Nel 1997, quando Nirvana di Gabriele Salvatores esce per la prima volta al cinema, internet è agli esordi e di hacker e virus informatici non si è ancora sentito parlare. Figuriamoci di metaversi. Ma non poteva essere se non il visionario film di Gabriele Salvatores a ispirare 25 anni dopo un reboot nel metaverso italiano The Nemesis @Rai Cinema.
Il progetto è nato dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma, è stato sviluppato nell’ambito del corso di Transmedia Studies sotto la guida dei docenti Silvia Leonzi e Riccardo Milanesi e dal Transmedia Lab del Dipartimento CoRiS. Lo ha lanciato una lectio magistralis nell’ateneo capitolino il 15 dicembre, in cui il Premio Oscar ha potuto incontrare i suoi personaggi nel metaverso.
Un nuovo inizio
2022. Solo, il protagonista del videogioco interpretato da Diego Abatantuono e che credevamo cancellato per sempre dal suo creatore, Jimi Dini (Christopher Lambert), si è reincarnato in The Nemesis. Con lui incontriamo gli amati protagonisti del film, come Joystick (Sergio Rubini) e Naima (Stefania Rocca). Ma anche di nuovi, a partire da Tara, la figlia di Jimi Dini, determinata a scoprire la verità sulla fine di suo padre.
Solo: “Aspetta un attimo. Ma quando mi cancelli cosa divento?
Jimi: “Un fiocco di neve che non cade in nessun posto”
Nirvana, Gabriele Salvatores
Nel film del 1997 è l’hacker Naima a lanciare Jimi nel suo “volo” attraverso i database della Okosama Starr, per incontrare Solo e liberarlo, provando a cancellare ogni traccia della sua esistenza. Questa volta un maestro hacker, il Neuromante, conduce Tara sulle tracce del genitore. Nel metaverso la ragazza viene ricontattata da Solo per concludere il lavoro di suo padre e concludere la storia con un finale a sorpresa.
Un universo transmediale
Le nuove avventure dei protagonisti di Nirvanaverse vivono sul sito internet del progetto e sul metaverso The Nemesis, nello spazio di Rai Cinema, dove è possibile interagire con i personaggi (occorre scaricare l’app, gratuita). Ci sono anche 12 profili social animati dagli studenti della Sapienza e un podcast interpretato dagli attori ANAD (Associazione Nazionale Attrici e Attori Doppiatori), in collaborazione con Radio Sapienza. Il progetto ha la partnership di Ansa Cultura.
Questo affresco di voci realizza il primo esperimento italiano di fusione in un’unica esperienza di un viaggio nel metaverso e un racconto interattivo sviluppato su piattaforme come Instagram, Linkedin, Twitter, Twitch, Telegram e Facebook. Nelle settimane precedenti il lancio, inoltre, gli studenti hanno partecipato a un Alternate Reality Game (ARG), un gioco che collega internet al mondo reale. L’università è stata disseminata di indizi per condurli alla presentazione del progetto.
Questa ripartenza è un omaggio affettuoso all’immaginario creato da Salvatores, accolto con entusiasmo dal regista. “È uno dei film più importanti che ho fatto e lo amo molto”, ha esordito alla presentazione di Nirvanaverse a Roma.
Sperimentazione all’italiana
Nirvana nasce in una serie di circostanze molto particolari. È il 1997, Salvatores ha appena vinto il premio Oscar con Mediterraneo. Come scrivevamo, di internet si sapeva poco o nulla ma c’era il Nintendo e si giocava a calcio. È il regista a ricordare che Diego Abatantuono, posando la console in una pausa dalle riprese, si chiede: “Chissà cosa fanno questi personaggi quando noi spegniamo tutto”?
Intanto, molto lontano, un’icona mondiale della musica come Kurt Kobain, leader dei Nirvana, si suicida lasciando una lettera in cui afferma di non riuscire più a stare al gioco dello show business: “Non ho più la passione – scrive, prima di citare Neil Young – È meglio esplodere che svanire lentamente”.
Sono eventi diversi, remoti, eppure in qualche modo contribuiscono a far prendere forma alla storia di un personaggio imprigionato nello spazio virtuale. Uniti alla fascinazione che da tempo Salvatores nutre per la fantascienza e le religioni orientali (per cui il concetto di Nirvana indica la sospensione, il distacco dalla realtà, che invece è Maya, ovvero illusione), danno vita al film più sperimentale del regista italiano.
Estetica cyberpunk e stilemi nostrani
Dopo il premio Oscar nessuno gli può dire di no. Ma che l’idea di un’opera di fantascienza italiana sia una follia lo pensano in tanti. A partire da Vittorio Cecchi Gori, che però dopo un po’ di esitazione gli produce il film.
“Da sempre sono affascinato dalla fantascienza – racconta Salvatores – in particolare dai libri di Philip K. Dick. E dai suoi eredi William Gibson, Bruce Sterling, i padri del cyberpunk. Mi sono ispirato a loro ma allo stesso tempo volevo fare un’opera con gli stilemi e i riferimenti nostrani”.
C’era voglia di rottura con il passato: “Da sempre – ricorda Salvatores – il cinema italiano è legato alla tradizione della commedia e del neorealismo. Ho cercato di uscire dallo schema e dagli stereotipi”.
Che il tentativo abbia lasciato il segno non c’è dubbio. Al di là dei limiti riconosciuti dallo stesso autore, Nirvana è diventato a suo modo un cult degli anni Novanta. Riascoltare il tema di Mauro Pagani per il teaser di Nirvanaverse evoca immediatamente le atmosfere distopiche dell’Agglomerato Nord e la dea Kali, l’icona pubblicitaria del videogioco ideato da Jimi.
“È un contenitore in cui ho inserito tutto ciò che amo – ricorda Salvatores 25 anni dopo – Un cocktail di sapori diversi per sorprendere, anche provocare. Il mio piccolo contributo al cinema italiano dopo l’Oscar è stato quello di dire: lo possiamo fare. Anche in Italia si può raccontare il reale con un film non realistico”.
Avventura transmediale
“Quando ho visto Nirvana la prima volta mi aveva colpito il fatto che fosse un film molto italiano, legato all’epica della fuga, ma rivisitata in chiave più intima e tradotta in un film cyberpunk”. Così Riccardo Milanesi, che ha ideato e curato il progetto, spiega l’origine del reboot. Per quattro mesi gli studenti del dipartimento CoRiS della Sapienza di Roma hanno lavorato per riprendere le redini di questa narrazione ed espanderle, colmato un vuoto di un quarto di secolo. “Cos’hanno fatto i personaggi nel frattempo?”, si sono chiesti. È stato il motore per far ripartire la storia.
Secondo Milanesi, docente e consulente di Digital e Transmedia Storytelling, il metaverso offre un’opportunità finora poco sperimentata. “Al momento i brand fanno a gara per esservi presenti, ma occorre avere prima ben chiaro cosa dire. Si tende a ragionare a compartimenti stagni, mentre la chiave è inserirli in una pianificazione più ampia, come si fa con la tessera di un mosaico. Il metaverso non è ancora – e per fortuna – quello di Ready Player One, ma un tassello di una strategia transmediale che vale la pena esplorare”.
Esperienze come quella fatta da Rai Cinema per Diabolik sono pionieristiche nell’uso di questo ambiente digitale, che in Italia rimane una prateria sconosciuta. Nirvanaverse è la prima esperienza nostrana strutturata, implementata su un’opera preesistente, che è stata ampliata e stratificata grazie a nuove avventure e personaggi. Per chi vuole scoprire le potenzialità del mezzo vale la pena esplorarlo.