assomigliare ai giocatori dell’Nba: questo è Willy, superfico di Bel-Air.
Premessa semplice, successo assicurato
Con quasi 20 milioni di spettatori alla settimana, Willy, il principe di Bel-Air è considerata una delle migliori sitcom di sempre. È un intrattenimento alternativo, che offre una nuova prospettiva sulla black culture. Inoltre, il punto di vista di Willy rende credibile la critica sociale di fondo. Le dinamiche da pesce fuor d’acqua si mescolano con una premessa semplice, ma ricorrente: il mondo dei ricchi incontra quello dei meno fortunati. E lo scontro dei due universi crea un effetto brillante e irresistibile.
Nel cast ci sono James Avery, che interpretava zio Philip e Janet Hubert-Whitten (poi sostituita da Daphne Maxwell Reid), che interpreta sua moglie Vivian. I loro tre figli, cugini di Willy, sono Carlton (Alfonso Ribeiro), ideatore della memorabile #Carltondance, Hilary (Karyn Parsons), e la ribelle Ashley (Tatyana Ali). E come dimenticare il buon maggiordomo Geoffrey (Joseph Marcell)?
Critiche sociale e risate
L’obiettivo della serie è fin da subito quello di distinguersi, trattando con serietà e ironia tematiche come l’etnia e la classe. Temi, questi, che al tempo l’industria televisiva non è ancora pronta ad affrontare. Anche se Seinfeld, dieci anni prima, ha già rivoluzionato il genere, Willy, il principe di Bel-Air capovolge sottosopra il termine ‘sitcom’.
Quello che Jerry Seinfeld e Larry David sono riusciti a fare – ovvero creare una serie sul niente – è stato rivoluzionario in un momento in cui la Tv deve istruire e far ridere di gusto. Willy, il principe di Bel-Air, invece, con le sue battutine cattive e i personaggi a tutto tondo, pieni di difetti, porta un contenuto televisivo completamente nuovo. In più, gli autori alternano momenti di puro spasso ad altri di riflessione profonda.
La trama dell’episodio 1×06, Rei Confessi, è un ottimo esempio. Nell’episodio avviene uno scambio d’identità che coinvolge Willy e il cugino Carlton. Questo strumento narrativo funge da specchio per l’esperienza della discriminazione. I due vengono ingiustamente arrestati solo perché i loro profili corrispondono a quelli di una coppia di ladri afroamericani. La traiettoria comica dell’intero episodio tende all’assurdo. Ma l’ultima sequenza, quando Phil e Viv tirano fuori di prigione i due ragazzi, è un dramma puro e attuale.
Anche l’episodio 3×19, intitolato Qualche pillola di troppo, affronta la piaga delle droghe sintetiche. E ancora, l’episodio 4×24, Indovina chi torna a casa?, parla dell’essere genitori: è uno dei più commoventi della serie. L’assenza del padre di Willy, che l’ha abbandonato quand’era solo un bambino, è un tema ricorrente. Nella scena cruciale in cui Willy chiede allo zio perché il padre se n’è andato, l’abbraccio di Phil rivela un commovente cambiamento: è lui ora la figura paterna del ragazzo.
Il principe di Bel-Air versione drama
Di recente gli appassionati della serie hanno avuto una piacevole notizia: Will e sua moglie Jada Pinkett Smith stanno lavorando per la Universal a un reboot di Willy, il principe di Bel-Air. È stato Morgan Cooper, il creatore del trailer fan-made andato virale nel 2019, a dare l’idea. Insieme con Chris Collins (che ha scritto The Man in the High Castle e The Wire) ha lavorato al copione e diretto la serie. Il reboot, intitolato Bel-Air, è una rivisitazione in chiave drammatica dell’originale. La trama ruota ancora attorno al giovane Will. La serie racconta ciò che l’ha portato a lasciare le strade di Philadelphia per costruirsi una vita migliore a Bel-Air.
La serie ha compiuto 30 anni nel 2020. Il cast ha festeggiato con una reunion sul set, durante la quale hanno ricordato i tempi passati e riguardato i loro vecchi provini. Una reunion molto simile a quella organizzata da Warner Bros e HBO Max nel 2021 per commemorare un’altra serie immortale, Friends.
Rapporti familiari ricuciti
I fan sono stati particolarmente toccati dal segmento dedicato a James Avery, zio Phil, morto nel 2013. Ma il momento più importante è probabilmente quello con Will Smith e Janet Hubert, la prima zia Viv. I due si sono rivolti la parola dopo più di ventisette anni di faida pubblica, durante cui si erano insultati pesantemente e avevano sparlato l’uno dell’altra. Lei aveva spiegato come si era sentita dopo essere stata licenziata dalla serie, e Smith come l’ambiente che si era creato sul set fosse diventato piuttosto intimidatorio. I due si sono riconciliati, ricucendo la loro famiglia (finta, ma, in fondo, un po’ vera).
I fan in tutto il mondo sono la prova che questa sitcom è riuscita ad avvicinare le famiglie, proprio quando l’America iniziava a cambiare in televisione. E ci è riuscita attraverso gli occhi di un adolescente dei bassifondi, amante del rap, del basket e di Malcom X, in un background americano come quello dei film di Spike Lee e in un contesto dove la ricerca di denaro e successo non comporta la perdita della propria identità.
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