Alfredino, la serie TV | Ricostruzione di una tragedia nazionale
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Alfredino, la serie TV | Ricostruzione di una tragedia nazionale

Alfredino, la serie TV | Ricostruzione di una tragedia nazionale

Postato il 28 Dicembre, 2024

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Il 10 giugno 1981 è una data segnata da una ferita profonda nella storia italiana recente. La storia accade a Vermicino, vicino Roma. Un bimbo di sei anni che si chiama Alfredo Rampi, soprannominato affettuosamente Alfredino, cade accidentalmente in un pozzo artesiano, una cavità stretta che si infila sottoterra per decine di metri. I soccorsi si mobilitano immediatamente. Poliziotti, vigili del fuoco, ingeneri e speleologi accorrono sul posto. Sotto gli occhi disperati dei genitori, Franca e Ferdinando, si coordinano per definire una strategia per salvare il bambino.

Ma le cose non vanno come sperato. Diversi problemi iniziano a ostacolare il salvataggio. La forma del terreno e del pozzo sono troppo strette per permettere a un adulto di attraversarlo. Ma soprattutto, il tempo assume un fattore critico. Alfredino ha una malattia cardiaca che rende impossibile lasciarlo solo per molte ore. Così, quella che tutti pensavano fosse una storia di salvezza prende una piega tragica.

Nel 2021, quarant’anni dopo, Alfredino – Una storia italiana tenta di ricreare gli eventi di quei giorni dolorosi.

Il trailer di Alfredino – Una storia italiana

Rinuncia al sensazionalismo

In quel momento poteva succedere qualunque cosa, un colpo di Stato, la gente avrebbe risposto “Va bene, fammi sentire però che sta succedendo a Vermicino”.

Emilio Fede, ex-direttore del TG4

La pornografia del dolore è un’espressione nata negli anni successivi per descrivere il racconto degli eventi fatto dai telegiornali. La tragedia di Vermicino diede vita alla prima copertura in diretta ininterrotta. Ma fu, purtroppo, anche caratterizzata da descrizioni morbose dei momenti angoscianti vissuti dalla famiglia e da commenti costanti sullo stato emotivo delle persone coinvolte. Gli italiani erano sintonizzati con quello che qualcuni ha definito uno “spaventoso reality show”.

Gli sceneggiatori Barbara Petronio e Francesco Balletta, insieme al regista Marco Pontecorvo, si sono trovati di fronte una sfida difficile. Dovevano raccontare la storia di una tragedia senza creare un melodramma. È stato un rischio girare una serie TV invece di un documentario. Ma il pubblico italiano era già saturo di immagini e video di quei giorni tremendi. Perciò hanno deciso di esaminare quei materiali per creare una narrazione realistica. Il risultato è che Alfredino è accurato ma non indulgente; evita i dettagli macabri o l’esasperazione. Rinuncia al sensazionalismo per costruire tensione su un principio più fondamentale. Lo spettatore sa cosa accadrà e guarda la progressione degli eventi con un senso opprimente di ineluttabilità. Nulla è enfatizzato: ogni scena è una tessera di uguale importanza del mosaico.

Due tipi di claustrofobia

Le scelte registiche sono cruciali nel costruire l’atmosfera. Alfredino ha due protagonisti: il pozzo e la gente lì attorno. Lo spettatore non vede più Alfredino una volta caduto nel pozzo. Vede i numerosi tentativi di discesa nel pozzo. Corpi rossi e sudati che scivolano nel canale sotterraneo inizialmente speranzosi, per poi risalire sconfitti. La telecamera cattura la ristrettezza del pozzo e le asperità dei muri, raffigura l’esterno come un disco di luce da cui delle facce osservano preoccupate.

Eppure, l’esterno non è un luogo ampio e confortante. Nel luogo dell’incidente non c’è solo il personale autorizzato, ma è pieno di gente. Giornalisti, politici, curiosi: tutti vogliono essere testimoni del salvataggio. In più la gente non è silenziosa: bisbiglia, parla, urla dove non dovrebbe e giudica le scelte e i comportamenti. La gente diventa un altro nemico, che ostacola ogni tentativo di soccorso. I protagonisti non sono mai soli sullo schermo: devono sempre farsi strada attraverso la moltitudine di persone – uno scenario claustrofobico come il pozzo artesiano.

L’eredità della tragedia di Alfredino

Alfredino non si conclude con la morte di Alfredo Rampi, né con il dolore della madre Franca Bizzarri (Anna Foglietta). Si conclude con un messaggio politico e sociale.

Dopo aver dato forte attenzione alla resilienza di Franca, la storia si sposta verso la creazione della Protezione Civile – un dipartimento nato subito dopo questa tragedia. Con la tragedia di Alfredo Rampi, le istituzioni italiane hanno capito che non c’era abbastanza coordinazione tra i soggetti coinvolti in caso di situazioni di pericolo improvviso. La Protezione Civile, con l’instancabile lavoro della mamma di Alfredino, è presto diventata una struttura all’avanguardia a livello internazionale, che oggi si occupa di ogni tipo di emergenza.

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