The Handmaid's Tale Serie TV | Da distopia a simbolo di ribellione
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The Handmaid's Tale Serie TV | Da distopia a simbolo di ribellione

The Handmaid's Tale Serie TV | Da distopia a simbolo di ribellione

Postato il 06 Febbraio, 2025

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Alcune serie sono diventate iconiche e hanno avuto successo nella cultura popolare soprattutto grazie al loro reparto costumi. La giacca in pelle di Fonzie in Happy Days, il cappellino rosso, bianco e blu di Dustin in Stranger Things, e la tuta protettiva di Walter White su Breaking Bad sono solo alcuni esempi. Per non parlare poi di tutti i vestiti vintage anni Sessanta dei personaggi di Mad Men. Ma la combinazione del copricapo bianco a tesa larga e del mantello rosso è diventata un simbolo distintivo dell’oppressione femminile. The Handmaid’s Tale è una serie Hulu del 2017 che ha riscosso grande successo. Creata da Bruce Miller (Eureka, The 100), è un adattamento dell’omonimo romanzo di Margaret Atwood, scritto nel 1985. La stessa Atwood, in seguito all’inaspettata popolarità della serie, ha scritto anche un sequel, The Testaments, nel 2019.

Una storia di oppressione femminile

La storia si svolge a Gilead, quello che rimane degli Stati Uniti dopo che un’autocrazia religiosa ha preso il controllo del Paese in seguito a una crisi di natalità. Questo regime, patriarcale e maschilista, ha schiavizzato del donne, dividendole in tre caste. Ognuna è identificata da un colore che definisce la sua funzione e alimenta le rivalità interne. Le Handmaid (Ancelle) dal mantello rosso sgargiante sono le donne fertili che, dopo essere state assegnate a uno dei governanti, hanno il compito di farsi mettere incinta durante un rituale, la Cerimonia. Poi ci sono le Marte dagli abiti verde chiaro, che sono cuoche e domestiche. Le Zie dalle vesti marroni sono invece incaricate di indottrinare ed educare le Ancelle in stile militare. Infine, le mogli dei governanti, sterili ma in qualche modo libere (anche se sempre sottomesse ai mariti) indossano il turchese, colore della fedeltà, ma anche di frigidità e mutismo.

Il lato distopico della storia non è così inverosimile: secondo l’autrice, l’argomento è più narrativa speculativa che pura fantascienza. “Difred, in poche parole, è un prodotto fittizio del femminismo anni Settanta e si trova in una situazione che è una ricostruzione fittizia dell’opposizione contro i diritti delle donne che prese piede durante gli anni Ottanta”. Difred (Elisabeth Moss, la cui performance è intensa e straordinaria) è vittima e ribelle di una realtà perversa. È in lei che risiedono tutte le speranze del pubblico. 

Rivoluzionare le visuali

Prendere un contesto come quello dell’oppressione femminile sugli schermi significa rivoluzionare le visuali, andando oltre ai dialoghi. Ed è in questo che la serie è innovativa. L’uso di focus lenses 28mm permette di percepire ogni movimento dei personaggi. L’illuminazione volumetrica 3D crea texture e inonda le scene di iperrealtà. Le peculiari inquadrature fungono da salto emotivo tra l’ordine e il caos, tra presente e flashback.

Tutto ciò, insieme all’uso meticoloso di slow-motion, musica moderna e della voce interiore per sottolineare la progressiva trasformazione di Difred, ha portato The Handmaid’s Tale a vincere il Golden Globe e l’Emmy Award come miglior serie drammatica nel 2008. Inoltre, la serie ha ispirato numerose proteste femministe in tutto il mondo. Le donne hanno iniziato a marciare in strada indossando gli emblematici outfit bianchi e rossi. È molto più che una semplice storia.

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