The Danish Girl di Tom Hoopper | Il coraggio di trovare se stessi
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The Danish Girl, diretto da Tom Hoopper, è il dibattuto adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di fantasia di David Ebershoff, pubblicato nel 2000. Il film si basa a grandi linee sulla storia della pittrice transgender danese Lili Elbe e di Gerda Wegener. Lili Elbe è stata una delle prime persone documentate a sottoporsi a un intervento di riassegnazione chirurgica del sesso. Oggi è ricordata come una pioniera dei diritti delle persone transgender.
The Danish Girl ha debuttato alla 72ª edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, vincendo il Queer Lion. All’88ª edizione dei premi Oscar, invece, ha ricevuto quattro nomination e Alicia Vikander ha vinto il premio come miglior attrice non protagonista. Tuttavia, lungi dall’essere un trionfo totale, il film ha ricevuto anche molte critiche. Innanzitutto, per le numerose inesettazze storiche che hanno oscurato la vera storia. E anche la scelta di un attore cisgender, Eddie Redmayne, nel ruolo di donna transgender non è stata ben vista.
Un viaggio tortuoso ma pieno d’amore
Copenaghen, Danimarca, metà degli anni Venti. Einar Wegener (Eddie Redmayne) è un rinomato giovane pittore di paesaggi. Nonostante la fama, è un uomo timido e riservato. Vive lontano dagli eccessi del tempo, insieme alla moglie Gerda (Alicia Vikander), anche lei pittrice, specializzata nella ritrattistica. Un giorno, Gerda chiede a Einar di sostituire una modella e posare per lei. Ed Einar, dopo una breve esitazione iniziale, acconsente a indossare un abito e una calzamaglia. Quello che era iniziato come un gioco innocente si evolve in qualcosa di più, e porta Einar a rivelare finalmente la sua identità di genere come donna, sotto il nome di Lili Elbe. Nonostante le difficoltà iniziali, Gerda alla fine comprende che ciò che conta è che la persona che ama sia felice. E appoggia perciò Lili nel suo tortuoso percorso, in cui abbandonerà l’identità maschile per abbracciare finalmente la vera sé.
The Danish Girl racconta una storia d’amore che va oltre i classici standard hollywoodiani. Il film rappresenta, infatti, un tipo d’amore incondizionato (quello tra Lili e Gerda). Un amore che si evolve e muta insieme ai personaggi, ma non si affievolisce. Ed è stato proprio questo sentimento profondo, che va oltre il corpo e il genere, a spingere Hopper a realizzare il film.
Me ne sono innamorato sette anni fa. Questo fantastico copione su quest’incredibile storia d’amore mi ha attirato e commosso.
Il regista Tom Hooper in un’intervista con Reader’s Digest
Un dipinto danese
Nell’immaginario collettivo, gli anni Venti sono associati alle feste e alla follia de Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald. Invece, Hopper decide di mettere in luce un lato più privato dei Ruggenti anni Venti, lontano dai patinati stereotipi. Ogni elemento del film contribuisce, quindi, a creare un piccolo mondo, intimo e tranquillo. In The Danish Girl, le feste sono eventi colti, ideali per stabilire relazioni sociali. Anche i colori e gli abiti sono più sobri di quanto non ci si aspetterebbe. Ma, nonostante questo, ogni dettaglio è pensato per essere il linea col periodo storico.
Il direttore Danny Cohen ha scelto una fotografia ispirata alla pittura e, nello specifico, al pittore danese Vilhelm Hammershøi. Le sue opere rappresentano un mondo freddo ma intenso, in cui i personaggi occupano il centro della scena. Per raggiungere lo stesso effetto, Cohen ha usato un’illuminazione soffusa, che accompagna l’occhio dello spettatore nelle scene più intime. Ma non mancano un pizzico di luce dorata e colori accesi che ricordano i manifesti della Belle Époque di Gustav Klimt e Alphonse Mucha.
Musica e costumi
Il compositore francese Alexandre Desplat ha contribuito notevolmente alla creazione dell’atmosfera ovattata del film. Ispirandosi al punto di vista di Gerda, ha cercato di andare oltre la musica degli anni Venti, per raccontare due storie: una storia d’amore e la storia di una persona che lotta per emergere. Il risultato è un duetto che dà voce ai due personaggi, entrambi in evoluzione, e ne enfatizza i sentimenti.
Nel dipartimento costumi, il costumista spagnolo Paco Delgado ha voluto essere il più fedele possibile al “coraggio di Lili”. Una volta trovata la sua vera identità, Lili è come sbocciata. Delgado ha voluto rappresentare questo cambiamento scegliendo colori scuri e neutri per le scene a Copenaghen, e colori caldi e tessuti come seta e chiffon per le scene a Parigi. L’obiettivo era far in modo che il personaggio prendesse forma a partire proprio dagli abiti, che fossero questi a definirne la personalità.
Lili non è un personaggio immaginario, è una donna che è davvero esistita. Il nostro punto di partenza è stato pensare sempre a Lili come intrappolata in un corpo che non le apparteneva. E così, abbiamo creato quest’idea di prigionia. Lili era imprigionata nel corpo di un uomo ed è questo il motivo per cui abbiamo realizzato dei costumi rigidi e opprimenti per Einar all’inizio del film.
Il costumista Paco Delgado in un’intervista con Harper’s Bazaar
Inesattezze storiche
Nel film, Lili viene presentata come la prima donna a essersi sottoposta all’operazione di riassegnazione chirurgica del sesso. In realtà, è stata la seconda. Prima di lei, vi si era già sottoposta Dora Richter. E questa è solo una delle numerose inesattezze storiche che hanno suscitato critiche a The Danish Girl.
Come riportato in un articolo del Guardian, il film ha omesso e/o cambiato numerosi fatti storici e dettagli sulla vera storia di Lili e Gerda. Ad esempio, nel film la storia inizia a Copenaghen nel 1926. Ma in realtà Einar e Gerda si erano trasferite a Parigi nel 1912. Inoltre, Lili si era sottoposta a ben cinque operazioni, non solo due come mostrato nel film. Lili era poi diventata la modella preferita di Gerda, i cui ritratti, specialmente dopo essersi ambientate in Francia, si erano fatti sempre più riqué. Invece, nel film, viene fatta solo una veloce allusione al fatto che Lili ha posato per le opere di Gerda. Non viene neanche menzionato l’annullamento del matrimonio ottenuto grazie a un decreto speciale concesso dal Re della Danimarca nel 1930.
Rappresentazione e visibilità transgender
Tra le più grandi polemiche sorte attorno a The Danish Girl c’è sicuramente la scelta di un uomo cisgender per interpretare una donna transgender. Una scelta che oggi appare ancora più spinosa, dopo le battaglie per equità, inclusività e rappresentazione che hanno coinvolto Hollywood. Molte narrazioni recenti, come Pose, Euphoria, Sense8, e Heartstopper si sono distinte per un cast più inclusivo, con attori e attrici transgender.
Lo stesso Eddie Redmayne, candidato al premio Oscar come miglior attore per il ruolo di Lili Elbe, ha commentato che accettare la parte è stato un errore:
No, oggi come oggi non l’accetterei. Al tempo, avevo partecipato al film con le migliori intenzioni, ma ora penso che sia stato un errore. […] Le discussioni sulle frustrazioni per il casting sono nate perché in molti non hanno avuto voce in capitolo. Dobbiamo essere tutti allo stesso livello, altrimenti continueranno a sorgere questioni come questa.
Eddie Redmayne, sulla parte di Lili Elbe in The Danish Girl, in un’intervista con il Times
The Danish Girl ha così acceso un dibattito, ancora in corso, sull’industria cinematografica e d’intrattenimento e sui personaggi LGBTQ+. Anche Alicia Vikander, che interpreta Gerda nel film, ha sottolineato la necessità di un cambiamento all’interno del sistema hollywoodiano:
Capisco perfettamente le critiche che stanno circolando. Dobbiamo cambiare, dobbiamo accertarci che gli uomini e le donne trans possano dire la loro e trovare lavoro in quest’industria.
Alicia Vikander in un’intervista con IndieWire
Uno spazio in cui potersi esprimere
The Danish Girl si focalizza fortemente sull’estetica. Questo va a scapito della storia, che risulta privata di alcuni suoi punti di forza. Il dolore e le difficoltà provate da Lili, la complessa relazione con Gerda: è tutto in qualche modo smorzato.
Bisogna però riconoscere un merito al film: ha reso nota a un ampio pubblico una storia che sarebbe rimasta di nicchia. Perciò, nonostante le imperfezioni, si va ad aggiungere a quelle narrative che hanno aperto uno spazio in cui tutti possono esprimersi, piantando i semi per un’industria hollywoodiana più inclusiva.
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