La Libreria Borgopo’, nel quartiere della Gran Madre a Torino, nasconde una piccola oasi al proprio interno. In un cortile rivestito di glicine e arricchito di sedie e buon vino, Raffaele Riba, autore del romanzo La custodia dei cieli profondi (66thand2nd) e docente alla Scuola Holden di Torino, parla al pubblico dell’Hypercritic Burning Festival di entropia, letteratura, romanzi di Cormac McCarthy e del significato salvifico dell’arte per l’uomo. Ad accompagnarlo nella riflessione è Maria Laurenti, cofondatrice di Moth e collaboratrice di Hypercritic.
A cavallo tra scienza e letteratura
Si parte dall’entropia, la derivazione secondaria di una delle leggi più affascinanti e fondamentali della chimica-fisica, il Secondo Principio della Termodinamica. Raffaele Riba ne ha data una personale definizione nel Dizionario affettivo della lingua italiana.
Viene usata come sinonimo di disordine, caos... ma entropia è una parola sfuggente perché esprime soprattutto una funzione, ovvero l'insieme delle probabilità in cui può evolvere un sistema.Raffaele Riba, Entropia, in Dizionario affettivo della lingua italiana.
La voce autorevole del fisico e autore britannico Brian Cox, con l’aiuto di una brillante metafora e di un castello di sabbia, aiuta a fare chiarezza.
Le implicazioni della Seconda Legge della Termodinamica hanno trovato un’eco curiosa in letteratura, in particolare in quel genere letterario classificato spesso come narrativa apocalittica.
Il fascino dell’immagine di un Universo senza più energia da consumare, senza evoluzione naturale e dunque neppure umana, un Universo in un certo senso ‘spento’, ha spinto molti autori a cimentarsi nell’immaginare i possibili volti che un tale mondo potrebbe assumere. Eccone alcuni citati:
L’ultima domanda di Isaac Asimov; Rumore Bianco di Don DeLillo; The crying of Lot 49 di Thomas Pynchon. Tutte queste opere orbitano intorno alla domanda: cosa accade alla civiltà umana quando arriva alla fine?
L’entropia nei libri di McCarthy
Proprio su questa domanda entra in scena la figura di Cormac McCarthy. Le implicazioni universali della Seconda Legge della Termodinamica, in particolare il decadimento e l’eventuale morte-calorica dell’universo, sembrano un naturale incontro per l’impressione di insignificanza umana e indifferenza cosmica che pervade i romanzi di McCarthy. La tendenza del mondo verso il disordine è stata un punto fermo nel lavoro di McCarthy almeno dal romanzo Figli di Dio, quando Lester Ballard ha sognato di fare
le cose con più ordine nelle foreste e nelle anime degli uomini.Cormac McCarthy, Figlio di Dio
Il tema diviene latente nel romanzo La strada. Se in Meridiano di sangue l’elemento entropico è figurativo, in La strada diviene letterale. Lo scenario, lo stile linguistico, lo stesso nome dell’opera, la struttura peculiare e unica che riflette la stessa tematica entropica. La lotta per trovare un significato, con lo svuotamento dei riferimenti della maggior parte degli elementi del mondo: mappe, libri telefonici etc. Una piena articolazione, per la prima volta nel lavoro di McCarthy, di entropia culturale.
Cercò di pensare a qualcosa da dire ma non gli venne in mente nulla. Aveva già provato quella sensazione, qualcosa che andava oltre l’intorpidimento e la disperazione sorda. Il mondo che si riduceva a un nocciolo nudo di entità analizzabili. I nomi delle cose che seguivano lentamente le cose stesse nell’oblio. I colori. I nomi degli uccelli. Le cose da mangiare. E infine i nomi di ciò in cui uno credeva. Più fragili di quanto avesse mai pensato. Quanto di tutto questo era già scomparso?Cormac McCarthy, La strada
Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee in The Road
L’entropia ha vinto su tutto?
Il finale è dubbio, e anche nel giardino di Borgopo’ la questione è dibattuta.
Una volta nei torrenti di montagna c’erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell’acqua ambrata con la punta bianca delle pinne che ondeggiava piano nella corrente. Li prendevi in mano e odoravano di muschio. Erano lucenti e forti e si torcevano su se stessi. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell’uomo, e vibrava di mistero.Cormac McCarthy, La strada
Che ci sia una luce alla fine del tunnel o solo il cieco buio della Seconda legge della termodinamica, la questione finisce per non avere importanza. Il ‘fuoco’ si sposta infatti sul valore presente e attivo dell’arte e del suo significato nella vita umana.
La Morale dell’opera si incarna nel ruolo del figlio, che deve “continuare a portare il fuoco”. Sul finire del romanzo, il padre lo affida al mondo, o meglio, affida il mondo a lui. Il romanzo è proprio un fuoco nell’oscura, lunga notte della Seconda Legge della Termodinamica.
Ricorda, come fa Riba sul finire della discussione, che il valore dell’arte, in più di un sol modo, potrebbe salvarci tutti.