L'anno del pensiero magico di Joan Didion | Viaggio nel lutto
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L’anno del pensiero magico è un’esplorazione intima e senza compromessi della più dibattuta tematica della filosofia occidentale: i limiti dell’esistenza. Con la sua prosa tagliente e vivida, Joan Didion riflette sull’evento che ha cambiato la sua vita per sempre: l’improvvisa perdita di suo marito, John Gregory Dunne, suo compagno per quasi quarant’anni.
In quanto scrittrice versatile, Didon si è distinta come giornalista e sceneggiatrice. Ha infatti seguito le trasformazioni sociali dell’America degli anni ’60 e ’70, catturandone lo spirito e gli sconvolgimenti nei suoi scritti. Non solo: L’anno del pensiero magico, al secondo posto nella lista del Guardian dei 100 migliori libri di saggistica di tutti i tempi, è considerato il suo capolavoro. L’influenza di questo libro ha aiutato a consolidare il memoir come uno dei generi più rilevanti del XXI secolo.
La vita cambia in un battito
La sera del 30 dicembre 2003, dopo una visita alla figlia Quintana, ricoverata all’ospedale Beth Israel North di New York, Joan e John tornano a casa. Com’è loro consuetudine, accendono il camino del loro appartamento. Un quieto rituale che simboleggia il calore e la stabilità dei decenni passati insieme. La coppia si siede intorno al tavolo, parlando del più e del meno: forse si scambia qualche parere sullo Scotch, forse parla della Grande Guerra. Joan non ricorda bene.
Poi, senza nessun segno di malessere, John si accascia lasciando una frase a metà. In un istante, la sicurezza del loro mondo si spezza. Fino a una frazione di secondo prima stavano chiaccherando; ora lui non c’è più. Un un attacco di cuore se l’è portato via. E la vita che avevano costruito per quarant’anni va in frantumi in un battito di ciglia, accanto al focolare una volta simbolo di sicurezza. Proprio questa scena, questo punto attorno a cui l’intero romanzo è strutturato, è stato interpretato in vari modi in campo teatrale. L’esempio seguente è un adattamento di Gabrielle Randle-Bent.
Una donna e il suo dolore
Il lutto è un lungo percorso, difficile, spesso privo di linearità – riflesso nella narrativa di Didon. La sua trasparenza nella prosa suggerisce un desiderio di imporre ordine al suo trauma. Ma la struttura del memoir riflette l’imprevedibilità intrinseca del dolore. È qualcosa che la trascina continuamente verso il suo passato, non le consente mai di stare davvero nel presente, né di contemplare il futuro.
La storia si sviluppa attraverso una serie di flashback, che richiamano il flusso e riflusso di Le Onde di Virginia Woolf, alternato a momenti di introspezione. Il flusso dei ricordi si immerge, di tanto in tanto, in uno stato onirico. Le atmosfere eteree ricordano i quadri di Arnold Böcklin, tra cui L’isola dei Morti.
In questa oscillazione fra passato e presente, Didion affronta la morte del marito. La riflessione diventa un’ancora di salvezza, un filo a cui si aggrappa mentre cerca di ricostruire ricordi frammentati. Nel complesso, il processo è un mezzo di sopravvivenza ma anche il tentativo di trovare una parvenza di ordine in un paesaggio emotivo caotico.
Pensiero magico
Di pari passo con la voce narrante, Didion parla di sé come una donna divisa in due. Da un lato, cerca di gestire il suo stato emotivo attraverso la letteratura o la scienza. Legge Freud, Auden, Mann e Lewis. Dall’altra parte, si rivolge al pensiero magico come forma di negazione. Didion si aggrappa alla speranza che la morte di John possa essere in qualche modo reversibile. Il pensiero magico si manifesta in rituali e comportamenti che sfidano la logica. Ad esempio, la riluttanza a rendere pubblica la morte di John o a separarsi dai suoi effetti personali.
Non riuscivo a dare via le sue scarpe.
Rimasi lì per un momento, poi capii il perché: avrebbe avuto bisogno delle scarpe se fosse tornato. Riconoscere questo pensiero non servì a eliminarlo.L’Anno del Pensiero Magico, pagina 37
Il New York Times lo sapeva. Il Los Angeles Times lo sapeva. Eppure non ero minimamente pronta ad accettare questa notizia come definitiva: vi era una dimensione in cui credevo che ciò che era successo fosse reversibile.
Ibidem, 32
Narrare per guarire: il potere del racconto
Man mano che il memoir prende forma, il dialogo fra Joan e suo marito diventa più intimo. L’autrice rivede le scene alla luce degli eventi successivi. Le interpreta come presagi oscuri o espressioni di rimorso per ciò che una volta c’era e ora non c’è più.
Lo chiamano il ‘widowmaker’, aveva detto il suo cardiologo di New York parlando dell’arteria discendente anteriore sinistra.
Ibidem, 207
Anche se non possiamo redimerci dal passato o riportare in vita i defunti, loro vivono ancora dentro di noi. L’anno del Pensiero Magico lo sottolinea: il nostro passato è vivo e chiede di essere raccontato. Molto più spesso di quanto ci accorgiamo, nasconde tesori. Scavare nel passato, a volte, è l’unico modo per andare avanti.
Partendo da un tema profondamente personale, come il lutto, Didion mostra la sua vulnerabilità umana. Evita l’autocommiserazione e non promette salvezza. L’Anno del Pensiero Magico affronta la fine dell’esistenza umana da una prospettiva terrena, senza abbracciare alcuna idea trascendentale. Come testimonianza del suo viaggio emotivo, Didion costruisce un ponte fra il suo passato e il presente, mentre si apre al futuro. Infine, rivela come i racconti ci connettano con gli altri e ci aiutino a dialogare con noi stessi.
L’Anno del Pensiero Magico ha vinto il Premio Nazionale del Libro per la categoria Saggistica nel 2005. È stato, inoltre, finalista del Premio del Circolo Nazionale dei Critici del Libro e del Premio Pulitzer per la biografia o l’autobiografia. Nel 2017, il nipote di Didion, Griffin Dunne, ha girato un documentario sulla vita di sua zia, disponibile su Netflix.
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