Batman: The Killing Joke | Chi è il vero matto?
Year
Format
Di
Allora, ci sono due matti in manicomio…
È così che comincia Batman: The Killing Joke. ‘Joke’ come ‘scherzo’, ‘barzelletta’, nella quale i due matti non sono altri che gli stessi Batman e Joker. In Batman: The Killing Joke, pubblicato dalla DC comics nel 1988, scritto da Alan Moore (che già stava lavorando con la DC comics per Watchmen), e illustrato da Brian Bolland con i colori di John Higgins, chi legge si addentra nel circolo vizioso che è la relazione tra Batman e Joker. Il tutto mentre Joker cerca di mostrare come tutta l’umanità non è che a una brutta giornata di distanza dalla follia.
Una storia di supereroi diventa dunque un modo per esplorare dilemmi morale e crimini disumanizzanti. Negli anni, la graphic novel si è prestata a differenti interpretazioni, che hanno anche sollevato delle controversie riguardo il trattamento ricevuto dall’unico personaggio femminile in essa presente, Barbara Gordon. Tuttavia, rimane uno dei più influenti fumetti di tutti i tempi. Ha anche vinto l’Eisner Award per Best Graphic Album nel 1989.
The Killing Joke: la tesi di Joker sulla follia
In The Killing Joke, secondo Joker, la follia è l’unica uscita di emergenza da quella che è una vita senza scopo. Non ci possono essere miglioramenti, risoluzioni o un futuro migliore. Per accettarla, bisogna rifiutare la cosa che cerca di dare un senso a ciò che invece non ne ha alcuno: la società, e il suo falso senso di sicurezza. Ironicamente, Joker afferma che ciò che serve per diventare folli è solo una brutta giornata.
Ed è questo il motivo per cui, secondo gli altri, Joker è pazzo: perché lui è l’unico che non accetta le regole del gioco. Lui è colui che semplicemente vede ciò che tutti gli altri sono troppo ciechi per notare. È lo stesso concetto di The Dark Knight (2008) di Christopher Nolan, in cui il Joker interpretato da Heath Ledger vuole provare che i valori morali sono considerati legittimi soltanto quando ciò è conveniente alla società.
Penso che la convinzione di fondo di Alan Moore sia molto chiaramente che, a un certo punto, Joker voglia portare tutti al suo stesso livello.
Christopher Nolan in un Q&A del 2008
Un’altra donna nel frigorifero
Ho chiesto alla DC se avessero qualche problema nel farmi paralizzare Barbara Gordon, e, se ricordo bene, ho parlato con Len Wein, che era il nostro editor, riguardo il progetto. Mi disse “Sì, certo, paralizza quella str**a”. Quella era probabilmente una delle aree in cui avrebbero dovuto tenermi a freno, ma non lo fecero.
Alan Moore per la rivista Wizard
Per provare la sua teoria, in The Killing Joke Joker vuole far impazzire il detective James Gordon. Per cui, come fosse una versione fumettistica di Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, il criminale entra a casa di Gordon e spara a sua figlia, Barbara, ovvero Batgirl. La ferita la paralizza dal busto in giù, dopodiché viene anche sessualmente molestata.
La violenza subita da Barbara, però, è soltanto funzionale alla storia, e a nessuno interessa della sua “brutta giornata”. Per questo la scrittrice Gail Simone ha incluso il personaggio nella sua lista di Women in the refrigerator (Donne nel frigorifero). Si tratta di una lista di donne nei fumetti che subiscono una violenza i cui effetti, a differenza delle loro controparti maschili, continuano a durare nel lungo periodo. Barbara rimane paraplegica per anni, infatti, nonostante The Killing Joke fosse una storia da non considerare canonica.
Giusto o sbagliato che sia riflettere su come avrebbero dovuto scrivere una storia a distanza di 30 anni, ciò che è importante è evidenziare come i personaggi femminili venissero utilizzati in passato, in modo da renderli più complessi e meglio inseriti in futuro. Barbara poi ha comunque avuto un’evoluzione: è diventata Oracolo, e ha continuato a combattere il crimine dietro un computer, come esperta dell’intelligence. La stessa Gail Simone l’ha resa membro fondatore delle Birds of Prey. In seguito, Barbara guarirà e tornerà a essere Batgirl.
Il simbolismo di Brian Bolland e di John Higgins
I disegni di Bolland sono pieni di simbolismo. Quando Batman, ad esempio, arriva al manicomio per parlare con Joker, cammina di fronte alla cella di Due Facce. L’aspetto di quest’ultimo è una anticipazione della dualità presente in The Killing Joke: follia e sanità mentale, giusto e sbagliato, Batman e Joker.
La vignetta finale è l’estrema manifestazione delle scelte stilistiche di Bolland. È infatti identica alla prima vignetta della prima pagina, in modo da indicare che Batman e Joker sono personaggi di una storia che non finirà mai, perché ognuno ha bisogno dell’altro per avere uno scopo nella vita.
Gli stessi colori sono folli. Higgins ha esaltato maggiormente l’intento di The Killing Joke di voler essere un viaggio all’interno della mente folle e contorta di Joker. Arancione e viola – e le loro sfumature – sono i colori predominanti. Brillanti, disturbanti, non rappresentano affatto la realtà effettiva delle cose. Qualche anno dopo, Bolland stesso si è cimentato nel colorare a modo suo la graphic novel, rendendo le atmosfere più oscure e noir, eliminando così la sensazione di follia espressa da Higgins tempo prima. In questo modo è come se si fosse aggiunta un’ulteriore dicotomia: ora chi legge può godere della stessa storia anche dal punto di vista di Batman, mentre Higgins l’aveva raccontata da quello di Joker.
Un finale pieno di domande
Una delle interpretazioni della storia è che Batman non rifiuta il modo di Joker di vedere il mondo, ma che provi comunque a rendere logica una vita che invece ne è priva. I due, per cui, sono facce della stessa medaglia. Sono entrambi pazzi. Ma The Killing Joke mostra anche che Batman e Joker hanno modi diversi per affrontare la loro follia. Alla fine di tutto, si rendono conto delle loro somiglianze e scoppiano a ridere assieme.
Il fumetto si presta anche a ulteriori interpretazioni: Grant Morrison, per esempio, noto autore della testata fumettistica di Batman, crede che alla fine Batman uccida Joker, nonostante la sua imprescindibile regola di non uccidere mai nessuno. Dopotutto, la barzelletta, ‘the joke’, è omicida, ovvero ‘killing’, solo metaforicamente o anche letteralmente? Visto che si trovano in un circolo vizioso, l’estrema decisione di Batman potrebbe essere prova della sua perdita di fede nel concetto di redenzione.
I rimpianti personali non influiscono sulla storia
In anni più recenti, Alan Moore si è discostato fortemente da molte delle sue stesse creazioni. In The Extraordinary Works of Alan Moore, scritto dallo stesso Moore e da George Khoury, l’autore dice espressamente che The Killing Joke non è stato altro che una semplice storia tra due personaggi della DC comics, e nulla di più.
Ma, come lo scrittore Julian Darius spiega nel suo And the Universe so Big: Understanding Batman: The Killing Joke, le intenzioni autoriali sono un puro inganno, perché se un giorno qualcuno trovasse un appunto di Shakespeare in cui il famoso scrittore spiegasse di aver scritto Amleto solo per soldi e che, come spettacolo, sia orribile, il suo lavoro rimarrebbe comunque uno dei più grandi capolavori della storia.
La stessa cosa vale per i fumetti e per lo stesso The Killing Joke: un volume indispensabile sugli scaffali della storia del fumetto. Una storia in cui la barzelletta suprema parla di come la linea di separazione tra follia e sanità mentale sia più vaga di ciò che pensiamo. Non solo nei fumetti, ma anche nel mondo reale.
Tag
Buy a ☕ for Hypercritic