L'ultima caccia di Kraven | La doppia natura dell'Eroe
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Ragno! Ragno! Bruciante di luce nella foresta della notte, quale mano o occhio immortale può aver composto la tua tremenda simmetria?
Questo verso compare molto spesso nella miniserie di Spider-Man L’ultima caccia di Kraven. È una rivisitazione dalla poesia The Tyger, scritta da William Blake. L’autore John Marc DeMatteis ha sostituito “Tyger” con “Spyder”, ma il significato rimane invariato. Esprime il concetto di dualità, sia nella doppia natura di un individuo, quella tra uomo e bestia, che in quella di due (o più) personaggi che interpretano la stessa idea. In questo caso, si riferisce alla figura dell’eroe e, nello specifico, a come Spider-Man lo incarna.
Ragno, ragno…
L’ultima caccia di Kraven parla di Kraven il Cacciatore e di come voglia raggiungere una volta per tutte il suo obiettivo: essere superiore a Spider-Man, il suo eterno nemico. E questo non significa solo sconfiggerlo, ma diventare lui stesso Spider-Man e dimostrare di essere migliore di lui nel suo stesso campo. Per questo droga Peter Parker e lo seppellisce vivo, impossessandosi della sua identità. Il modo migliore per dimostrare il suo punto di vista è sconfiggere Vermin, l’uomo-bestia cannibale che vive nelle fogne, e che Spider-Man è riuscito a sconfiggere una volta solo con l’aiuto di Capitan America.
I problemi psicologici ed esistenziali di Kraven vengono presentati fin dall’inizio: l’uomo riflette sulla sua vita, sui suoi genitori, immigrati russi in America, e su come la sua famiglia fosse caduta in rovina. E, differentemente da Spider-Man, che rappresenta la frenetica vita cittadina, Kraven torna con il pensiero al tempo trascorso nella giungla per riscoprire il suo lato più animalesco e primordiale.
Anime sofferenti
L’uomo a volte è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza, e questo è un dato di fatto.
Fëdor Dostoevskij
Quando DeMatteis ha iniziato a lavorare a L’ultima caccia di Kraven, non aveva pensato a Kraven per il ruolo del cattivo/protagonista. Ma poi si è imbattuto nella sua biografia e si è interessato a lui per un motivo ben preciso: Kraven era russo. DeMatteis ha sempre trovato affascinante lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Come dice nel suo blog, soprattutto nei romanzi Delitto e Castigo e I fratelli Karamozov, Dostoevskij riesce a “esplorare la dualità dell’esistenza” come nessun altro.
DeMatteis aggiunge sempre che tutti i rifiuti ricevuti prima dello sviluppo di questa storia sono stati necessari per la nascita della storia stessa. Questo perché, nel momento in cui scriveva, lui stesso stava vivendo un disagio interiore e vari problemi personali. Questo gli ha permesso di identificarsi ancora di più con i personaggi, conferendo “alla scrittura tanta premura e onestà emotiva”.
Tutti i personaggi provano una sofferenza intrinseca, infatti. Kraven riflette sul fallimento della sua vita mentre lotta con la follia e la depressione, piangendo i suoi genitori. Peter Parker sente l’agonia della perdita di un amico e ora percepisce la morte come una spada di Damocle. Mary Jane soffre per l’improvvisa scomparsa del marito. Vermin sperimenta costantemente la paura per il mondo in superficie, combattendo con la propria mente ormai distrutta.
La doppia faccia della natura umana
Il concetto di dualità entra in gioco attraverso la relazione tra Kraven e Spider-Man. Il cacciatore pensa che la sua esperienza nella natura selvaggia possa aiutarlo a diventare il nuovo Spider-Man, perché comprende l’aspetto primordiale dell’esistenza come nessun altro: vuole diventare Il Ragno. Pensa infatti che è proprio questo ciò in cui si trasforma l’uomo sotto la maschera ogni volta che oscilla tra i palazzi. Kraven non considera Peter Parker effettivamente un uomo: crede che perda la sua umanità a favore dello spirito animalesco, crudele e freddo dell’insetto.
Per giungere alla trasformazione, dunque, Kraven affronta un viaggio psicologico e fisico, che consiste anche in tuffarsi in casse piene di ragni, mangiarne a piene mani e assumere droghe che gli procurano allucinazioni mostruose. All’interno di questa follia, inizia a chiedersi quale sia diventata ormai la sua identità: Sergei Kravinoff, Kraven il cacciatore o Il Ragno.
L’umanità di Peter Parker
È proprio la percezione alterata di Kraven di cosa significhi essere Spider-Man che lo fa smarrire. Alla fine, Kraven crede persino di aver raggiunto il suo obiettivo, catturando Vermin. Non ha mai capito che l’eroe prende forza dalla propria umanità, invece di esserne indebolito.
È stata la presenza di Mary Jane, il suo cuore e la sua anima, a scendere nelle profondità del cuore e dell’anima di Peter stesso, costringendolo a uscire da quella bara, fuori dalla tomba, verso la luce.
J.M. DeMatteis nel suo blog
La prima cosa che Peter fa dopo la “resurrezione” è tornare a casa da sua moglie. Anche se Parker affronta le sfide più inquietanti, non si trasforma in un personaggio oscuro. Rimane fedele a se stesso, paura della morte compresa. Ma capisce che la paura non lo travolgerà, perché ha una ragione per cui vivere: l’amore. Ed è questo che lo rende un uomo, prima che Spider-Man.
Solo allora l’eroe raggiunge Kraven, che lo accoglie senza combattere, consapevole della sua vittoria, dichiarandogli persino il suo affetto, durante la loro conversazione. Dopo che entrambi hanno agito come Spider-Man, Kraven ha pensato che fossero anche uguali nello spirito. Ma non è così, e quando Kraven libera Vermin, Spider-Man si lascia alle spalle il Cacciatore, inseguendo l’Uomo delle Fogne. Non per ucciderlo, ma per portarlo da chiunque possa guarirlo. Così, mentre Peter Parker finalmente assicura Vermin alla giustizia, Kraven, rimasto solo, si suicida. La sua mente e la sua anima, ormai decadute e senza più un motivo di vivere, non trovano altra soluzione se non quella di finire così il loro viaggio.
Un finale controverso
Alla fine degli anni ’80 i fumetti stavano entrando in una fase più matura, con temi nuovi, più profondi e adulti, nuove intuizioni sui personaggi, spesso con implicazioni psicologiche o filosofiche. Come è successo con Batman per The Killing Joke o The Dark Night Returns o per Watchmen, anche la Marvel si stava dirigendo in quella direzione.
Il suicidio di Kraven, dunque, è quella che sembrava essere la giusta conclusione, per la linea narrativa del cacciatore. Ma all’epoca questo fece sì che alcuni lettori accusassero la Marvel di glorificare l’estremo gesto. DeMatteis, per evitare ulteriori speculazioni, ha quindi scritto un sequel de L’ultima caccia di Kraven, L’anima del cacciatore. In esso, Parker deve risolvere il trauma di essere stato sepolto vivo e aiutare il fantasma di Kraven a trovare la pace.
In ogni caso, L’ultima caccia di Kraven rimane l’opera di riferimento. Un trattato sulla depressione e la paura, sulla dualità che abita in ognuno di noi e a cosa potrebbero portare l’ossessione e la mancanza di una prospettiva, soprattutto se non c’è più una ragione per cui vivere.
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