Un oggetto ordinario, a cui il nostro occhio è abituato, o un prodotto che siamo soliti mettere nel carrello quando facciamo la spesa, può diventare qualcosa di straordinario? La Pop Art, movimento che ha trasformato il modo di concepire l’arte nel XX secolo, ci ha mostrato che anche gli oggetti più comuni possono diventare opere d’arte. Andy Warhol, artista tra maggiori esponenti di questa corrente, ha elevato oggetti di uso comune, come le sue celebri lattine di zuppa Campbell’s, allo status di icone culturali.
L’iconicità non è riservata solo a celebrità del cinema o della musica, ma può essere attribuita anche a semplici oggetti di consumo. Questo nuovo movimento artistico ha dimostrato come un’immagine ripetuta, come le lattine di Warhol, o un’icona mediatica, come Marilyn Monroe, possano diventare simboli universali, celebrati e riconosciuti in tutto il mondo.
La Pop Art | Rendere arte l’ordinario
La carica pop posseduta da alcuni beni di consumo che ci circondano nel quotidiano è stata ben compresa e intercettata da numerosi artisti. Questi ultimi, negli anni del boom economico, hanno dato vita al movimento della Pop Art.
Se si volesse dare una precisa data di nascita a questa corrente artistica, sarebbe l’8 agosto 1956. È la data dell’inaugurazione, alla Whitechapel Art Gallery di Londra, della mostra This is Tomorrow. Con grande successo di critica e pubblico, l’esposizione esplora il tema della società dei consumi e della cultura popolare, consacrando il movimento della Pop Art. Quest’ultimo raggiungerà il suo apice nel decennio successivo, principalmente nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
La Pop Art sfida la distinzione tradizionale tra cultura alta e bassa. Lo fa elevando a soggetti artistici prodotti di consumo, fumetti e celebrità. Abbandonando le tecniche artistiche canoniche in favore di procedimenti industriali. Utilizzando colori sgargianti che riflettono i gusti della società del consumo e dei media. Lo scopo è quello di guardare, con sguardo neutro, alla cultura di massa. Innalzando il banale e l’ordinario a forma d’arte.
Warhol | La consacrazione dell’oggetto pop
Tra i massimi esponenti della Pop Art statunitense c’è Andy Warhol, figura celeberrima che ha sconvolto il mondo dell’arte con il suo approccio innovativo e provocatorio. Utilizzando la stampa serigrafica, Warhol trasforma oggetti ordinari nei soggetti delle sue opere, spesso reiterandoli più e più volte, come se fossero riprodotti in serie.
È possibile, così, ammirare sulle sue tele l’iconico profilo della bottiglia della Coca-Cola, colorate scatole di detersivo o ancora barattoli di zuppa di pomodoro. Certo, non una zuppa qualsiasi, ma la zuppa Campbell, popolare negli Stati Uniti, riprodotta in Campbell’s Soup Cans (1963, MoMa, New York) trentadue volte. Una per ogni gusto. Ancora, in Green Coca-Cola Bottles (1962, Whitney Museum of American Art, New York), la bevanda più celebre del mondo compare centododici volte. Qui Warhol combina la serigrafia con la tecnica tradizionale. Ricalcando a mano i contorni delle bottiglie, in modo da disturbare la regolarità generale della griglia, le mostra, in maniera ambigua, allo stesso tempo personalizzate e prodotte in serie.
Infine, Brillo Boxes (1964, Philadelphia Art Museum, Philadelphia) sono sculture che riproducono scatole contenenti spugnette di metallo per lavare i piatti. Marca Brillo. Queste incarnano l’ordinarietà della vita domestica, in un’epoca in cui le donne, spesso casalinghe, sono esposte alla pubblicità e ai prodotti di consumo, che promettono una casa impeccabile e una vita perfetta.
L’eredità di Warhol | Da Franco Moschino a Jeremy Scott
Tutte queste opere mostrano come semplici oggetti quotidiani possano diventare simboli di culto. Come? Sovvertendo l’idea della pittura come mezzo di invenzione e originalità. Se, infatti, da un lato soddisfano l’idea che l’arte debba imitare la vita, dall’altro sollevano domande sul modo in cui identifichiamo e valutiamo qualcosa come arte.
Questa idea, che trova il suo apice negli anni sessanta è, in realtà, carica di futuro. E non solo nel mondo dell’arte. Anche in quello della moda che tutt’ora ci viene presentata durante le fashion week.
Quando nel 2015 la casa di moda Moschino lancia il profumo Fresh Couture è chiaro quale sia il riferimento culturale. Così come Andy Warhol aveva trasformato in un’opera d’arte una scatola di spugnette d’acciaio, Jeremy Scott, all’epoca creative director della maison Moschino, ha trasformato lo spray per lavare i vetri in un profumo.
Fresh Couture ha, in effetti, una confezione che riprende il packaging degli spray a uso domestico. E crea uno stridente contrasto tra una lussuosa fragranza haute couture e il più banale dei contenitori. Ancora una volta, c’è una crasi tra cultura alta e bassa. Ancora una volta, un oggetto quotidiano diventa arte, design, creatività. Jeremy Scott, del resto, non fa altro che raccogliere la lezione del fondatore della maison: Franco Moschino, designer noto per la sua estetica irriverente, ironica e… pop!
La moda che sfida la moda
Le sue creazioni si distinguono per un uso audace dei colori, per una “logo mania” martellante, e per la ripresa sui tessuti di immagini e oggetti iconici, spesso estrapolati dal mondo del consumo di massa. I suoi non sono semplicemente abiti. Sono manifesti che portano un messaggio critico e satirico sulla moda, l’industria del lusso e la società del tempo.
Anche le sue campagne pubblicitarie sono spesso provocatorie e giocose. Sfidano l’idea tradizionale di come un marchio di lusso dovesse approcciarsi al pubblico, in modo molto simile al lavoro che Warhol faceva abbattendo la barriera tra arte e cultura di massa. Quando lo stilista lanciò, ad esempio, il suo primo profumo, Moschino, nel 1987, nelle pubblicità si vede una modella che lo beve con una cannuccia. Accanto la scritta: “Usage externe seulement!”.
Ripercorrendo le sfilate del brand, non stupisce, perciò, di trovare lattine di Coca-Cola trasformate in abiti. O le enormi M del MacDonald’s (o di Moschino?) su borse, occhiali da sole e tailleur. O ancora, pagine di fumetti trasformate in eleganti abiti da sera.
Tutto sta, in definitiva, nel saper cogliere il potenziale estetico degli oggetti comuni, dimostrando che anche l’ordinario può diventare straordinario. Del resto, come diceva Andy Warhol: “Non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che non si possa capire”.