Stranger Things | Lunga vita ai nuovi anni '80
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Il 15 luglio 2016 hanno debuttato su Netflix i nove episodi della prima stagione di Stranger Things. All’epoca, i fratelli gemelli Matt e Ross Duffer, creatori, showrunner e sceneggiatori della serie TV, erano alle prime armi nell’industria cinematografica. Così come il cast di adolescenti doveva ancora dimostrare talento. Sette anni dopo, la serie si avvia verso la tanto attesa chiusura dopo il successo della quarta stagione. Quest’ultima l’ha resa il prodotto televisivo più visto del 2022, con oltre 52 miliardi di minuti visti in tutto il mondo. Un risultato inaspettato per quello che ad oggi è un fenomeno di massa.
Stranger Things è riuscita a produrre una sintesi del meglio della creatività degli anni ’80, in un omaggio al genio di Steven Spielberg e Stephen King. Un immaginario ancora attuale, scrive l’autore, “per le forze artistiche che ha scatenato e il cambiamento sociale che ha scatenato”. Amicizie indelebili, corse in BMX, poteri psichici inimmaginabili, esperimenti governativi loschi e creature da un’altra dimensione si combinano per creare un omaggio in technicolor a un’epoca che non risulta mai superficiale o obsoleta. Al contrario, in Stranger Things il più mitico e idealizzato dei decenni appare più vivo e pulsante che mai, grazie a una trama avvincente e all’interpretazione dei giovani protagonisti, arricchita da una selezione ammiccante di riferimenti musicali e visivi.
Un mix esuberante che non può non suscitare la nostalgia del pubblico. Soprattutto per la giovinezza, le avventure spensierate e l’esplorazione di mondi sconosciuti.
- Benvenuti a Hawkins
- Operazione Nostalgia
- I tanti volti degli anni ’80
- L’enciclopedia degli adolescenti
- La parabola di Eleven e Hopper
- Il gioco delle citazioni in Stranger Things
- Il Sottosopra nel mondo reale
Benvenuti a Hawkins
La trama segue una successione di eventi inquietanti che hanno luogo a Hawkins, un’immaginaria cittadina di campagna nell’Indiana, Stati Uniti. Il giovane Will Byers (Noah Schnapp) scompare nel nulla dopo una notte trascorsa con i suoi migliori amici: Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb MacLaughlin). La comunità è sotto shock e inizia subito la ricerca.
Lo sceriffo Jim Hopper (David Harbour) e la madre di Will, Joyce (Winona Ryder), sospettano il coinvolgimento di un misterioso laboratorio locale, dove sembrano aver luogo esperimenti sinistri.
Mike, Lucas e Dustin si imbattono in una misteriosa ragazza, interpretata da Millie Bobby Brown, con il numero 11 tatuato sul polso. La bambina, ribattezzata Eleven, è dotata di incredibili poteri telecinetici e telepatici ed è ricercata da spietati agenti governativi. Hopper e i ragazzi si trovano faccia a faccia con il Sottosopra. Una dimensione parallela in cui vive una creatura inquietante, dove si trovano tutte le risposte al passato di Eleven e alla scomparsa di Will.
Operazione Nostalgia
Le citazioni degli anni ’80 permeano ogni aspetto narrativo e stilistico di Stranger Things, dal concetto di partenza fino ai più piccoli dettagli. Quasi ogni inquadratura nasconde easter egg e omaggi alla cultura pop di quel periodo, sparsi tra gli oggetti di scena o impliciti nell’azione dei personaggi. Gli showrunner hanno elencato oltre 25 riferimenti relativi all’industria cinematografica dell’epoca.
La creazione dei fratelli Duffer combina due filoni narrativi che caratterizzano le opere di finzione degli anni Ottanta. Da un lato, il genere avventura e di crescita alla The Goonies, Stand By Me, IT e il franchise di Indiana Jones. Dall’altro, la fantascienza e l’horror, che rimane prolifico per tutto il decennio: Alien, E.T. – L’extraterrestre, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Poltergeist, Ghostbusters-L’acchiappafantasmi, Dal Profondo della Notte sono solo alcuni omaggi. Inoltre, è evidente l’influenza di alcuni cult degli anni ’90, tra cui Twin Peaks, Il silenzio degli innocenti e X-Files.
A supporto dell’estetica visiva arriva l’audio, che gioca un ruolo fondamentale nel trasmettere l’atmosfera vintage. La colonna sonora di Kyle Dixon e Michael Stein è composta mescolando sintetizzatori analogici e filtri digitali, per rafforzare la coerenza con la sceneggiatura. Le partiture originali si alternano a 200 hit degli anni ’80. Alcune hanno ruoli narrativi chiave. Basti pensare a Should I Stay or Should I Go dei The Clash e a Running Up That Hill di Kate Bush. Canzoni capaci di scalare le classifiche di Billboard dopo l’uscita della quarta stagione nell’estate del 2022.
I tanti volti degli anni ’80
Una rete così fitta di riferimenti audiovisivi fa rivivere una versione vivace e sfaccettata degli anni Ottanta, arricchita di dettagli e sfumature. I nerd appassionati di Dungeons & Dragons e del Signore degli Anelli, i metallari, la comunità punk, i ragazzi della squadra di basket del liceo: ogni personaggio rappresenta un’anima del decennio. Questo mix compone un ritratto corale, anche se in parte idealizzato, di un’epoca di prosperità economica, libertà individuale, creatività e possibilità illimitate. Dalle acconciature all’abbigliamento, dalle biciclette ai negozi e ai centri commerciali di Hawkins, tutto contribuisce a creare un’estetica suggestiva tornata in voga.
A partire dalla terza stagione, emerge una narrazione storica più critica, dal momento che vengono portati alla luce alcuni lati controversi della presidenza di Ronald Reagan. Infatti, a fare da contrappunto al consumismo dilagante c’è l’ombra della disuguaglianza sociale, già tema centrale de I Goonies.
Il personaggio che ne è maggiormente testimone è Joyce. Una madre sola, fuggita dal marito alcolizzato e costretta a fare turni massacranti per arrivare a fine mese. La comunità di Hawkins rappresenta la parte pià bigotta e conservatrice dell’America, così come viene ritratta in molte opere di King. La società rifiuta i non conformisti e li emargina, relegandoli ai confini della società. Il concetto stesso di Stranger Things è stato ispirato dalle teorie cospirative diffuse all’epoca, legate a presunti esperimenti governativi come il Progetto Montauk.
L’enciclopedia degli adolescenti
Nel complesso, Stranger Things è un viaggio a misura di bambino nella mitica gioventù degli anni Ottanta. Riesce ad attirare un vasto pubblico, dai boomers ai millennials fino alla generazione Z, con un insieme di personaggi di grande impatto. La maggior parte del cast è formato da giovani emergenti, affiancati dall’esperienza di Winona Ryder e David Harbour, che permettono agli showrunner di esplorare le tematiche genitoriali. I giovani protagonisti mettono in scena quella che la critica cinematografica Maureen Ryan definisce una “miscela vincente di innocenza, cameratismo, sarcasmo e paura”. Tagline come “gli amici non mentono”, ripetute come un mantra nel corso della serie, racchiudono la sostanza di un’amicizia pura, che diventa sempre più forte e profonda.
Per facilitare l’identificazione dello spettatore con il gruppo di adolescenti, la serie imita il loro linguaggio e il loro modo di pensare. La trama è realizzata in modo da replicare lo svolgimento di popolari giochi da tavolo, come Dungeons & Dragons. I personaggi tendono ad agire in gruppo e ad affrontare un nemico comune da diversi fronti. Fanno leva sulle loro abilità. Inoltre, identificano le inquietanti creature del Sottosopra come quelle che animano le storie che amano condividere. Si avvicinano all’alterità e all’ignoto con mente aperta e audace curiosità.
Man mano che i ragazzi si avvicinano all’adolescenza, lo show tocca tematiche complesse e penetranti. Dal conflitto generazionale al genere, dalla perdita alla depressione, fino all’emarginazione. Non si rinuncia mai alla leggerezza di un prodotto pensato per i giovani, che costituisce così un modello di crescita prezioso e formativo. Non a caso, come nella saga di Harry Potter, la maturazione degli attori e del pubblico è andata di pari passo con un graduale aumento della componente dark e horror, specchio dell’interiorità sempre più stratificata e intricata dei personaggi.
La parabola di Eleven e Hopper
A rubare la scena per ampi tratti della serie è Millie Bobby Brown, “che ha reso”, ha detto Rob Sheffield, “un’ eroina popolare istantanea una strana ragazza dalla testa rasata di nome Eleven”. Nelle prime puntate il suo personaggio è quasi muto. Ciononostante, l’interpretazione dell’attrice risulta magnetica e incisiva. Cattura la piena attenzione dello spettatore grazie a un lavoro meticoloso sulla gestualità e sull’espressività.
I tratti distintivi di Eleven mostrano una chiara influenza del macroverso di King. I suoi modelli principali sono Charlie McGee di Firestarter e Carrie White dell’omonimo romanzo. Come loro, è una sensitiva, capace di controllare gli oggetti e di penetrare nella mente delle persone. Ma è anche fragile e vulnerabile, quindi si trova sulla sottile linea di confine tra un mostro incontrollato e una bambina manipolata e indifesa. Dopo un’infanzia trascurata, Undici intraprende un processo per diventare umana. Imparerà a socializzare, amare ed essere amata, gestire le sue debolezze e i suoi poteri. Su questo terreno, è facilmente paragonabile a Mercoledì Addams, un altro punto fermo dell’universo teen di Netflix. Entrambe sono coinvolte in un percorso di crescita personale, pur mantenendo la loro affascinante aura di outsider.
L’arco narrativo di Undici è parallelo all’evoluzione di Hopper. Uno sceriffo asociale i cui modi scontrosi nascondono una ferita non rimarginata. In realtà l’arrivo della ragazza cambia la sua vita. Gli dà un nuovo scopo, abbattendo il muro che aveva costruito per escludere il resto del mondo. Un legame istintivo tra due emarginati.
Il gioco delle citazioni in Stranger Things
Nel complesso, ciò che ha reso la creazione dei fratelli Duffer una delle produzioni di punta di Netflix è il sentimento di nostalgia. Hanno avuto successo nell’infonderla nel pubblico. Stranger Things è un chiaro esempio della tendenza al citazionismo che si vede ad esempio ne l‘Acchiappafantasmi: Wonderful Life, Super 8, Top Gun: Maverick e Everything Everywhere All at Once. Inoltre, un’efficace campagna di comunicazione sostenuta da partnership di retromarketing con marchi noti ha accompagnato il lancio di ogni stagione. In questo modo la serie è uscita dagli schermi, entrando nello stile di vita del suo fandom, affascinato da un’epoca in cui avrebbe voluto vivere. È qualcosa di simile all’esperienza del personaggio di Midnight in Paris, Gil Pender, che viene catapultato per caso nel periodo storico che ha sempre sognato di vivere
Il Sottosopra nel mondo reale
Che si tratti di nostalgia o pseudo-nostalgia, la serie contribuisce ad alimentare un sentimento caratteristico di questi tempi, definito dalla professoressa Svetlana Boym come “un desiderio di un tempo diverso, il tempo della nostra infanzia, i ritmi più lenti dei nostri sogni”. Non è un caso che gli anni Ottanta tendano ad associarsi alla libertà all’esuberanza e alla spensieratezza. Sono tutti attributi tipici della gioventù. Grazie a questa sovrapposizione, quel decennio è diventato un’età dell’oro, in contrasto con un presente percepito come grigio e poco attraente.
Lo show agisce come una sorta di Sottosopra: una dimensione alternativa al mondo reale dove trovare distrazione e sollievo dalla routine quotidiana. Ma anche uno specchio della natura umana, dove i bambini diventano adolescenti e, infine, adulti. Quando uscirà la quinta e ultima stagione, i suoi protagonisti non saranno più bambini. Il tempo scorre anche in Stranger Things. Ciò che rimane immutato sono i legami di amicizia, che rendono la serie un rifugio struggente e caro a milioni di appassionati.
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