Aftersun di Charlotte Wells | Il valore di ciò che sembra insignificante
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Il film mi ha lasciato una sensazione di intimità.
La riflessione dell’attore irlandese Paul Mescal, stella emergente nel cinema internazionale, potrebbe sembrare poco adatta a un film acclamato alla 75ª edizione del Festival di Cannes. Ma ciò che rende Aftersun un racconto intimo è soprattutto il tema: al centro del debutto alla regia della scrittrice e regista scozzese Charlotte Wells c’è una relazione fra una giovane donna e suo padre.
Aftersun ha lasciato il segno sulla critica e sul pubblico, riuscendo a trasmettere le complesse sfumature emotive di un rapporto padre-figlia. Grazie a una cura meticolosa e a un’estetica digitale vintage, Wells ha creato un’opera unica. Inoltre, il montaggio e la colonna sonora catturano l’essenza degli anni ’90 come una perfetta macchina del tempo, contribuendo a renderla universale.
Il film vanta una candidatura per la performance di Mescal alla 95ª edizione degli Academy Awards, un premio alla 76ª edizione dei British Academy Film Awards e uno ai British Independent Film Awards. Inoltre, si è classificato al primo posto nella graduatoria dei 50 migliori film del 2022, secondo Sight and Sound.
- Ricordi analogici di un’esperienza frammentaria
- La ricerca dei protagonisti di Aftersun
- La fotografia di Gregory Oke
- Una svolta generazionale
- Realizzare e ammirare: Aftersun come film meta-cinematografico
- Il video come memoria vivente
Ricordi analogici di un’esperienza frammentaria
Nei primi secondi del film si sente il suono delle cassette – i nastri che si riavvolgono, vengono espulsi e si caricano. Poi, riconosciamo le immagini pixellate e i colori dei primissimi video in digitale. Vediamo le clip di un padre e sua figlia in vacanza. Poi, quando il video si ferma, possiamo distinguere il volto riflesso della donna adulta che guarda le cassette.
Aftersun può essere interpretato come uno studio del personaggio. Tuttavia, nulla di così straordinario succede nella vita dell’undicenne Sophie (Frankie Corio), mentre trascorre le vacanze in un resort turco con il suo giovane padre, Calum (Paul Mescal). I due provano a usare una nuova videocamera. È evidente fin da subito che la madre di Sophie e Calum sono separati, e che quest’ultimo – sebbene sia a tratti un idealista – è profondamente smarrito e mostra segni di depressione. Tuttavia, riversa tutto il suo amore sulla figlia. Alle scene della vacanza si alternano quelle oniriche di un rave. In questa linea narrativa immaginata da Sophie, la donna, ormai adulta e madre (interpretata da Cecilia Rowlson-Hall), cerca di raggiungere la figura di suo padre. Quest’ultimo, ancora giovane, balla a perdifiato.
Non sappiamo cosa abbia spinto Sophie a riguardare i vecchi filmati. Inoltre, non siamo a conoscenza di quanto sia avvenuto negli anni tra padre e figlia, dopo quella vacanza. Molto è lasciato all’immaginazione. Aftersun, infatti, si focalizza su momenti frammentari del loro tempo insieme. Il tutto è riempito di amore e da un’inconfondibile sensazione di malinconia.
La ricerca dei protagonisti di Aftersun
Dopo aver scritto Aftersun e sviluppato la sua sceneggiatura al Sundance Screenwriters Lab nel 2019, Wells si è messa alla ricerca del cast per i ruoli su cui avrebbe basato l’intero film. Dal primo incontro era convinta di Mescal. Infatti aveva notato la sua performance in La figlia oscura (The Lost Daughter) e Persone Normali (Normal People). Dopo aver letto la sceneggiatura tutta d’un fiato, Mescal se n’è subito apassionato.
Per trovare Frankie Corio, Wells e la direttrice creativa Lucy Pardee hanno esaminato più di 800 candidature in sei mesi. Alla fine, le audizioni dal vivo hanno dimostrato che Corio “non solo era spontanea, ma che le sue reazioni e la sua trasparenza risultavano irresistibilmente affascinanti per la telecamera”, come si legge sulle note stampa di Aftersun. Mescal e Corio hanno dedicato tempo a costruire un legame autentico fuori scena. Questo ha facilitato la naturale trasposizione del loro rapporto padre-figlia sullo schermo. In questo modo, Wells è riuscita a dar vita all’atmosfera che li avvolgeva.
La fotografia di Gregory Oke
Aftersun segna un nuovo capitolo della collaborazione tra Wells e il direttore della fotografia Gregory Oke. Il loro legame professionale risale a quando entrambi erano studenti alla NYU. Per creare il linguaggio visuale della memoria di Sophie, i due si sono aiutati con le loro foto di famiglia. Inoltre, si sono ispirati ai vivaci colori delle palette anni Novanta. Nei ricordi di Sophie, il mondo si tinge di rosso e di blu.
Queste foto si sono rivelate essenziali per stimolare una riflessione sul tema dello sguardo rivolto al passato. La prospettiva centrale del film è quella di Sophie che, adulta, guarda vecchi nastri nel suo appartamento. Ma al suo interno si intrecciano diversi sguardi e punti di vista. A volte ci troviamo a osservare un ricordo sensoriale diretto. Altre volte è raccontato come una storia, o ancora qualcosa di immaginato o idealizzato, avvenuto mentre Sophie non era presente o cosciente.
Gregory Oke (from Aftersun Press Notes) Gregory Oke (dalle note di stampa di Aftersun)
Il potente immaginario che scaturisce da questo materiale amplifica l’autenticità dei dialoghi tra Frankie e Calum. Questi momenti rappresentano il cuore sottile e pulsante della storia.
Una svolta generazionale
La vacanza di Calum e Sophie avviene a fine anni ’90, un’era segnata dall’innovazione tecnologica. I protagonisti mettono in funzione la nuova videocamera MiniDV per filmare la loro vacanza. L’estetica dei primi video in digitale è perfetta per un film del 2022. La seconda decade degli anni Duemila infatti segna un grande ritorno dell’amore per la prima fase del digitale, almeno per la Generazione Z.
Il ritorno in auge dell’estetica digitale degli inizi si inserisce nel periodo di rilancio della Polaroid, a metà 2010, testimoniato – e alimentato – dalla popolarità di dispositivi come la Fujifilm Instax Mini. La Gen Z ha inoltre rispolverato, con grande interesse, la fotografia analogica. In questo momento, le macchine fotografiche usa e getta sono tornate di tendenza. I giovani hanno nostalgia dei supporti fisici.
Le pellicole stimolano una sensazione tattile. Puoi tenerle fra le mani. Vi compaiono i segni del tempo e dell’usura. […] Si graffiano, proprio come succede ai nostri corpi. L’immagine digitale, al contrario, rimane fissata da qualche parte, in un universo digitale, raggiungendo forse un livello di perfezione inorganico e privo di umanità.
The Return of Analog Film in a Digital Age di Ray Shehadeh
In un’era di rapida digitalizzazione, dominata da supporti intangibili come il Cloud, una generazione cresciuta in un contesto di incertezze strutturali e sociali sceglie modalità tangibili per preservare i ricordi. Anche le forme di media più datate offrono una percezione di autenticità che, nel mondo digitale, è messa a rischio da IA e deepfake. Aftersun è un film pervaso dal valore emotivo e dal rito di fruizione dei media fisici.
Realizzare e ammirare: Aftersun come film meta-cinematografico
Prioprio come per il tappeto turco che Calum ammira in un negozio e che Sophie alla fine riceve in eredità, il film è un tessuto di bellezza unica. Solo facendo un passo indietro si riesce a cogliere il disegno che Charlotte Wells ha sapientemente intrecciato. Sono i tentativi di una bambina di comprendere il proprio genitore. In un contesto meta-cinematografico, Aftersun esplora il potenziale dell’arte come mezzo per comprendere meglio noi stessi e gli altri, nell’ambito delle relazioni umane.
Come avviene nell’opera dello scrittore e poeta vietnamita-americano Ocean Vuong, Brevemente risplendiamo sulla terra, Aftersun è un’autofiction che offre l’opportunità di allontanarsi dalla realtà grazie all’immaginazione. Sia nella narrazione sia nella vita reale, Wells suggerisce che il film rappresenti un esercizio catartico e uno strumento per creare significato.
Calum e la giovane Sophie si filmano l’un l’altra, a turno, catturando istanti preziosi del loro rapporto. Nei momenti finali del film, Sophie punta il registratore verso di noi. La ripresa si sposta lentamente su Calum, che punta il registratore verso il pubblico. Poi lo ripone e se ne va. Questo gesto richiama l’immagine di padre e figlia che si osservano a vicenda, cercando di comprendersi, ma in momenti distinti. È anche una rottura della quarta parete, che coinvolge il pubblico e invita il nostro sguardo a cercare di comprendere. Wells, nel tentativo di comprendere, pone una domanda esistenziale: saremo mai capaci di comprenderci davvero? Ma soprattutto, vale la pena provarci?
Il video come memoria vivente
Il filmato che Sophie e Calum girano mentre sono in viaggio può raccontare diverse storie, a seconda di chi le guarda. L’inafferrabilità di questi ricordi e souvenir digitali per Sophie fanno capire quanto l’arte, la memoria e la realtà siano in effetti soggettivi. È una straordinaria dimostrazione del potere di ognuno di noi, gli spettatori, nel dare significato ai ricordi e alle immagini.
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