Al centro della fondazione di Hypercritic c’è l’idea di cambiamento. Nel caos post-pandemco, i concetti giapponesi di Monozukuri e Mu offrono una nuova prospettiva su come guidare il cambiamento in una direzione sostenibile, se associati a una narrazione dirompente.
La Narrazione o Storytelling è uno strumento democratico, economico e pacifico per ispirare il cambiamento, più efficace della violenza e persino delle leggi. Più delle persone, delle nazioni e persino degli edifici, le storie sono artefatti che possono sopravvivere all’entropia umana e viaggiare lontano nel tempo e nello spazio, conservando intatta la loro essenza. Che si tratti di un manuale di un’intera civiltà come l’Iliade o l’Odissea di Omero, di una guida all’Aldilà come la Divina Commedia di Dante, o del catalogo generale della natura umana, come il corpus di tragedie e commedie di Shakespeare, le storie sono il tentativo condiviso dell’umanità di testimoniare, rappresentare e trovare significato nell’esperienza che chiamiamo vita. Pertanto, l’arte di raccontare storie non è astratta o distaccata dalla realtà, ma è un modo pratico per cambiare il mondo e costruire le premesse per generare cambiamento e produrre nuova realtà.
Monozukuri, il senso nel fare
Un modo per sintetizzare la capacità e la cura necessarie a realizzare un’opera è il concetto giapponese di monozukuri, scritto 物作り, o anche ものづくり che significa fare (zukuri) cose (mono) ed è utilizzato in giapponese per intendere la manifattura. In termini più ampi include l’abilità tecnologica, il know-how e lo spirito dei processi produttivi giapponesi. I valori chiave comprendono l’attitudine alla produzione con orgoglio, competenza, cura, precisione, dedizione, e mirano all’innovazione e alla perfezione. Richiede menti creative ed è spesso legato a maestria, pazienza e lunga e attenta pratica.
Monozukuri è più una filosofia che una tecnica o un metodo. E’ una parola di moda in Giappone, e molti giapponesi sono convinti sia all’origine del successo della produzione giapponese nel mercato globale.
Nel 1998 il primo ministro giapponese stabilì un monozukuri kondankai (un consiglio consultivo sul monozukuri) e emanò una legge per promuovere la Monozukuri Foundation Technology. L’obiettivo era invertire il processo di de-industrializzazione che il Giappone stava vivendo negli anni ’90 e riaffermare la sua forza nel settore produttivo.
Limiti alle sfide globali della contemporaneità
Dall’Accordo di Parigi del 2015, a livello globale, ci sono stati ingenti sforzi rispetto al cambiamento climatico e ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Stando all’ultimo UN Assessment Report on Climate Change (2021), nonostante tutto l’impegno, nessuno degli obiettivi sarà raggiunto entro il 2030.
Secondo l’ufficio studi sul lavoro americano, nell’ultimo anno 4 millioni di americani hanno lasciato il proprio lavoro (dati al luglio 2021). Le dimissioni sono salite in aprile e sono rimaste estremamente alte per mesi, con il record di 10.9 milioni di posizione vacanti a luglio. Ian Cook della Harvard Business review ha condotto una analisi approfondita su 4.000 imprese e più di 9 million di casi, per esplorare le ragioni di questo trend. Tra i risultati emersi, da un lato, c’è il problema per le aziende di come continuare a gestire le loro attività, e dall’altro una nuova tendenza comune a cercare posti di lavoro che diano senso alla vita, più che meri ruoli tecnici basati su competenze verticali, che è ancora ciò che la maggior parte dei datori di lavoro richiede.
Il valore politico del Cinema di Ozu
Il concetto filosofico di Monozukuri può ripristinare un senso di responsabilità e etica del lavoro. Il regista giapponese Yasyujiro Ozu era noto per la cura meticolosa che dedicava a ogni dettaglio delle sue produzioni, riprogettando la realtà in studio come se fosse un diorama domestico alla Mondrian. Come un paziente e attento artigiano/demiurgo, nella sua arte cinematografica Ozu dà forma a un tranquillo universo di sentimenti impalpabili, dove gli oggetti e gli spazi sono testimoni del nostro breve passaggio in questo mondo. Ozu è venerato come il cantore della nostalgia giapponese, e il suo mondo è un luogo che assomiglia al paradiso, nelle parole di ammiratori come Wim Wenders.
A ben guardare, in questa apparente immobilità si nasconde la scintilla di una rivoluzione che anticipa le lotte contemporanee. Ozu, mai sposato, è un autentico femminista, come Kenji Mizoguchi, l’altro regista giapponese che ha raccontato storie iconiche di done sofferenti e oppresse. Nelle storie di Ozu, gli uomini conservano le tradizioni e replicano vecchi schemi. Le donne, come Noriko Somiya in Tarda Primavera o Noriko Hirayama in VIaggio a Tokyo – entrambe interpretate dalla musa di Ozu, Setsuko Hara – vogliono rompere le regole e rivendicare dignità, libertà e diritto all’autodeterminazione, senza venire per questo discriminate.
Ciò che è unico in Ozu è che queste rivoluzioni individuali sono pacifiche. Rompono i vecchi schemi senza ricorrere alla violenza, per preservare le relazioni umane e familiari. Queste donne continuano a prendersi cura dei loro genitori, anche in presenza di radicali divergenze, anche se non sono i loro genitori biologici come in Viaggio a Tokyo. Come Drive my Car di Ryosuke Hamaguchi o Un affare di famiglia di Hirokazu Kore’eda, i film di Ozu risuonano ai poli opposti delle recenti variazioni sullo stesso tema.
Titane di Julia Ducournau, vincitrice della Palma d’Oro nel 2021, esplora il conflitto tra relazioni e indipendenza, identità, ribellione e, infine, la libertà di essere chiunque si voglia essere, ma lo fa sottoponendo il pubblico a una violenza estrema, scegliendo di traumatizzare in maniera deliberata e gratuita. Perseguire un cambiamento radicale senza violenza o vendetta è più complesso: significa abbracciare la diversità e l’ambiguità, perseguire il dialogo con pazienza e a ogni costo. Promising Young Woman di Emerald Fennel, che ha vinto il premio Oscar per la migliore sceneggiatura, ritrae una società in cui tutti gli uomini sono stupratori o potenziali stupratori e assassini o, nel migliore dei casi, complici di omicidi e stupri.
Anche nel mondo di Ozu gli uomini sono oppressivi e la violenza è presente; meno visibile, perché intrinseca nel linguaggio e nella struttura patriarcale della società giapponese. In questi film, le donne giapponesi lottano per i loro diritti e innescano il cambiamento poco a poco, senza violenza, senza sconvolgere le relazioni, e affrontando il loro dolore senza infliggere ulteriore dolore ad altri.
L’urgenza di un nuovo approccio alla Leadership
A livello artigianale, Ozu trasforma limiti tecnici in soluzioni creative. La sua saggezza Zen può ispirare i leader che stanno affrontando emergenza climatica e crisi economiche sempre più ricorrenti. L’idea di non muovere mai la macchina da presa è venuta in mente a Ozu dopo essersi reso conto di non avere a disposizione i mezzi tecnici per muoverla come avrebbe voluto. Così ha scelto un approccio sostenibile e ha trasformato le restrizioni economiche in un nuovo, unico, radicale e rigoroso sguardo cinematografico costruito sull’antica immobilità della pittura tradizionale e sulle origini del cinema come ripresa fissa.
Un altro principio di sintesi economica de espressiva seguito da Ozu è il concetto di Mu, il vuoto, che non è un vuoto qualunque, ma è il vuoto silenzioso che precede l’idea e la presenza. Si basano sul Mu gli inserti tipici di Ozu: inquadrature vuote che segnano il passaggio da una scena all’altra. Il Mu è l’alternativa alla classica dissolvenza incrociata, ma rappresenta anche l’immobilità delle cose e degli spazi in attesa di essere abitati. Ozu diceva che è impossibile dimorare in un luogo, se prima il luogo non è vuoto. Ecco perché ci sono inquadrature apparentemente vuote in tutti i suoi film. Sono momenti tranquilli in cui il pubblico può abitare il mondo cinematografico di Ozu e contemplarlo, in attesa che i suoi personaggi si presentino e che la storia prosegua. Mu è anche il silenzio che precede l’atto creativo e l’ideogramma sulla tomba di Ozu.
Un esempio radicale e controintuitivo nell’epoca dei social media.
Il concetto di Mu può ispirare un approccio innovativo alla leadership: cura intesa come lasciare spazio per far emergere il nuovo dall’essenza delle cose e delle persone. Martin Heidegger aveva espresso un principio simile in Essere e Tempo: “La cura è il brillare dell’essenza nelle cose concrete”.
In tutto il mondo stiamo assistendo a cambiamenti epocali. L’applicazione da parte della Politica e dell’Ecomomia dei principi del Monozukuri e del Mu sarebbero un’alternativa all’arida circolarità e alla insostenibile logica del mero profitto. I lavoratori chiedono opzioni più flessibili e ambienti più sani alle proprie imprese. I datori di lavoro dovrebbero fronteggiare il preoccupante Great Resignation trend, adottando un nuovo stile di leadership che applichi Monozukuri e Mu per evolvere soluzioni ibride di smart working in wise working: un modello organizzativo incentrato su KEI (Key Evolution Indicators) piuttosto che KPI (Key Performance Indicators), in cui il vero motore della prosperità (che contiene il profitto) risiede nello spazio disponibile per processi non distruttivi ma dirompenti di sviluppo del potenziale umano.