Ah, tu pensavi che anch'io fossi una | La maledizione d'amore di Achmatova
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Ah, tu pensavi che anch'io fossi una | La maledizione d'amore di Achmatova

Ah, tu pensavi che anch'io fossi una | La maledizione d'amore di Achmatova

Postato il 30 Maggio, 2024

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14 verses

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Anna Achmatova è una delle poetesse russe più illustri del ventesimo secolo. Il suo lavoro ha catturato le atrocità del regime di Stalin e l’orrore quotidiano del vivere sotto di esso. Achmatova nasce nel 1899. Raggiunge il periodo artistico più prolifico negli anni a cavallo tra la Rivoluzione Russa e l’invasione tedesca del 1941. Il suo inno d’amore Ah, tu pensavi che anch’io fossi una ha un tono appassionato e sprezzante, come di chi rifiuti di disintegrarsi nella furia della passione. La poesia ricrea la voce tipica di una maga, e allo stesso tempo ne respinge la magia.

Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.

O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell’acqua incantata […]

Come se lei stessa fosse erede di una tradizione magica, usa le parole per lanciare una maledizione sulla fine dell’amore. L’ultimo verso della poesia infatti minaccia la separazione eterna degli innamorati.

La censura nel regime Sovietico

Al momento della scrittura di questa poesia, nel 1921, Anna Achmatova sta attraversando una crisi profonda, sia personale che letteraria. Il suo secondo matrimonio con Vladimir Silejko sta per finire. Il regime sovietico addita la sua produzione poetica come reazionaria. Il regime rivoluzionario condannava infatti Achmatova per non avere preso posizione come sostenitrice del partito. Nonostante non avesse mai pubblicamente rifiutato il regime, la sua scelta di rimanere in silenzio viene comunque percepita come criminale.

Sia prima che dopo la rivoluzione del 1917 infatti la poesia di Anna Achmatova è sempre stata dettata dall’ispirazione personale. Non si attiene alle nuove norme rivoluzionarie. Per lei, ad esempio, il 1921 è solo un altro Anno Domini, come dichiara la collezione di poesie, non l’anno di una nuova era Sovietica. La sua poesia è marcata dal passatismo: il prezzo da pagare per mantenere l’integrità della sua arte. I versi di questa poesia, al centro della sua esperienza umana e poetica, riprendono il tema dell’amore che la ispirò agli inizi della sua carriera.

La maledizione d’Amore di Anna Achmatova

Anna Achmatova è lontana dal compromesso con il quale Edna St. Vincent Millay risolve il suo personale dramma d’amore nella poesia Oh think not I am faithful to a vow. Lei non cerca conciliazione. La sua posizione è all’opposto della leggerezza disincantata della poetessa americana sua contemporanea. Paradossalmente, il suo tono è più vicino all’iscrizione del Vaso di Dueno. Questo reperto archeologico, fra i primi testimoni della lingua latina, riporta la maledizione di una matrona romana che augura all’uomo che l’ha abbandonata di non trovare mai più l’amore. Ma ad Achmatova non importa di ciò che è esterno alla relazione. La maledizione scagliata dalla poesia è sotto il controllo totale di chi scrive. È la promessa di non tornare mai. L’ultimo verso, pesante come pietra, annuncia la morte del rapporto.

[…]

Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l’anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull’icona miracolosa
e sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.

La maledizione non è altro che l’estrema fedeltà all’ideale di beatitudine, incarnato nel Giardino dell’Eden, nelle icone sacre. Anna Achmatova rifugge da ogni gioco di forza, da ogni intrigo galante. La sua è l’integrità del poeta che vive nella prospettiva dei valori assoluti.

Reale e Ideale; dolore e beatitudine

Anna Achmatova è stata la musa di alcuni degli artisti più conosciuti del ventesimo secolo. Ben nota è la sua amicizia con Amedeo Modigliani, che le dedicò una serie di ritratti. Ma il dipinto della poetessa più evocativo è quello del pittore russo Natan Altman. Il ritratto di Anna Achmatova fatto da Altman la rappresenta elegante e acuta, con uno sguardo che suggerisce una profonda comprensione del dolore. Il suo atteggiamento nel dipinto pare quello di una donna che va sempre in punta di piedi. L’uso del colore è inoltre significativo. Il blu del vestito richiama la sua abitudine al dolore, mentre lo scialle dorato che le cinge le spalle evoca l’Ideale.

Nonostante fossero lontanissimi dalle condizioni reali della sua esistenza, per Achmatova gli ideali di Bellezza, Amore e Felicità rimangono costanti del suo sistema di valori. Anche in questa poesia, il termine di paragone è l’Assoluto. Infatti, la maledizione d’amore è radicata proprio nella coscienza dell’Ideale, e da questo è giustificata. L’esperienza del dolore, così caratteristica della poesia di Achmatova, non inficia la certezza dell’Ideale.

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