Il vento sferza l’ex Convento di Santa Margherita Nuova, spazzando via le nuvole dal cielo di Procida. La velocità del vento è tale da smuovere le porte della vecchia chiesa. Velocità che penetra anche all’interno: Ivano Zanchetta è qui per mostrare Redout 2 a OndeVisioni. In una commistione tra antico e moderno, i futuristici computer adornano l’altare, l’unione di tradizione e modernità nella Capitale della Cultura 2022.
Astronavi scintillanti sfrecciano a folli velocità in questo gioco di corse tutto italiano, erede di Wipeout. Tra una curva e l’altra, Zanchetta racconta come il sogno di pochi amici è diventato un successo internazionale adorato dalla critica.
Da dove nasce questa passione per il gioco di corse futuristiche? Come è venuta l’idea di creare un gioco sulla scia di classici come F-Zero o Wipeout?
Abbiamo visto una possibilità nel vuoto che Nintendo e Sony avevano lasciato con la chiusura di Studio Liverpool per Wipeout e la perdita di seguito di F-Zero. Per noi fan dei videogiochi degli anni ’90 e 2000 Wipeout e F-Zero erano dei punti di riferimento. Wipeout non era solo un videogioco ma un fenomeno culturale: la gente ballava la soundtrack in discoteca! Abbiamo sfruttato quell’opportunità con tanta ingenuità. E’ stata l’ingenuità nel dire: “Proviamo a farlo noi”. Abbiamo cercato in tutti i modi di trovare risorse sia tecniche che economiche per continuare a sviluppare questo progetto [Redout 1] che prometteva molto bene. Sono stati fortuna, talento, capacità che ci hanno portati a rilasciare il titolo nel 2016. Però insomma è andato in porto, il gioco è stato recensito molto bene dalla critica internazionale e da lì tutto è cambiato.
Siete una compagnia nuova nell’ambiente videoludico. Com’è lavorare in un mondo in cui i giganti nipponici e americani la fanno da padroni?
Nasciamo come piccola start-up nel 2013 da cinque soci che avevano la passione dei videogiochi e hanno studiato per questo. Di lì siamo cresciuti fino a circa 30 persone, con cui abbiamo concluso la produzione di Redout. L’abbiamo vissuta come una situazione alla Davide e Golia. Il sogno che parte dal garage, nel nostro caso letteralmente un salotto di casa, diventata poi una realtà conosciuta a livello globale. Soprattutto in Italia ha contribuito a creare una corrente indipendente che ha portato al meritato successo di titoli di altre compagnie, oltre che ai nostri. Quando si è sprovveduti si fanno le cose con più enfasi, più trasporto. Ci si permette di fare cose che col senno di poi dici: “ma eravamo matti!” Eppure quella follia, quella capacità di rischiare ci ha premiati. Sono state spontaneità e ingenuità che ci hanno portato a cercare di riempire quel vuoto lasciato dai grandi colossi.
Nei vostri giochi si è vista un’ evoluzione della personalizzazione. Come vediamo qui a OndeVisioni, in Redout 2 si possono modificare esteticamente le astronavi. Nello spin-off Space Assault troviamo personaggi con una storia personale. Avete pensato di espandere questa personalizzazione? In titoli futuri magari?
In Redout 1 ci siamo concentrati sul rendere il senso di velocità. Era il nostro scopo: creare il gioco più veloce di sempre. Qualcosa che rimanesse nel cuore dei giocatori perché offriva un’esperienza che non avevano mai provato prima. Raggiungere mille chilometri orari e percepirli in maniera più realistica possibile. Redout ha puntato sulla difficoltà, sulla necessità d’impegno. Perché d’altronde se corri a 1000 km/h in una pista di quaranta metri per forza devi avere buoni riflessi. Successivamente, abbiamo deciso di espandere la lore, di creare il Redout Universe che include Redout 1, il prequel Space Assault e Redout 2. Abbiamo inserito filmati introduttivi per contestualizzare la storia di tutto l’universo. Per la personalizzazione abbiamo dato la possibilità ai giocatori di esprimere se stessi, sia a livello estetico che a livello di stile di guida. È stata proprio una volontà di centrare l’esperienza sul giocatore.
Andiamo oltre Redout. Visto che siamo a OndeVisioni, secondo te ci sono giochi che hanno rivoluzionato o cambiato il panorama?
I videogiochi stanno facendo passi da gigante nella narrazione. L’attività del giocatore non è la passività dello spettatore. La narrazione avviene tramite l’azione. Il giocatore viene calato all’interno di un contesto, inteso non solo come storia lineare, ma come esperienza a tutto tondo. Titoli che rappresentano questa evoluzione sono Limbo, Inside, ma ancor più What Remains of Edith Finch, in cui lo scopo non è vincere. Togliamo l’istinto aggressivo del competere e spostiamoci sulla scoperta, su qualcosa che capiamo solo progredendo nel gioco. What Remains of Edith Finch in due ore riassume questo concetto. Altro esempio è il premio BAFTA It Takes Two. Un capolavoro di narrazione con una profondità emotiva raccontata tramite la collaborazione di due persone che si stanno per separare. Questo gioco, un meta-gioco, è quello di cui hanno bisogno le coppie in crisi. Per riscoprire il lato divertente della vita, perché il videogioco è vita.
Quindi ci possiamo aspettare un gioco di ruolo narrativo nel prossimo futuro?
E chi lo sa? No comment.