L'Impressionismo ha 150 anni | Una rivoluzione che dura ancora oggi
L'Impressionismo ha 150 anni | Una rivoluzione che dura ancora oggi
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Era il 15 aprile 1874 quando nello studio del fotografo Felix Nadar, in Boulevard des Capucines a Parigi, veniva presentata una mostra collettiva che avrebbe segnato l’inizio di una rivoluzione artistica: l’impressionismo. Un movimento che oltre a rivoluzionare la pittura tra il XIX e il XX secolo, ha ispirato un’espansione creativa in molte altre arti.
La musica, con Claude Debussy, ha adottato armonie eteree che ricreano la luminosità e la fluidità delle tele impressioniste. Nella letteratura, autori come Emile Zola o Virginia Woolf hanno dipinto con le parole, catturando emozioni e atmosfere con la stessa libertà che potevano avere le pennellate. Nel cinema, registi come Jean Renoir hanno creato opere visive che evocano la stessa sensazione di catturare istanti fugaci.
Benché sia nata nel XIX secolo, questa corrente artistica si riflette anche nella cultura popolare contemporanea attraverso manifestazioni artistiche, tra cui cinema, moda, fumetti, videogiochi e serie TV.
Impressionismo: origini e principali autori
L’impressionismo, movimento artistico rivoluzionario che nasce in Francia durante la seconda metà del XIX secolo, si distingue per la sua rappresentazione degli effetti della luce naturale attraverso pennellate rapide e non uniformi, creando così un’impressione piuttosto che una fedele riproduzione della realtà. Questo stile contrastava con le convenzioni accademiche dell’epoca, che enfatizzavano la rappresentazione accurata e idealizzata della realtà. Gli impressionisti, invece, cercavano di catturare l’effimero, i cambiamenti atmosferici e le sfumature della luce naturale. Questo significava dipingere en plein air, ovvero all’aperto, per catturare la luce naturale in modo diretto e immediato. Tra i principali artisti impressionisti vi sono Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pissarro e Alfred Sisley, che hanno contribuito a sviluppare e diffondere questa nuova estetica artistica che avrebbe influenzato profondamente il mondo dell’arte moderna.
La nascita del termine impressionismo
Il termine impressionismo fu coniato in seguito alla critica rivolta a Monet per il suo dipinto Impression, soleil levant (Impressione, levar del sole) nel 1874, in cui un critico definì il dipinto “una semplice impressione”. Questo termine fu adottato dagli artisti stessi per descrivere il loro approccio pittorico.
Il movimento impressionista si sviluppò in opposizione alle rigide regole del Salon de peinture et de sculpture, una mostra d’arte ufficiale in Francia organizzata dall’Accademia reale di pittura e scultura. Il Salon, che era l’evento più importante nel mondo dell’arte francese fino alla metà del XIX secolo, favoriva lo stile accademico tradizionale e respingeva le innovazioni artistiche. Questa rigidità spinse gli artisti a cercare alternative, come il Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati), che espose opere respinte dal Salon ufficiale. Questi movimenti alternativi sfidavano le convenzioni artistiche esistenti e contribuirono alla crescente insoddisfazione verso il Salon.
Nonostante la sua importanza storica, il Salon gradualmente perse la sua predominanza con l’avvento delle mostre indipendenti e dei movimenti modernisti del XX secolo. Questi cambiamenti riflettevano una nuova era nell’arte, in cui l’innovazione e la sperimentazione trovavano spazio al di fuori dei confini imposti dalle istituzioni tradizionali.
Esplorando le stanze dell’Exhibition, scopri come l’Impressionismo ha rivoluzionato le arti.
Arte: Impressione, levar del sole, di Claude Monet
Claude Monet è stato uno dei più importanti pittori impressionisti francesi del XIX secolo. Nato il 14 novembre 1840 a Parigi e deceduto il 5 dicembre 1926 a Giverny, in Francia, l’artista è noto soprattutto per le sue opere che rappresentano paesaggi e scene di vita quotidiana, spesso dipinte all’aperto e caratterizzate da un’attenzione particolare alla luce e al colore.
Monet è considerato uno dei fondatori del movimento impressionista, che ha rivoluzionato la pittura europea nel corso del XIX secolo.
Il suo interesse per la rappresentazione delle sfumature atmosferiche e delle variazioni di luce e colore lo hanno portato a dipingere molte delle sue opere en plein air per catturare l’effetto della luce naturale sulla scena.
Inseguo un sogno, voglio l'impossibile. Gli altri pittori dipingono un ponte, una casa, un battello. Dipingono il ponte, la casa, il battello e hanno finito. Io voglio dipingere l'aria nella quale si trovano il ponte, la casa, il battello. La bellezza dell'aria in cui sono, e questo non è altro che l'impossibile.
Claude Monet
Ninfee
Tra le sue opere più celebri ci sono le Ninfee, una serie di dipinti che ritraggono il giardino d’acqua della sua casa a Giverny, e Impressione, levar del sole, dipinto nel 1872 che ha dato il nome al movimento impressionista. Monet ha continuato a dipingere fino alla fine della sua vita, sperimentando nuove tecniche e influenzando generazioni successive di artisti.
Impressione, levar del sole
Impressione, levar del sole (Impression, soleil levant) viene esposto per la prima volta nel 1874 durante una mostra nello studio di Felix Nadar. Quest’opera è considerata uno dei capolavori dell’impressionismo e ha dato il nome al movimento stesso.
Il dipinto raffigura il porto di Le Havre all’alba, con alcune navi ormeggiate e una nebbia leggera che avvolge l’ambiente. La caratteristica distintiva dell’opera è l’uso della luce e del colore per creare una sensazione di effimero e di transizione. Monet dipinge con pennellate rapide e sfumature di colore, creando un’atmosfera nebulosa e suggestiva.
La composizione non è definita in modo preciso, ma piuttosto suggerisce una visione fugace e impressionistica del soggetto. Il sole appena sorto si riflette sull’acqua, creando giochi di luce e ombra che contribuiscono a dare vita alla scena.
Impressione, levar del sole attirò l’attenzione e ha suscitando discussioni tra i critici. Louis Leroy, un critico del giornale Charivari, scrisse un articolo dal tono molto sarcastico sulla mostra collettiva organizzata nello studio di Nadar. Utlizzando il termine impressione in modo dispregiativo, Leroy ha dato involontariamente il nome al movimento impressionista.
Quest’opera simboleggia l’approccio innovativo degli impressionisti alla pittura, che privilegiava l’emozione e la sensazione visiva sulla precisione e la chiarezza dei dettagli.
Letteratura: Gita al faro di Virginia Woolf
Quando si pensa all’impressionismo e al contributo che questa corrente pittorica ha fornito agli altri ambiti artistici non si può non pensare alla scrittura di Virginia Woolf, soprattutto alle sue prime pubblicazioni. Durante la sua carriera, la scrittrice ha elogiato l’Impressionismo e il Post-impressionismo più volte tramite pagine di diario e saggi come la biografia del pittore Roger Fry.
In particolare, Woolf aspirava a cogliere l’impressione e l’istantaneità di un preciso momento tramite la scrittura, similmente a come gli impressionisti facevano tramite la pittura. L’autrice era interessata alle innumerevoli impressioni che la mente umana riceve ogni secondo e al processo di percezione della realtà piuttosto che alla rappresentazione della realtà in sé. Nei suoi romanzi per la prima volta vediamo il vagare della coscienza mosso dal variare delle impressioni. Si può scorgere un esempio di letteratura impressionista in Gita al faro: una sinestesia di colori, forme, suoni e ritmo contribuisce a rendere le emozioni e le sensazioni di ciascun personaggio. Inoltre, tramite la tecnica del monologo interiore – di cui Woolf può essere considerata l’iniziatrice – la scrittrice riesce a cogliere appieno l’impressione fugace di un istante.
Proprio Gita al faro è composto da una serie di susseguirsi di istanti frammentari e nel romanzo, similmente a un quadro impressionista, la luce è di fondamentale importanza: viene messa “in luce” la vita interiore dei personaggi, lasciando che le descrizioni esterne si svolgano attraverso i loro occhi, in una sorta di effetto chiaroscuro. Un’altra caratteristica che la scrittura della Woolf trasla dall’Impressionismo è la concezione del trascorrere del tempo: sempre in Gita al faro la narrazione è divisa in tre parti e la parte centrale tratta proprio il fenomeno del tempo che passa. Il narratore ritrae la casa delle vacanze della famiglia protagonista mentre cambia di anno in anno con il passare del tempo, similmente al lavoro che Claude Monet compie nel suo ciclo delle Cattedrali di Rouen. Per due anni – dal 1892 al 1894 – e in molteplici tele differenti, il pittore francese raffigura il portale della Cattedrale cittadina al variare delle condizioni atmosferiche e secondo diversi punti di vista, per catturare gli effetti della luce e del tempo sull’edificio.
Infine, similmente a un quadro impressionista, in Gita al faro vediamo gli oggetti della narrazione immersi in varie sfumature di colore e di luce a seconda dell’ora del giorno della particolare scena. I colori cambiano durante il corso della giornata: al mattino e nel primo pomeriggio sono brillanti, nel tardo pomeriggio e la sera si attenuano, fino a svanire del tutto.
Come scrive Toni Marino in Dall’ekphrasis alla narrazione: la scrittura visiva di Virginia Woolf: “Virginia Woolf già prima delle mostre post-impressioniste è alla ricerca di una forma che riesca a contenere l’elemento dinamico della realtà”. Questa tensione tra pittura impressionista/post-impressionista e letteratura è una costante nella scrittura woolfiana, in cui l’ispirazione a quel modello è evidente nella lettura delle sue opere, che si tratti di diari, saggi o dei canonici romanzi, ne è un esempio magistrale il seguente estratto da Gita al faro:
La bellezza e il silenzio si stringevano la mano nella camera da letto, e tra le brocche tenute coperte e le sedie con le fodere anche il curiosare del vento, il muso morbido degli umidi venti marini, che frusciavano, stormivano, e ripetevano le loro domande - "Appassirete? Perirerte?" - non turbavano la pace, l'indifferenza, l'aria di assoluta integrità, come se la domanda rivolta non richiedesse la risposta: noi non mutiamo.
Virginia Woolf, Gita al faro
Serie TV: Twin Peaks di David Lynch
David Lynch nei suoi lavori ha sempre inserito elementi riconducibili a diverse correnti artistiche ed è lui stesso un pittore.
Il suo lavoro più impressionista è il suo primo film, Erasehead, che si rifà ad alcune opere di Jean Cocteau, cineasta impressionista del primo novecento.
La celebre serie TV Twin Peaks, pur non essendo impressionista di per sé, è densa di riferimenti all’arte in generale. Da Hopper a Klimt a Magritte, Lynch adora giocare con le citazioni visive.
Ma anche Claude Monet, caposaldo della corrente impressionista.
Un giorno mi sono ritrovato a guardare il volto senza vita della mia amata moglie e a notarne sistematicamente i colori. Un riflesso incondizionato.
Claude Monet a Georges Clemenceau
Come non ricordare l’iconico volto di Laura Palmer, dopo essere stata ritrovata senza vita sulla spiaggia, avvolta nel telo trasparente della polizia. Il colorito pallido che però risalta la beltà del volto, il susseguirsi le sfumature tra il bianco, il rosa e il viola.
Come Monet si era ritrovato a studiare il volto della donna amata e a imprimerlo su tela, così anche David Lynch traspone sullo schermo il viso di Laura Palmer, colei che, all’inizio di Twin Peaks, veniva vista come la ragazza perfetta della cittadina.
Camille Monet sur son lit de mort
Camille Monet sur son lit de mort
L’impressionismo non solo di Monet, ma del movimento nella sua interezza, continua il suo gioco nella serie TV grazie all’utilizzo che Lynch fa della luce. Vanto e gioia degli Impressionisti era proprio quello di studiare come la luce cambiasse la percezione e gli elementi cromatici di un volto, di un paesaggio, di un elemento. E così fa Lynch, trasformando volti apparentemente neutrali nello specchio della loro anima grazie all’utilizzo di luci e chiaroscuri, nonché della sua palette di colori tipica.
Lynch però non usa la luce naturale come avrebbero potuto fare i pittori di fine ‘800. Elemento fondamentale dell’estetica di Twin Peaks è infatti l’utilizzo della luce elettrica, delle sue intermittenze e malfunzionamenti, soprattutto quando c’è qualcosa, nell’aria, che non va.
Twin Peaks è dunque un’opera rivoluzionaria non solo perché detta le regole che tutte le altre serie TV avrebbero seguito da quel momento in poi, ma lo fa appoggiandosi alla Storia dell’Arte, diventando il vero e proprio ponte tra due mondi apparentemente lontani, quello dell’Arte e quello della televisione mainstream.
Cinema: In the Mood for Love, di Wong Kar-wai
In the Mood for Love, opera del 2000 del regista hongkonghese Wong Kar-wai, considerata uno dei migliori film del XXI secolo, vanta un’estetica fortemente riconoscibile e identitaria che a tratti potremmo senza dubbio definire “pittorica”, capace di richiamare il linguaggio impressionista nel suo utilizzo del colore, della luce e della composizione dell’inquadratura.
Tutto questo viene messo in scena per ricreare e comunicare a chi guarda un’atmosfera emotiva suggestiva ed evocativa, costituita da sentimenti vastissimi: amore, solitudine, attesa e memoria.
Il pubblico, di fronte a film come questo, è sollecitato in modo particolare, perché è invitato dal regista a mettere insieme i tasselli per comporre la storia e con essa il suo significato più intimo e profondo.
La fotografia è intrisa di luci tenui, soffuse e ricche di sfumature, con tonalità intense e calde che conferiscono un senso di intimità e di nostalgia. I colori sono altrettanto caldi, a volte roventi. Il taglio del montaggio è musicale, ritmato, e scandisce lo stato interiore dei due protagonisti (interpretati da Tony Leung e Maggie Cheung).
Si avverte un certo senso di persistenza, di continuità e di fluidità, simboleggiato anche dal fumo di sigaretta che sembra veicolare il pensiero nascosto e fugace dei personaggi; la loro intimità che affiora e viene alla luce.
In definitiva, In the Mood for Love è un film che privilegia l’aspetto suggestivo ed evocativo del linguaggio cinematografico piuttosto che la rappresentazione realistica.
Cinema: In the Mood for Love di Wong Kar-wai
Moda: Primavera/Estate 2014 di Paul Smith
L’influenza dell’arte impressionista sulla moda contemporanea è una testimonianza della durata e della rilevanza di movimenti artistici che hanno segnato profondamente la storia dell’arte.
L’impressionismo, nato nel XIX secolo come una reazione alla rigidità delle convenzioni artistiche dell’epoca, ha rivoluzionato il modo in cui l’arte viene concepita e rappresentata. I suoi principi fondamentali hanno aperto la strada a nuove modalità di espressione artistica.
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Nel contesto della moda, questi stessi principi trovano espressione attraverso l’interpretazione dei designer contemporanei, come Paul Smith.
Con la sua maestria nel coniugare arte e moda, Smith ha saputo tradurre l’estetica impressionista in creazioni che vanno oltre il semplice indumento per diventare vere e proprie opere d’arte indossabili. Le sue collezioni, come la Primavera/Estate 2014, incarnano l’anima dell’impressionismo attraverso l’uso di colori pastello, motivi floreali e linee fluide che evocano l’effetto dei pennelli sugli scatti veloci del maestro impressionista.
Ciò che rende così potente questa fusione tra arte e moda è la capacità di trasmettere emozioni e stimolare la sensibilità estetica in modi unici.
Indossare un capo ispirato all’impressionismo non è solo una dichiarazione di stile, ma è anche un’esperienza sensoriale che porta con sé l’eredità di un movimento artistico che ha cambiato il corso della storia dell’arte. Inoltre, questo legame tra arte e moda apre una porta alla riflessione su questioni più ampie, come il ruolo dell’arte nella società contemporanea e il modo in cui le influenze culturali del passato continuano a plasmare il nostro presente. Attraverso la moda, l’arte impressionista si trasforma da semplici dipinti su tela a una forma di espressione che può essere vissuta e condivisa nel quotidiano, ampliando così il suo impatto e la sua risonanza nel mondo moderno.
Videogiochi: Hearts of Stone e The Master's Pupil
L’immersività visiva per un videogioco è una delle componenti fondamentali che contribuiscono a creare un’esperienza memorabile per i giocatori. In Hearts of Stone, l’espansione di The Witcher 3: Wild Hunt, questa immersività raggiunge l’apice attraverso l’uso magistrale dell’arte impressionista.
Questo approccio non è solo estetico, ma si integra perfettamente con la trama del gioco, aggiungendo un ulteriore livello di profondità e significato. Attraverso un dipinto del mondo digitale, Geralt di Rivia, il protagonista della serie si ritrova nel The Painted World, un luogo ultraterreno creato dalla mente di Iris, una donna tormentata. Qui deve affrontare una serie di ricordi e risolvere enigmi legati alla sua storia e alla sua famiglia. Per risvegliare veramente Iris, Geralt deve completare i ricordi che lei ha negato e distruggere le paure e gli incubi che la tengono legata al mondo nel dipinto.
L’aspetto impressionista di questo capitolo risiede nella rappresentazione dei ricordi di Iris attraverso scene congelate e sfocate, che ricordano i dipinti impressionisti. Questo stile visivo contribuisce a creare un’atmosfera onirica e surreale, che riflette la natura distorta e frammentata dei ricordi di Iris.
The master’s Pupil
Questa non è l’unica esperienza videoludica che abbraccia l’arte impressionista come mezzo narrativo. The Master’s Pupil è un altro straordinario esempio di come l’arte visiva possa essere integrata, non solo nella grafica, ma anche narrazione di un videogioco.
Dipinto a mano e dopo digitalizzato, il gioco offre un’immersione straordinaria nel mondo ispirato alla visione artistica del grande maestro impressionista Claude Monet, con particolare attenzione al suo rapporto con la cataratta e la guarigione. Il gioco ci immerge in un’esperienza senza testi, navigando attraverso paesaggi che inizialmente sono giungle di liane verdi, risolvendo puzzle basati sui colori e interagendo con le opere di Monet, offrendo una narrazione impressionista attraverso solo ambienti e meccaniche di gioco.
Che si tratti di affrontare creature soprannaturali in una terra di fantasia o di scoprire il segreto dietro un capolavoro impressionista, i videogiochi continuano a dimostrare il loro potenziale nel fondere arte e gioco in un’esperienza unica.
Fumetto: da Will Eisner a Manuele Fior
Non è facile individuare fumettisti puramente impressionisti. Il fumetto accoglie e rielabora da sempre molteplici suggestioni tanto dalla letteratura quanto dalle arti figurative, senza limitarsi a singole correnti, anche perché arriva abbastanza tardi nella storia dell’arte. Il fumetto come lo conosciamo oggi nasce tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900: nel corso della sua relativamente breve storia ha sempre guardato sia al passato, traendo ispirazione da filoni artistici precedenti, sia al presente, accogliendo stimoli per esempio dall’espressionismo e influenzandosi reciprocamente con il cinema. Ma ci sono sicuramente autori di fumetti che possono essere collegati ai principi dell’impressionismo.
Guardando le tavole delle graphic novel di Will Eisner (1917-2005), in bianco e nero, dal tratto deciso e chiaro e con personaggi eccentrici, teatrali, cartooneschi, difficilmente si penserebbe a un quadro di Monet o Renoir. Eppure, sfogliando le pagine e concentrandosi soprattutto sugli sfondi, si nota come spesso siano appena abbozzati o comunque composti dal minimo indispensabile di elementi per ricostruire la scena nella mente del lettore: per generare, appunto, un’impressione.
Più che nella resa visiva, è nella sua idea di messa in scena che Eisner si accosta all’impressionismo: uno sfondo o un volto saturo di dettagli, a meno che non siano narrativamente necessari, distolgono dall’impatto immediato e vivido che la storia, per Eisner, deve generare nel lettore. L’autore spazia quindi dal dettaglio estremo a immagini più essenziali, perché il disegno non è semplice ricostruzione realistica di una scena, ma parte integrante della narrazione: viene alterato, arricchito o impoverito di dettagli, in funzione dell’emozione che la narrazione impone.
Un legame più diretto tra fumetto ed impressionismo lo vediamo invece nelle opere di Manuele Fior (1975). Nel suo Le variazioni d’Orsay (2015) l’autore omaggia, sia nei disegni sia nella narrazione, le voci principali dell’impressionismo, una fra tutte quella di Edgar Degas, protagonista della storia. Protagonista per modo di dire, perché, come ha detto lo stesso Fior, si tratta di un esercizio di stile sulla scia di Raymond Queneau, tecniche visive e narrative miste per una storia che viaggia tra passato e presente avventurandosi nell’immenso patrimonio artistico contenuto nel Musée d’Orsay e sbirciando qua e là nelle vite degli artisti che riempiono le sue sale.
Anche la sua ultima opera, Hypericon (2022), richiama l’impressionismo nello stile del disegno. La storia viaggia tra la Berlino degli anni ’90 dell’insonne protagonista Teresa, studiosa di archeologia, e l’Egitto degli anni ’20 dell’ammirato Howard Carter, scopritore della tomba di Tutankhamon: lo stile di disegno immerge tutto nei contorni vaghi della memoria di tempi passati, vicini o lontani. Proprio nei campi lunghi sul deserto egiziano o sugli orizzonti urbani berlinesi lo stile impressionista è più vistoso: l’autore, nel suo volgere lo sguardo al passato, sottolinea il tono quasi sognante del racconto. Ma questa memoria sognante veicolata dal disegno è anche un modo di osservare il mondo, metterlo in ordine e dargli un senso, andando al di là del semplice accostamento tra parole e immagini. D’altro canto l’etimologia dell’iperico, l’erba medicinale che dà il nome all’opera è “hyper-eikon”, come ipotizza la protagonista, ovvero sopra o oltre l’immagine. Come pennellate che osservano la realtà per vedere, sulla tela, oltre la realtà stessa.