Scissione Serie TV | L'identità senza memoria
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Scissione Serie TV | L'identità senza memoria

Scissione Serie TV | L'identità senza memoria

Postato il 20 Settembre, 2023

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“Chi sei?”. Questa domanda all’apparenza semplice è la questione esistenziale che accompagna fin dalla prima battuta Scissione (Severance), acclamata serie TV di Dan Erikson, diretta da Ben Stiller e Aoife McArdle, trasmessa da Apple TV+ nel 2022. La prima stagione ha offerto al pubblico uno degli spettacoli più avvincenti, ben costruiti e visivamente curati degli ultimi anni.

Helly R. una dei protagonisti di Severance
Severance – Courtesy Apple TV+

“Chi sei?” è la domanda che Helly R., una dei quattro protagonisti, si sente rivolgere al suo risveglio, sul tavolo di un’asettica sala riunioni senza finestre. La voce che la interroga arriva da un interfono. La prima, istintiva reazione è la fuga, ma Helly scopre di essere in trappola e senza alcuna memoria del suo passato. Infatti, l’assunto di partenza di Scissione è qualcosa che almeno una volta nella vita chiunque può aver auspicato, temuto o immaginato: se fosse possibile rimuovere un trauma, un ricordo che ci fa soffrire, la nostra vita sarebbe più semplice? E potremmo dire di essere ancora noi stessi?

Il punto di partenza di Scissione

Questo tema, esplorato in film come Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004), viene qui portato all’estremo. Siamo in una realtà parallela, in un passato o presente distopico e controllato da un’industria, Lumon, che è riuscita trovare il modo di separare chirurgicamente la vita lavorativa da quella personale dei suoi dipendenti.

Questo avviene tramite un procedimento chiamato “scissione”, a cui alcuni impiegati si sottopongono volontariamente. Un chip impiantato nel cervello lo separa in due compartimenti stagni: c’è l’io del lavoro l'”interno”, che inizia la sua vita da zero, e pur mantenendo le conoscenze e le abilità generiche maturate dall’individuo non ha alcuna memoria delle esperienze vissute fino a quel momento, e l’io “esterno”, che non sa nulla di quello che succede al lavoro. Salendo e scendendo con l’ascensore che porta al piano scisso dell’azienda, il chip attiva la personalità interna o esterna, che così conducono due vite del tutto separate, inconsapevoli l’una dell’altra.

Un irresistibile mix di generi

Scissione è un’opera di fantascienza distopica costruita in modo realistico, con dinamiche e ambienti simili a quelli di un lavoro ordinario, seppure con elementi che generano un senso di straniamento. Per stessa ammissione del co-direttore e co-produttore esecutivo Ben Stiller, nel racconto di questi aspetti la serie attinge da capisaldi della sitcom, come The Office (Greg Daniels, 2005-2013).

La superficie del racconto, infatti, mantiene un tono leggero e gli archetipi classici della commedia da ufficio. C’è il grigio e anonimo impiegato che vuole una vita tranquilla e si realizza nelle attività quotidiane, Mark S. (Adam Scott), promosso al posto del capo, scomparso misteriosamente. Il collega ruffiano, competitivo e avido di premi di produzione, Dylan (Zach Cherry). Il decano Irving (John Turturro) che conosce a memoria i principi, il manuale e la storia della compagnia, e ha un rispetto quasi sacrale delle gerarchie. Infine, la nuova arrivata Helly (Britt Lower), che fatica ad adattarsi al nuovo ambiente. E sarà la miccia che farà detonare la tranquillità dell’ufficio.

Sotto la superficie di questa monotona routine si nasconde una complessità abilmente costruita dagli autori e portata magistralmente sullo schermo dalla fotografia di Jessica Lee Gagnè, mescolando la fantascienza e la commedia con il registro del thriller e del noir nordico.

Il protagonista di Severance
Severance – Courtesy Apple TV+

Un’innata ricerca di libertà

L’abilità degli autori è saper dosare alla perfezione gli interrogativi e le risposte del thriller psicologico, creando un equilibrio incalzante che genera coinvolgimento e mai frustrazione. Più lo spettatore scende sotto la superficie di questo universo narrativo più le domande si fanno profonde ed esistenziali. A partire dai motivi per cui alcuni abitanti di Kier, la misteriosa e gelida città-quartier generale di Lumon, decidono di sottoporsi alla scissione. Ma poi c’è il funzionamento della procedura e le sue falle, le implicazioni che questa tecnologia potrebbe avere sull’intera umanità, anche al di fuori da Kier, che ne è incubatore e laboratorio.

Scissione apre a una serie di questioni etiche e filosofiche appassionanti. La prima di queste riguarda proprio l’identità: se una persona viene privata della sua storia, della sua memoria, cosa rimane della sua individualità? Gli “interni” sono adulti, in alcuni casi anche anziani, come per i personaggi interpretatati da John Turturro e Christopher Walken, eppure la loro vita inizia solo quando il loro “esterno” decide di sottoporsi alla scissione. La loro esistenza si compie fra le mura della Lumon e negli orari d’ufficio, realizzandosi fra le piccole e infantili ricompense per gli obiettivi raggiunti. L’attività quotidiana sembra senza senso: il dipartimento MDR (Micro Data Refinment), guidato da Mark, passa la giornata a catalogare numeri casuali sulla base della risposta emotiva che questi suscitano.

I quattro protagonisti potrebbero benissimo considerarsi schiavi, alla stregua degli automi di Westworld, o dei replicanti di Blade Runner. Salvo il fatto che – per quello che sappiamo – sono persone in carne e ossa e decidono spontaneamente di sottoporsi alla scissione. Oltre a un conflitto esterno, con l’organizzazione che li controlla, vivono un conflitto interno, con loro stessi, per essersi resi schiavi di propria iniziativa.

Il potere nascosto nei dettagli

L’effetto di inquietudine generato da Scissione nasce tanto dai temi affrontati quanto dal ricercato linguaggio visivo creato dagli autori. Ogni inquadratura, ogni dettaglio della scena è studiato con cura, per generare un effetto specifico nello spettatore. Gli spazi di Lumon (ma anche quelli della città, Kier), sono enormi ma vuoti, asettici e geometrici. Le riprese dall’alto, i personaggi inseriti in finestre o spazi delimitati, i volti che finiscono su un lato dell’immagine danno l’impressione di trovarsi in un ambiente costantemente controllato.

È il principio dell’Argo Panoptes della mitologia greca, o del Panopticon, applicato alle istituzioni carcerarie dal filosofo utilitarista Jeremy Bentham: l’idea di un sistema che rende chiunque controllabile in ogni momento, al punto da creare l’impressione di un potere invisibile che rende superfluo il controllo stesso, perché viene introiettato da chi lo subisce. È lo stesso tema esplorato dalla letteratura di George Orwell.

Anche Lumon si basa su un potere invisibile, tramandato per generazioni dalla famiglia Egan, che ha trasformato la propria storia in una sorta di religione. In questo aspetto, Scissione offre una critica sottile e ironica al culto del capitalismo, che assume ancor più rilevanza all’indomani della pandemia e del fenomeno delle “grandi dimissioni“.

I protagonisti di Severance
Severance – Courtesy Apple TV+

Preparando la rivoluzione

Altro elemento codificato è la scelta dei colori: verde e blu, i colori di Lumon, dominano l’ambiente degli “interni”. Il rosso è sempre un elemento dirompente, che si riferisce in genere al mondo fuori: Helly R. ha i capelli rossi e indossa colori caldi man mano che riesce a contagiare i colleghi nel suo desiderio di trovare la libertà. È una sorta di trasposizione della scelta tra pillola rossa o pillola blu, che si presenta a Neo in Matrix. A casa di Mark dominano i colori freddi ma si vede anche un pesce rosso. Rossa è anche la busta del biglietto che il suo ex capo Petey gli consegna nel mondo esterno, per metterlo in guardia sulle verità nascoste da Lumon. Come sottolineato nell’Exhibition di Hypercritic sul rosso, questo colore primario può essere un simbolo di rivoluzione.

Un altro leit motiv è il cibo, come illustrato nel video saggio del canale YouTube Nautilus Files, ricco di analisi e teorie su questa serie TV.

Quando il realistico diventa incredibile

Un racconto credibile perché realistico, avvincente perché è facile immedesimarsi nei quattro protagonisti e perché eroi e nemici sono sempre più complessi di quello che sembrano. Scissione ottiene questo risultato grazie a una visione ambiziosa, un linguaggio visivo ricercato ma accessibile, una scrittura mai scontata. Ma un ruolo fondamentale lo hanno le interpretazioni. A partire da Adam Scott, coproduttore della serie, che fino ad ora si era visto perlopiù in ruoli comici. Per arrivare agli attori già citati e due eccezionali antagonisti: la misteriosa Harmony Cobel, interpretata da Patricia Arquette (coproduttrice dello show), e l’indecifrabile Milchick, da Tramell Tillman.

L’abilità del cast è saper lavorare sulle sfumature, a partire da minuscoli cambiamenti dell’espressione dei viso quando passano dal personaggio “interno” a “esterno”. Lo spiega bene Scott: “La cosa importante era far passare l’idea che, interno o esterno, si trattasse comunque della stessa persona. E quindi abbiamo lavorato per aggiunta o sottrazione, a seconda delle circostanze in cui si trovano le ‘due metà’ di Mark. Perché anche se non sono consapevoli l’una dell’altra, ci sono sentimenti e sensazioni che passano dall’uno all’altro”.

Il punto di Scissione è proprio questo: un’esplorazione della complessità dell’individuo in tutte le sue sfumature. Di come si debba scendere a patti anche con la sofferenza e le difficoltà. Ma è anche uno spettacolo godibile, un’arguta satira sul capitalismo e sul posto che il lavoro ha e dovrebbe avere nel plasmare l’identità individuale.

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