Frank Miller – American Genius | Un maestro del fumetto al Lucca Comics & Games 2021

Postato il 17 Novembre, 2021

Batman non ha mai avuto a che fare con la politica, per me. C’entra di più la mitologia. I supereroi costituiscono la nostra mitologia contemporanea. Sono modelli che cerchiamo di imitare perché ci mostrano la parte migliore di noi stessi.

Frank Miller ha dedicato gran parte della sua carriera ai supereroi. Il primo grande successo è stata la sua gestione di Daredevil, insieme alla creazione di Elektra. Ha trasformato un personaggio che negli anni ’70 non era molto popolare in un best seller. Fu solo l’inizio di una carriera lunga più di quarant’anni, che ha cambiato completamente i fumetti.

Sotto l’aspetto minaccioso, coerente con opere come Sin City e Il ritorno del cavaliere oscuro, Miller è in realtà un tipo amichevole che ama sinceramente sia il suo lavoro che il contatto con i lettori. Quando gli è stato chiesto cosa pensa delle convention di fumetti e dei suoi fan, ha dichiarato: “Questa è la mia gente e amo partecipare a eventi come questo”.

Nel primo giorno di Lucca Comics & Games 2021, il pubblico ha avuto la possibilità di assistere a una sintesi di questa eccezionale carriera. Frank Miller e Silenn Thomas (produttore e CEO della Frank Miller Inc.) hanno presentato il documentario Frank Miller – American genius e hanno poi discusso con il pubblico sulla situazione attuale del fumetto.

Frank Miller – American Genius | A master of comics at Lucca Comics & Games 2021
Image courtesy of AFP & Joël Saget/via Lucca Comics&Games

Questo tizio è terribile

Il percorso che ha portato a questo documentario inizia proprio a Lucca. Thomas ha conosciuto Miller quando stava lavorando a 300 e ne è diventata una dei produttori. In seguito, ha deciso di girare un film su Miller, ripercorrendo la sua carriera dal punto di partenza, il trasferimento a New York.

Negli anni ’70, all’inizio della sua carriera, Miller si rivolse a uno dei suoi idoli, Neal Adams, una superstar della DC Comics grazie alle sue opere su Batman e Lanterna Verde. Il feedback sul suo portfolio fu brutale, ma Adams era destinato a diventare il mentore di Miller. Miller continuò a tornare da lui, crescendo grazie ai severi commenti sulle sue opere, invece di scoraggiarsi. Inoltre, in quanto autore autodidatta, sviluppò presto uno stile proprio e originale. Fu anche uno dei primi a evitare il più possibile le didascalie. Mise al centro le gesta dei personaggi, lasciando che le scene parlassero da sole. In questo modo, ha reso i pochi dialoghi o anche una battuta ben pensata l’unica parte scritta della tavola.

Frank Miller faceva parte di una generazione cresciuta con i fumetti, che ha continuato a leggerli anche dopo l’adolescenza. Il punto era trovare il linguaggio giusto per mantenere la presa su quei bambini che erano e sono diventati lettori maturi. La run di Miller su Daredevil e i suoi successivi lavori su Batman sono chiari esempi di questo processo. Sfumature politiche, approfondimenti psicologici, valori ambigui, Miller si dedica alla creazione di opere stratificate. Insieme a Watchmen di Alan Moore e altri, hanno completamente revisionato il genere dei supereroi.

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Image courtesy of MARVEL COMICS DAREDEVIL FRANK MILLER © 1979

I supereroi ci fanno tirare fuori il meglio di noi stessi

Individui che indossano calzamaglie e combattono il crimine non hanno mai smesso di stupire Miller, come dimostrano i suoi ultimi lavori. Dopo molto tempo, è tornato sul suo Bat-verso con DK III: Razza Suprema (2015), co-creato con Brian Azzarello. Nel 2019 ha pubblicato DK: The Golden Child, illustrato da Rafael Grampà, che può essere considerato un prologo di un annunciato DK IV.

Probabilmente, però, tra i suoi lavori recenti l’opera più sentita sui supereroi è Superman: Year One. Illustrato da John Romita Jr., è una origin story in cui Miller cerca di delineare l’archetipo del supereroe. Più di ogni altro, Superman mostra il vero nucleo dell’idea di eroe così come Miller la concepisce.

La parte migliore dei supereroi è che potrebbero essere malvagi, ma decidono di non farlo. Combattono i loro lati oscuri più che le loro nemesi. Usano il loro potere per fare del bene. Così, anche se sono fittizi, ci esortano a essere migliori, rendendo i lettori i veri eroi.

Tuttavia, durante la discussione, Miller ha espresso anche alcuni dubbi su questo genere. Quando gli hanno chiesto qual sia la situazione attuale dei supereroi, ha risposto con un pizzico di sarcasmo. “Hanno visto giorni migliori. Il vecchio ordine governato dalle major è stato sconvolto e non ne vedo ancora uno nuovo. I fumetti si stanno espandendo in così tante direzioni che è difficile fare previsioni”. Ha anche aggiunto, provocatoriamente, che i fumetti possono esprimere il loro potenziale in molti modi. “I supereroi sono solo uno di questi e se sono superati, vale la pena continuare a scriverne?”.

Al di là dei supereroi

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Image courtesy of DARK HORSE SIN CITY © 1991

Tuttavia, i supereroi non costituiscono affatto la totalità delle opere di Miller. Non solo è un autodidatta, ma ha sempre preferito non essere legato a un solo editore. Così, negli anni ’90, ha iniziato la sua collaborazione con Dark Horse Comics con Hard Boiled, un eccentrico mix dell’omonimo genere e di tratti fantascientifici, illustrato da Geoff Darrow.

Subito dopo arriva Sin City, un punto di svolta nella sua carriera. “È stata la prima volta in cui sono stato completamente libero di fare quello che volevo”, dice Miller. Sin City è un’opera avanguardistica, in cui Miller sperimenta tecniche e layout diversi e raccoglie tutte le caratteristiche peculiari del suo stile. I tormentati e continui monologhi interiori, le figure muscolose, la natura noir dei suoi personaggi, il tratto ruvido. Ultimo, ma non meno importante, l’uso sapiente dei (pochi) colori, principalmente rosso, bianco e nero, e delle chine, probabilmente gli elementi più iconici.

Sin City è stato anche ciò che gli ha dato una concreta opportunità di lavorare nel mondo del cinema. Aveva già lavorato come sceneggiatore per Robocop 2, ma il suo lavoro era stato pesantemente modificato, lasciandolo insoddisfatto. Con Sin City ha avuto una seconda opportunità, avendo attirato l’attenzione del regista Robert Rodriguez, che aveva realizzato un cortometraggio adattando un episodio di Sin City e lo ha mostrato a Miller. Miller ne rimase colpito al punto da decidere di scrivere e dirigere un intero film, uscito nel 2005 e seguito da un secondo film nel 2014. Questi adattamenti cinematografici hanno suscitato giudizi contrastanti da parte della critica, ma sono degni di nota, se non altro, per lo sforzo compiuto nel riprodurre lo stile visivo unico di Sin City.

Fumetti e cinema

Sempre per Dark Horse, Miller ha pubblicato nel 1998 un altro fumetto, 300, poi adattato nel film di successo di Zack Snyder. È la storia della battaglia delle Termopili, quando 300 spartani guidati da Leonida riuscirono a fermare l’avanzata dell’Impero persiano. Anche se nel suo modo caratteristico, Miller esplora la finzione storica, concentrandosi sulla violenza dei combattimenti. La sua fascinazione per la cultura greca lo ha portato a scrivere anche un’altra storia nel 2018, Xerxes: The Fall of the House of Darius and the Rise of Alexander, questa volta con gli imperatori persiani come protagonisti.

Anche questo ha avuto un adattamento cinematografico e quindi, durante l’intervento, sono sorte domande sul rapporto tra fumetti e altri media. Ha senso scrivere fumetti pensando in anticipo agli adattamenti cinematografici e ad altri media?

Quando ho creato Sin City o 300, non ho pensato affatto a potenziali film. Penso che i fumettisti dovrebbero proporre agli autori di film opere impossibili da adattare. Per quanto possa essere difficile, credo che i film possano fare cose inimmaginabili e che i produttori cinematografici cercheranno di realizzarle con i giusti input.

Poi, alla domanda se preferisce essere un fumettista o un regista, ha risposto laconicamente: “Fumetti e film sono entrambi molto simili e molto diversi. Diciamo che sono molto bravo solo in uno dei due”.

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Image courtesy of DARK HORSE 300 © 1998

È una delle gioie di questo lavoro

Frank Miller è sicuramente un autore da sempre aperto a molteplici influenze e che ama esplorare stili diversi. Il suo stile di disegno è stato sicuramente influenzato dai manga. Soprattutto Lone Wolf and Cub, un famoso manga degli anni ’70 scritto da Kazuo Koike e illustrato da Goseki Kojima, ha avuto un enorme impatto su di lui. Ha partecipato alla traduzione della versione inglese, realizzando le illustrazioni delle copertine. Ha inoltre contribuito alla diffusione generale dei manga negli Stati Uniti. Le influenze giapponesi lo hanno chiaramente ispirato nella creazione di Ronin, una graphic novel scritta per DC Comics. Miller ha scoperto la cultura giapponese facendo ricerche per il suo Daredevil e ha sviluppato un interesse per il ronin, un samurai caduto in disgrazia e senza padrone.

Nel corso della sua carriera, Miller ha avuto la possibilità di sperimentare anche grazie alle numerose collaborazioni con altri artisti. Gli è stato chiesto come sceglie in genere con chi lavorare e la sua risposta è stata:

Cosa posso fare con lo stile di questa persona? Mi chiedo cosa potrei fare con quel particolare modo di disegnare. Ho lavorato con David Mazzucchelli, che con pochi tratti riesce a trasmettere una chiara sensazione di un personaggio o di una scena, e con Bill Sienkiewicz, il cui stile è accattivante e sontuoso. Ogni artista ti permette di fare cose molto diverse. Questo è uno delle gioie più grandi che provo nel fare questo lavoro.

Frank Miller e il futuro del fumetto

La carriera di Miller ha attraversato anche qualche scivolata. La più grossa è stata probabilmente Holy Terror, una reazione rabbiosa e impulsiva all’11 settembre e al terrorismo islamico. Pubblicata nel 2011, la storia mette in scena un cosiddetto supereroe che caccia e uccide brutalmente dei terroristi islamici. Questo fumetto gli è valso diverse accuse di islamofobia e ha portato l’opinione pubblica a definire Miller un conservatore. A proposito di quest’opera controversa, per usare un eufemismo, ha poi dichiarato: “Non avevo le idee chiare”.  Nel giro di qualche anno, come raccontato nel documentario, ha dovuto affrontare anche l’alcolismo e dei problemi di salute, che non sono mai stati confermati e definiti chiaramente. Ora sembra stare bene, ma preferisce non parlare molto di questo periodo travagliato della sua vita.

Miller preferisce di gran lunga parlare delle sue opere e di ciò che dovrebbe essere fatto per dare ai fumetti un maggiore riconoscimento.

Quando ho iniziato, i fumetti stavano toccando il fondo. Chi lavorava come fumettista mentiva sul proprio lavoro ed era difficile guadagnarsi da vivere. Le cose sono cambiate grazie al direct marketing – negozi come le farmacie hanno iniziato a vendere fumetti, integrandoli in un sistema di approvvigionamento ben strutturato – e anche grazie alle fiere del fumetto, dove è stato possibile rafforzare il rapporto con i lettori. L’ultimo punto è ancora attuale. Credo che insieme, fumettisti e pubblico, dovremmo analizzare e parlare di più di ciò che i fumetti possono fare e diventare.

Image courtesy of Sebastiano Toma, Frank Miller/via Lucca Comics&Games

Credo che le convention di fumetti – ha continuato – dovrebbero investire di più in questa direzione e meno nella mera vendita di prodotti. Inoltre, è fondamentale lasciare che i fumetti incontrino qualsiasi tipo di pubblico, senza tracciare confini troppo rigidi tra generi e gruppi target. Più si fa così, più si spingono gli artisti a seguire uno standard invece di creare ciò che sentono adatto al proprio stile.

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