Perfect Days di Wim Wenders | La resistenza delle piccole cose
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Perfect Days di Wim Wenders | La resistenza delle piccole cose

Perfect Days di Wim Wenders | La resistenza delle piccole cose

Postato il 18 Febbraio, 2024

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123'

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Cinematographer

Production Designer

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Komorebi è una parola giapponese che significa “luce del sole che filtra tra alberi”. È una visione fugace, irripetibile, che può rimanere a lungo impressa nella mente. La letteratura giapponese ha spesso usato il termine komorebi come metafora per descrivere la transitorietà della vita. I raggi del sole che filtrano attraverso i rami sono come quei momenti di bellezza che illuminano la quotidianità.

Il regista e sceneggiatore tedesco Wim Wenders torna al cinema nel 2023 con un film intimista e poetico che celebra la bellezza del quotidiano e fa di queste visioni il concetto cardine. Perfect Days racconta la storia di Hirayama (Koji Yakusho), un uomo solitario che conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta. Nel corso del film lo vedremo ammirare il komorebi in un silenzio rituale. Addetto alle pulizie nei bagni pubblici di Tokyo, Hirayama si dedica con cura a tutte le attività della sua giornata, dal lavoro alla musica, ai libri, alle piante e alla fotografia. Perfect Days è un’ode alla bellezza dell’ordinario, un invito a riscoprire la meraviglia del mondo che ci circonda. Un film che ha molto da dire e lo fa con pochissime parole.

La ripetizione di un gesto

L’interpretazione di Koji Yakusho, nei panni di Hirayama, è uno dei punti di forza del film. L’attore giapponese è straordinario nel dare vita a un uomo riservato e introverso che trova la felicità nella reiterazione di piccoli gesti. Atti performativi che compongono una coreografia armoniosa nascosta nel disordine delle cose, anche quando si tratta di pulire i bagni pubblici. Hirayama preferisce trascorrere il tempo da solo, ascoltando musica rock su vecchie cassette, come un rito quotidiano, che sia The House of the Rising Sun del gruppo britannico The Animals o Perfect Day di Lou Reed.

Come osservato da Silvio Danese per Cinematografo, in Perfect Days il lavoro di Hirayama è rappresentato come una forma d’arte, o kata. Questo termine giapponese indica una sequenza di movimenti codificati, che si ritrovano in diverse arti marziali e nel teatro No. Nel caso di Hirayama, il kata della pulizia è una forma di espressione della sua naturalezza quotidiana. Il film non si limita a rappresentare la pulizia come un’attività estetica o simbolica, ma diventa prima di tutto un’azione rigenerativa, che porta all’umiltà. Come afferma Hidesaburo Kagiyama, manager giapponese e autore del best-seller sull’imprenditoria Toilet cleaning management. Una dirompente strategia manageriale, chiunque si dedichi alla pulizia dei servizi igienici comincerà in modo naturale ad avere uno stato d’animo caratterizzato dall’umiltà.

La resistenza intima

Il filosofo e saggista spagnolo Josep Maria Esquirol la chiama la resistenza intima, una forma di lotta per l’esistenza nella presenza e nella prossimità che si oppone alle immagini di vuoto dell’esperienza nichilista. “Esistere è già, in parte, resistere“, afferma il filosofo. Resistenza intesa non come ostacolo che si frappone tra l’uomo e il desiderio, ma come pulsione fondamentalmente umana nell’affrontare i processi di disintegrazione e corrosione dell’ambiente circostante. Per esempio, la pulizia rituale e il conservare vecchie cassette a nastro. Salvare i germogli in un parco e annaffiare delle piccole piante.

Una delle dimensioni della realtà, ancor più in un contesto ultra-capitalista come quello di Tokyo, è una forza disgregratrice. La letteratura esistenzialista ha sempre proposto una visione dell’uomo come progetto, della vita come costruzione e avventura. Ma se questa narrazione è ormai sfruttata dal sistema, per Wenders l’attivista è il lavoratore che non mira a una realizzazione espansiva, ma a una protettiva e riparatrice.

Il silenzio di chi si raccoglie è un silenzio metodologico – letteralmente, è un cammino – che cerca di vedere meglio. Aguzzare i sensi, aprirli essere vigili; trasformare gli occhi in orecchie e le orecchie in occhi.

Josep Maria Esquirol, La resistenza intima. Saggio su una filosofia della prossimità, Vita e Pensiero, 2018.

I simboli

Le giornate in Perfect Days sono molto simili eppure uniche. Sono molto silenziose eppure musicali. Quella che si potrebbe configurare come una profonda solitudine di Hirayama è in realtà l’esatto opposto. La sua presenza lo rende un compagno quotidiano di ogni elemento che popola le sue giornate. Al contrario di Roquentin, il protagonista de La nausea di Jean-Paul Sartre, che vive da solo e non parla con nessuno, “non riceve niente, non dà niente”.

Né ricevere né dare nulla si configura come una posizione agli antipodi esatti della presenza di Hirayama, che invece è sempre pronto ad accogliere la parola. Il suo pensare è generoso e il suo agire cosciente. Per citare ancora Esquirol: “Non esiste resistenza senza modestia o generosità. Per questo, la presunzione e l’egoismo sono sintomi della sua assenza”. Di coloro che non riescono a resistere nel quotidiano. Wenders ha un talento speciale nel catturare la poesia della quotidianità, e qui raggiunge il suo apice in una serie di simboli potenti che è curioso approfondire. 

L’albero e le piante

Hirayama, durante la pausa pranzo, si siede al parco e osserva la luce del sole filtrare tra i rami. L’albero è un simbolo di caduta e rinascita, esprime taglio e continuità ed è centrale nel simbolismo zen. E quando si siede a contemplare il komorebi, è una presenza totale e sensibile. A differenza dell’elefante del circo di Manzhouli, nel film An Elephant Sitting Still di Hu Bo, la cui seduta rappresentava invece l’inedia e la resa di fronte alla vita. Quella del protagonista di Perfect Days è ammirazione partecipe. 

Esquirol sostiene che la felicità non è qualcosa che si trova, ma qualcosa che si crea. È un processo che richiede impegno e si basa sulla capacità di apprezzare le piccole cose della vita. Hirayama è un personaggio che incarna perfettamente questa visione della felicità. La sua vita è fatta di piccoli gesti, ma è proprio in questi gesti che si nasconde la bellezza. La cura con cui annaffia ogni giorno le piccole piante è un elemento che rende la sua vita significativa. Come ne Il piccolo principe, è il tempo perduto per la rosa che ha reso la rosa importante.

L’analogico

Wenders ritrae l’armonia e la solitudine di Tokyo attraverso i luoghi che la caratterizzano. Questo approccio immediato e sensoriale consente allo spettatore di immergersi nella vita della città e di percepire la presenza di Hirayama in ogni luogo che frequenta. Un altro simbolo che questa volta permette di analizzare il tema dell’impermanenza in Perfect Days sono le audiocassette e le foto in pellicola. La cassetta a nastro, un formato ormai obsoleto, è un simbolo della fragilità e della transitorietà della vita. Per Hirayama, ascoltare le audiocassette è un’esperienza che permette di riconnettersi con il passato. I nastri, con il loro suono a tratti infedele, sono un ponte tra presente e passato, tra materiale e immateriale. Una cura spontanea e disinteressata. Anche quando Takashi (Tokio Emoto), collega del protagonista, cerca di fargli capire – e sfruttare – il valore economico per i collezionisti, Hirayama semplicemente reagisce con indifferenza.

La fotografia in pellicola si erge a simbolo tangibile di attesa. In un’era dove l’istantaneità è uno dei modi di darsi del reale, la pellicola evoca un processo più lento, sottolineando la transitorietà dell’attimo catturato e la delicatezza nel suo sviluppo. In questa riflessione, la pellicola diventa non solo medium artistico, ma un’espressione di un tempo passato. Un passato affrontato con un impegno che, in contrasto con la superficialità, assume valore di rara bellezza. L’analogico delle cassette è il punto di contatto tra Hirayama e Aya (Aoi Yamada), una ragazza amica di Tajashi, che a differenza del ragazzo, rappresenta una gioventù che sente il richiamo delle proprie radici, di un altro ritmo e di un altro modo di vivere.

La casa

Nel film il vuoto dissolve i limiti, disintegra la finitezza e rivela la reciprocità. La vita di Hirayama inizia e finisce a casa. La casa è il simbolo della salvezza dalla dissoluzione. Il rifugio di fronte alle forze della sparizione. L’abisso si attenua provvisoriamente grazie alla protezione della casa che è curata come un tempio, con i suoi rituali. Per questo la modesta dimora del protagonista sembra perfetta per rappresentare il rifugio. Il centro ristretto richiede limitazione.

Come sosteneva il filosofo francese Gaston Bachelard ne La poetica dello spazio, occorre una casa all’interno di una casa più grande per sperimentare il raccoglimento e una vita senza problemi. Come il bambino che improvvisa una capanna con dei cuscini sotto il tavolo, in Perfect Days Hirayama si stende nella sua coperta sul tatami per leggere prima di andare a dormire. Ne La terra e il riposo, invece, Bachelard si chiedeva se fosse più casa quella in cui si dorme o quella in cui, una volta addormentati, si va a sognare. E infatti ogni notte, con regolarità, Hirayama sogna, sogna dell’infanzia, senza colori.

Perfect Days
Image courtesy of Perfect Days – Wim Wenders, via Lucky Red – Press

I luoghi

Wenders, in Perfect Days, utilizza inquadrature precise, attente e curate per sottolineare l’importanza dei luoghi nella vita di Hirayama. L’abitacolo del furgone da lavoro è un luogo semplice e spartano, ma è anche un rifugio familiare e confortevole. Il giardino è un luogo di pace; l’appartamento di raccoglimento.

I bagni pubblici, ognuno un’opera di design di un architetto differente, assurgono all’icona dell’ambiguità dello sguardo. Per un cittadino, sono semplici servizi igienici, per chi guarda e impara a osservarli con cura, diventano un tempio unico. E Hirayama ne è il sacerdote, spiega ai passanti come utilizzarli, ne custodisce le chiavi e permette loro l’ingresso. Infine, le toilette, con le loro inquadrature, rappresentano il contrasto tra la modernità e la tradizione di Tokyo. Il regista ha iniziato a lavorare al film proprio da qui, contattato da un’istituzione municipale per un documentario sulla nuova architettura dei bagni pubblici. La loro poetica si trasforma in breve nell’idea finale, con la quale l’autore continua a rendere omaggio al regista Yasujirō Ozu.

Perfect Days
Image courtesy of Perfect Days – Wim Wenders, via Lucky Red – Press

Tokyo e il cibo

Una Tokyo che Wenders ha esplorato più volte. Come in Tokyo-Ga (1985), un documentario che racconta la storia del regista che visita Tokyo per la prima volta. La città è sfondo e protagonista ancora una volta in Appunti di viaggio su moda e città (1989), una retrospettiva sullo stilista Yamomoto. Ne deriva che ogni elemento della città ha una sua seconda funzione narrativa.

Il Sentō, bagno pubblico tradizionale dove ogni giorno Hirayama si lava, rappresenta due forme di comunicazione non verbale giapponesi, la condivisione della nudità (hadaka no tsukiai) e l’intimità fisica (skinship). Il tavolino del bar è un luogo di socialità, dove Hirayama può incontrare gli altri e ascoltare le loro storie. Hirayama non mangia mai veramente da solo. Che si tratti di un tramezzino durante la pausa o un ramen dopo “una dura giornata di lavoro”: l’atto di godersi il cibo assume una dimensione spirituale. Solo chi è capace di una profonda solitudine può stare in compagnia.

L’ospite

Il desiderio di un’intimità protetta ha radici così profonde che sfugge. Ciò che ha di fondamentale la casa è proprio l’idea di poterci tornare. Ma la casa, in Perfect Days, assume una forma anche nell’accoglienza. Da quella offerta alla nipote ai favori quotidiani a chi abita la vita di Hirayama. Il filosofo ceco Jan Patocka asserisce che l’accoglienza essenziale è quella offerta al prossimo, l’altro è la vera casa:

Pertanto fin dall’inizio della vita l’uomo è immerso, radicato anzitutto nell’altro e questo radicamento nell’altro funge da mediatore per tutti gli altri rapporti. L’altro è primariamente colui che si prende cura dei nostri bisogni […]. L’altro – anzi, nella naturale e inevitabile rete di rapporti reciproci, gli altri – sono ciò che ci protegge, ciò grazie a cui soltanto la terra può diventare per me veramente terra, il cielo diventare cielo. Gli altri sono la dimora originaria.

Jan Patocka, Il mondo naturale e la fenomenologia, Mimesis. 2003.

La visita inaspettata della nipote Niko (Arisa Nakano), rompe la tranquillità di Hirayama. Niko è una ragazza ribelle e insoddisfatta della sua vita familiare. Fuggita di casa, cerca rifugio dallo zio. Hirayama sembra essere l’unico membro della famiglia con ha avuto un rapporto di vera intesa. L’arrivo di Niko riporta alla luce il passato. Il protagonista è infatti cresciuto in una famiglia borghese. Per ragioni che il film lascia solo ipotizzare, ha sentito di non appartenere a quel mondo e ha invece scelto di intraprendere questa carriera semplice e umile.

Perfect Days
Image courtesy of Perfect Days – Wim Wenders, via Lucky Red – Press

Resistenza o alienazione

In una società ultra-capitalista, la vita dei lavoratori è spesso caratterizzata da una routine opprimente e da una mancanza di controllo sul proprio tempo e sulle proprie attività. In questo contesto, la possibilità di una resistenza radicale, che si manifesti in forme di conflitto aperto, può sembrare remota. Il film di Wenders suggerisce che è sempre possibile trovare forme di resistenza, anche piccole e apparentemente insignificanti. Sarebbe facile vedere questi gesti come illusori o sintomi di un’alienazione totale.

Il lavoro di Hirayama rappresenta per antonomasia una mansione avvilente e umiliante. Come quando aiuta un bambino a ritrovare la madre e quest’ultima si preoccupa solo di igienizzare la mano del figlio. Nonostante questo, ogni gesto della composizione della quotidianità di Hirayama diventa una forma di riappropriazione del tempo e della vita, in cui realizzarsi. Quando la madre si allontana col figlio, senza nemmeno rivolgere la parola al protagonista, lui sorride soddisfatto al bambino e lo saluta con la mano. Il piccolo, di sfuggita, si gira e ricambia.

In un contesto in cui il ritmo è scandito dalla produzione e dal consumo Hirayama sceglie di ritagliarsi dei momenti per dedicarsi alle sue passioni. Mangiare in solitudine un tramezzino diventa un atto di resistenza alla frenesia. Allo stesso modo, la cura amorevole per le sue piantine, può essere vista come un atto di opposizione alla logica del consumo e dello scarto. Hirayama sceglie di prendersi cura di qualcosa di vivente e di fragile, che richiede tempo e attenzione. La scrupolosità e la ricerca permanente del miglioramento e della bellezza del gesto perfetto (shokunin) sono un’affermazione politica e ideologica.

I gesti di resistenza in Perfect Days non sono illusori o sintomi di un’alienazione totale. Al contrario, sono un modo per mantenere viva la propria umanità in un mondo che tende a disumanizzare e disgregare.

Feeling Good

Un senso di opprimente claustrofobia sorge quando si inizia a percepire la noia. Ma anche questa crolla con l’alba salvifica, nella commozione della bellezza della vita che, pur nella sua ripetizione, riserva sempre sorprese inaspettate, incontri inattesi e stupore: la sera prima si ritrova a bere in compagnia di un uomo appena conosciuto che si apre con lui, condividendo un prezioso momento di intimità. Il mattino dopo, un lungo primo piano di Hirayama che si scioglie in un pianto di emozione chiude il film. Dopo essere stati spettatori di tutto il mondo intorno, sul finale il pubblico si ritrova spettatore di Hirayama, della sua bellezza, quella di riuscire ad essere ancora sensibili. Perfect Days è un inno alla resistenza attraverso le piccole cose. Ricorda che la felicità è a portata di mano. Basta saperla coltivare ogni giorno, proprio come una piccola pianta.

Premi e nominations

Perfect Days è stato presentato in anteprima mondiale il 25 maggio 2023 in concorso per la Palma d’Oro alla 76ª edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto il Premio della giuria ecumenica e Koji Yakusho ha vinto il Prix d’interprétation masculine. Perfect Days ha ricevuto la nomination per Miglior film internazionale della 96° edizione degli Academy Awards.

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