Dall'antico Egitto al Verano | Le finte porte nelle tombe e l'evoluzione del concetto di morte

Postato il 24 Marzo, 2025

L’antica ritualità legata al concetto di oltretomba è un campo di esplorazione affascinante e misterioso. Infatti, l’antichità offre molte opportunità per riflettere sui diversi modi di concepire la morte e sulle prospettive dell’aldilà. La cultura visiva legata alle porte dipinte o scolpite in edifici antichi era concepita per fingere uno spazio più ampio. Nel caso degli ambienti tombali, invece, aveva altri specifici propositi. Le anime degli antichi egizi, per esempio, avrebbero attraversato la soglia e si sarebbero imbarcati su una nave. Gli etruschi e le popolazioni locali dell’Italia centrale, invece, avrebbero banchettato o atteso che i guardiani aprissero le imposte. In ogni caso, morire non era uguale per tutti.

L’Egitto e le prime finte porte nelle tombe

Alcune delle prime finte porte nelle tombe risalgono all’antico Egitto. Quando l’anima attraversava la soglia, Ra in persona introduceva il morto al “conclave dell’aldilà” (E. Brovarski, The Doors of Heaven, 1977, p. 110), trasportandolo sulla sua barca. Quando Osiride divenne dio della morte, solo lui avrebbe aperto e chiuso le porte. Il suo giudizio (Psicostasia o pesatura dell’anima) influiva sul viaggio.

Le false porte erano monumentali e presentavano rilievi con formule magiche e auguri per l’anima. Ogni elemento aveva un ruolo specifico nell’apertura o nella chiusura dei battenti, le cui ante costituivano la barriera tra i due mondi. Il nome del defunto era ripetuto perché l’anima non fosse esiliata (finta porta di Wd’-Dri, Museo del Cairo). Inoltre, queste soglie non erano riservate esclusivamente ai re o ai faraoni, ma anche ad altre personalità (figure 1-2). La tomba di Mereruka, un potente funzionario, contiene la statua del defunto nell’atto del passaggio.

1. Falsa porta della tomba di Metjetji, particolare, ca. 2353–2323 B.C., Egitto, Antico Regno. Image courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York.
2. Falsa porta del cancelliere reale Neferiu, ca. 2150–2010 B.C. Egitto, Antico Regno–Primo periodo intermedio, pittura parietale.

Demoni Etruschi: difendendo l’aldilà con ali e spade

Per gli etruschi (IX sec. a.C., Italia centrale) la ritualità era essenziale nella vita quotidiana, in particolar modo quella legata alla morte. Fin dal VII sec. a.C. nelle necropoli (città dei morti) le sepolture sembravano delle vere e proprie dimore per l’aldilà, piene di lussuosi affreschi che ritraevano amenità. Porte dipinte collegavano con l’oltretomba. A guardia di esse dei demoni alati, dall’incarnato blu livido e dalle fattezze mostruose.

Queste creature erano armate di asce e spade e conducevano il defunto nell’aldilà, in modo più o meno cortese. Demoni femminili erano Vanth (Tomba François, prima metà del IV sec. a.C., Necropoli di Sovana) e Scilla (Tomba dei demoni alati, seconda metà del III sec. a.C., Necropoli di Sovana), un demone maschile era Charun (Tomb of Charun, 250-275 a.C., Necropoli di Monterozzi, Tarquinia). Affidandosi ai demoni e alle coloratissime immagini dipinte, gli etruschi esorcizzavano così il trauma del trapasso.

Le necropoli dei marsi in Abruzzo

Nei boschi della Valle d’Amplero – Abruzzo (Italia) – la necropoli di Cantone (I sec. a.C-I sec. d.C.) è un’improvvisa, spettrale, sacra visione. Cinquanta tombe sono testimoni della vita dei marsi, popolazione di guerrieri italico-romani che abitava questi luoghi fin dal IV sec. a.C. (959 m.s.l.m.). Diverse le tipologie di sepolture: a fossa, a camera e a lapide.

Due stele imitano il disegno di porte, preso in prestito dai romani. Le ante sono quadripartite, in due spazi vi sono sfere ornamentali e sono sormontate da un frontone stilizzato. Inoltre, in questa necropoli durante le ritualità funebri si versavano libagioni in canali che raggiungevano le camere delle tombe. Preziosi beni accompagnavano nell’oltretomba i membri più in vista della comunità (come ad esempio letti in osso). Anche qui la morte era concepita come una transizione, culturalmente influenzata da romani ed etruschi. I rituali conviviali intensificavano tale passaggio, augurando al defunto una piacevole esistenza nell’aldilà.

Necropoli di Cantone, Valle d’Amplero, Collelongo (L’Aquila), I sec. a.C.-I sec. d.C. Video di Montagneselvagge
Lapide scolpita come una porta, Necropoli di Cantone, Valle d’Amplero, Collelongo (L’Aquila), I sec. a.C.-I sec. d.C. Fotografia di Marta Guagnozzi.

Cancelli al Verano e Staglieno: le nostre porte dell’aldilà

La porta come simbolo di transizione dallo stato corporeo a uno stato diverso – o dal regno dei vivi a una dimensione diversa in cui restare – è uno degli elementi più antichi e più comunemente utilizzati. L’impiego di porte false, dipinte o scolpite in antichità può essere facilmente riscontrato anche nella contemporaneità. È solamente necessario fare due passi in un cimitero. Cancelli di tombe monumentali, come nel Cimitero di Staglieno o in quello del Verano (Roma) sono solamente pochi esempi di questa eredità.

La morte è ancora vissuta come un passaggio verso il nulla e i nostri cimiteri costituiscono il retaggio delle antiche necropoli. L’unica differenza consiste nel fatto che a volte le moderne cappelle sepolcrali ci consentono di oltrepassare le soglie e non vi sono guardiani a trattenerci.

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