Pablo Escobar | Da narcotrafficante colombiano a icona globale e attrazione turistica

Postato il 17 Febbraio, 2025

Pablo Escobar, il “Re della cocaina“, è una delle figure più controverse nella cultura contemporanea. La sua vita è stata contraddistinta da potere, violenza e spietatezza. Tuttavia, oggi il suo nome è anche legato a un fenomeno più ampio: il mito. La sua storia è diventata un simbolo globale, assorbita dalla cultura popolare, dai media e anche dal turismo criminale.

Attivo tra gli anni ’70 e i primi anni ’90, Escobar ha dominato il traffico internazionale di cocaina. Nato in un piccolo paese vicino a Medellín, in un contesto modesto, si avvicina sin da giovane alla criminalità, sfruttando la corruzione delle istituzioni e la violenza per ampliare la sua influenza. Con audacia, fiuta la crescente domanda di stupefacenti negli Stati Uniti e la sfrutta a suo vantaggio.

Negli anni ’80 fonda il temibile Cartello di Medellín, che domina il mercato della cocaina, controllando circa l’80% delle forniture verso gli Usa. La sua fortuna esplode, facendolo diventare uno degli uomini più ricchi e potenti al mondo. Nel frattempo, il cartello inizia a esercitare un’enorme influenza sulla politica e sulle forze dell’ordine colombiane, consolidando ulteriormente il suo potere. Il suo regno che andava oltre il traffico di droga, influenzando la politica, l’informazione e le forze armate colombiane. Infatti, Escobar comprava o intimidiva chiunque potesse ostacolarlo, eliminando senza scrupoli dai trafficanti rivali fino a poliziotti, giudici e politici. La sua spietatezza raggiunse il punto di non ritorno nel 1989, con l’attentato all’aereo Avianca e l’omicidio del candidato presidenziale Luis Carlos Galán.

Un controverso “Robin Hood”

Eppure, Pablo Escobar non è solo un criminale. Infatti, nelle aree più povere della Colombia, il suo nome è anche associato a iniziative sociali.

Escobar investe enormi quantità di denaro in opere che lo rendono popolare tra i più bisognosi. Costruisce case per i poveri, scuole, ospedali e campi da calcio. Nel “Barrio Escobar“, tra le aree più povere di Medellin, diventa benefattore, offrendo case e lavoro.

Questi gesti, che molti consideravano come un segno di altruismo, gli permettono non solo di guadagnarsi il rispetto della sua gente, ma anche una sorta di protezione sociale. Molti lo vedono come un eroe che combatte l’ingiustizia del sistema, interpretando la sua guerra contro il governo colombiano e gli Stati Uniti come una lotta per la giustizia sociale. Un “moderno Robin Hood“, che cerca di risollevare il suo popolo, pur rimanendo un potente signore della droga.

La glorificazione del crimine: il genio del male

Negli ultimi anni, la figura di Escobar è stata indagata e mitizzata dai media. In particolare, la serie televisiva Narcos, prodotta da Netflix nel 2015, ha evidenziato il suo carisma e la sua brutalità. Escobar dimostra di saper manipolare le istituzioni colombiane con enormi somme di denaro, corrompendo politici e forze dell’ordine per proteggere il suo impero del narcotraffico. In cambio della sua resa, ottiene di essere imprigionato nella sua prigione privata, La Catedral, da lui stesso costruita. Nonostante sia formalmente detenuto, continua a gestire il traffico di droga e a mantenere un’influenza decisiva sul Paese. Quando il governo cerca di trasferirlo in una prigione statale per evitarne l’estradizione, Escobar evade, mettendo in luce la sua straordinaria capacità di beffare la legge.

Questo tipo di rappresentazione ha trasformato una figura criminale in un simbolo di ribellione, invincibilità e potere. La sua abilità nello sfidare la giustizia e costruire un impero globale ha alimentato la glorificazione del crimine e della violenza. Eppure, dietro questo mito, c’è una realtà molto più complessa.

Il turismo criminale e le sue contraddizioni

A oggi, Escobar non è solo un nome legato al traffico di droga, ma è diventato un marchio. Il turismo legato a Pablo Escobar in Colombia si concentra principalmente su Medellín. Tra le attrazioni principali ci sono appunto La Catedral, la tomba nel cimitero di Medellín, la casa familiare, l’Hacienda Nápoles, trasformata in un parco a tema. Esistono mappe dei quartieri cresciuti grazie alle sue sovvenzioni o dei nemici e politici colpiti dal boss, dei luoghi legati alle battaglie con i suoi rivali. Inoltre, per molti commercianti di Medellín, la vendita di souvenir di Pablo Escobar è una fonte economica cruciale, soprattutto in un contesto di povertà.

Oggetti come t-shirt e tazze attirano turisti, offrendo un’opportunità di reddito in un Paese ancora segnato dalle difficoltà economiche e sociali. Mentre alcuni vedono questo fenomeno come una riscoperta storica, altri lo considerano una commercializzazione di un passato doloroso. Dunque, il dibattito verte tra chi vuole ricordare una pagina sanguinosa e chi cerca di voltare pagina, correndo il rischio di esaltare il mito a discapito della realtà. È una diatriba che si è vista di recente anche con il film Emilia Pérez, che racconta in forma di musical le vicissitudini di un boss di un cartello messicano. Nonostante la candidatura a numerosi premi, la pellicola di Jacques Audiard si è attratta le critiche di una parte del pubblico messicano per aver trattato “con troppa leggerezza” una pagina drammatica della storia messicana.

Il paradosso del mito di Pablo Ecobar

Allo stesso modo, la figura di Pablo Escobar continua a dividere l’opinione pubblica. Per alcuni è un “eroe” dei poveri, mentre per altri rappresenta il simbolo del male. Ma cosa significa tutto questo per la memoria storica della Colombia? Come gestisce il suo oscuro passato? Oggi, la glorificazione mediatica del Patron e il turismo legato ai suoi luoghi complicano il difficile lavoro della Colombia di fare i conti con la storia.

La figura di Escobar mostra come la cultura popolare possa trasformare il crimine in un fenomeno commerciale, sfruttando una figura enigmatica: un uomo capace di costruire un impero globale del crimine, ma anche di plasmare la cultura contemporanea.

Nell’estate 2024, il Parlamento colombiano ha iniziato a discutere una legge che vieta la vendita di souvenir legati a Pablo Escobar e altri narcotrafficanti. La proposta, sostenuta dal deputato Cristian Avendaño, mira a proteggere le vittime del narcotraffico e a promuovere simboli positivi. Tuttavia, ha suscitato proteste tra i commercianti locali, che temono un impatto negativo sulle loro attività turistiche.

Il fascino del male

Il fenomeno del “turismo del crimine” non si limita comunque a Escobar: Al Capone a Chicago, i tour nel braccio della morte delle prigioni americane e i percorsi su Jack lo Squartatore a Londra sono esempi di come luoghi legati ai crimini più famosi attirano i visitatori. Anche in Sicilia si è sviluppato un filone di turismo mafioso (o dell’Antimafia), creando un parallelo con l’industria turistica intorno a Escobar. Il disastro di Chernobyl ha generato un altro tipo di turismo, dove le persone visitano le rovine di Pripyat, un luogo simbolo della catastrofe nucleare. Opere come The Godfather, Breaking Bad e El Chapo alimentano l’interesse per il crimine e trasformano criminali come Walter White e Joaquín Guzmán in icone pop. Questi fenomeni generano un dibattito su come la criminalità venga rappresentata, mescolando intrattenimento e glorificazione.

Da un lato, il rischio è di romanticizzare il crimine, oscurando il dolore delle vittime; dall’altro, se gestito con rispetto, il turismo criminale potrebbe diventare un’opportunità educativa per riflettere sulle oscure conseguenze del narcotraffico. La vera sfida è trovare il giusto equilibrio, evitando la spettacolarizzazione e puntando a raccontare una storia che insegni e faccia riflettere.

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