Maestro di Bradley Cooper | Un matrimonio lontano dai riflettori
Year
Runtime
Director
Cinematographer
Production Designer
Music by
Country
Format
Subgenre
Il compositore, direttore d’orchestra e pianista americano Leonard Bernstein è considerato uno dei musicisti più carismatici e dotati del XX secolo. L’attore e regista Bradley Cooper rende omaggio all’imponente figura di Bernstein rievocandone il talento creativo e la dualità che ha pervaso la sua esistenza. Cooper porta tutto questo in vita nel secondo lavoro da regista, Maestro. Come per il dramma romantico musicale A Star is Born (2018), il suo debutto conclamato da regista, Cooper produce, scrive (qui a due mani con lo sceneggiatore e premio Oscar John Singer), dirige e recita in Maestro.
Il film potrebbe sembrare una biografia che ripercorre la vita professionale e i capolavori di un genio musicale poliedrico. Tuttavia, Cooper opta per un approccio più personale e si concentra sulla parte intima ed emotiva della vita dell’artista. Maestro si focalizza sulle ossessioni, i desideri e la mente tormentata di Bernstein. La narrazione del matrimonio con Felicia Montealegre (interpretata da Carey Mulligan) consente alla sfera privata dell’artista di andare oltre alla sua celebrata carriera. In questo modo, anche la moglie appare sotto i riflettori, trasformando la storia in un dramma romantico e intimo.
Lo sguardo meticoloso e profondo di Cooper dà vita ad una ricostruzione dettagliata, resa ancora più realistica dagli strumenti cinematografici. Il passaggio dal bianco e nero al colore, i diversi rapporti d’aspetto, l’uso della musica e i movimenti della macchina da presa contribuiscono a creare un ritratto idealizzato di due grandi artisti.
- Luce e oscurità: i due volti del musicista
- Un biopic con due protagonisti
- Mostrare l’intimità di una star
- Immaginare l’apice di una carriera
- Le differenze tra il vero Bernstein e l’interpretazione di Cooper
- Chi è il vero Maestro?
- Le critiche all’interpretazione di Bradley Cooper
Luce e oscurità: i due volti del musicista
Un’opera d’arte non dà risposte alle domande, le suscita. Il valore sta nella tensione delle risposte contraddittorie
Maestro si apre con questa frase di Leonard Bernstein (Bradley Cooper)
È il 1943. Il pianista e assistente direttore d’orchestra Leonard Bernstein (Cooper) vive della sua musica e di una relazione saltuaria con il clarinettista David Oppenheim (Matt Bomer). Ha solo venticinque anni quando debutta con la direzione della Filarmonica di New York, a causa di un’indisposizione del direttore ospite. La sua esibizione improvvisata lo catapulta rapidamente tra i grandi. Dopo tre anni a New York, incontra l’attrice di Broadway Felicia Montealegre (Mulligan). Tra i due c’è una chimica immediata, ma si sposano solo dopo anni. Nel frattempo, il successo professionale di Bernstein continua a crescere. Crea diversi capolavori negli anni cinquanta, incluso il musical West Side Story. Col passare del tempo, però, i due volti del compositore emergono in maniera sempre più chiara.
Tuttavia, Maestro è soprattutto la storia di un amore straordinario. Cooper crea il ritratto di un matrimonio complicato: un equilibrio tra tenerezza, pazienza, comprensione, compassione, forza e supporto reciproco. Un viaggio attraverso una relazione privata e necessariamente pubblica. Attraverso l’euforia e la depressione, l’impegno politico e l’abuso di alcol e droghe, in salute e in malattia. Finché morte non li separi.
Un amore profondo e resiliente
Sapevo di non voler fare un biopic, ma sapevo anche che se avessi inserito la sua musica, il risultato sarebbe comunque stato simile a ciò che un biopic avrebbe ottenuto.
Bradley Cooper intervistato per Variety
Pur essendo strutturato come un memoir, Maestro si discosta fin dall’inizio dal biopic. Siccome Bernstein ha trascorso tutta la vita nel mondo dello spettacolo, la scelta classica sarebbe stata quella di concentrarsi sulla sua professione. Cooper opta invece per una storia più intima, che segue il matrimonio del musicista con Felicia e qualche avventura adultera. All’inizio della storia, il protagonista ha una relazione con un musicista. Quando poi si trasferisce a New York e incontra Felicia, scatta la scintilla, ma la sua natura tormentata e passionale non gli permette di essere un buon marito.
Il film fa luce sulla doppia vita sentimentale del compositore e, di conseguenza, sulla sua bisessualità. Le relazioni LGBTQI+ e i relativi problemi sociali non sono temi nuovi nei film biografici o ambientati nel mondo dello spettacolo. La storia di Bernstein è simile (e in qualche modo opposta) a quella di Freddie Mercury, come raccontato da Bryan Singer in Bohemian Rhapsody (2018). Il film affronta anche lo stigma dell’HIV, così come Tick, Tick… Boom! (2021) di Steven Levenson. Ma anche questo aspetto ha una sfumatura più privata in Maestro, che si concentra sugli effetti nel matrimonio. La bisessualità di Bernstein è solo una delle tante sfaccettature della sua personalità. Una passione mai negata che ha messo a dura prova una relazione senza mai spezzarla.
Un biopic con due protagonisti
Lasciando quasi lo stesso spazio narrativo a Felicia e Leonard, Maestro diventa una storia con una coppia come protagonista. In questo modo Felicia, lontana da essere una figura secondaria, si trasforma nel personaggio principale di Maestro. Similmente a Jackie (2016) di Pablo Larraín, Maestro ritrae una grande donna di fianco a un grande uomo. Dal punto di vista narrativo, come l’intervista a Jackie Kennedy diventa una scusa per parlare di John F. Kennedy, Maestro lascia spazio alla sfera professionale e personale di Felicia Montealegre. Entrambi i film si rivelano una cornice che contiene due biografie diverse legate da una vita vissuta insieme.
La performance di Mulligan dà origine a un personaggio versatile ed eccelso, che si rivela il pilastro della coppia. Mentre Leonard è a pezzi, vacillante tra entusiasmo e depressione, Felicia è un’ancora stabile e non solo come moglie. Compagna autentica e fedele, resta al suo fianco durante le difficoltà che lui deve affrontare come musicista. Quando la paura di fallire e le insicurezze lo sopraffanno, Felicia dimostra di essere un solido sostegno per un essere umano fragile. Il film mostra, inoltre, la sua crescita come artista e una vita sotto i riflettori del mondo dello spettacolo.
Mostrare l’intimità di una star
Il direttore della fotografia Matthew Libatique aveva già lavorato con Cooper in A Star is Born. Per Maestro, sperimenta di più. Dopo molti tentativi, opta per la pellicola Kodak con le fotocamere Panaflex Milllenium XL. Il film passa dal bianco e nero al colore e il rapporto d’aspetto cambia lungo la narrazione.
Abbiamo voluto trasportare il pubblico in quel periodo della vita di Lenny utilizzando l’inquadratura 1.33:1 in bianco e nero. Quando la storia entra negli anni ’70, per segnare quel lasso di tempo, abbiamo cambiato colore. Poi, dopo la morte di Felicia, la pellicola si espande a 1.85:1. […] L’inquadratura 1.33:1, per la sua mancanza di destra e sinistra, sembra un abbraccio tra queste due persone.
Intervista di Matthew Libatique per Motion Picture Association
L’obiettivo principale di Cooper è mostrare la storia intima e commovente di un matrimonio. Aveva sempre immaginato il film in bianco e nero, ma Libatique ha introdotto il colore e i vari rapporti d’aspetto. Nelle scene B&W, l’inquadratura stretta abbraccia i protagonisti e li fa sembrare più vicini. I toni grigi e brillanti evocano un passato lontano, riportando lo spettatore a un’epoca da sogno. Quando si passa al colore, le immagini sono leggermente sgranate e meno vivide per richiamare alla mente il tempo in cui è ambientata la storia. Sia le immagini sia i movimenti della macchina ricordano lo stile documentaristico del passato. Persino l’inquadratura cambia e i personaggi sono inquadrati da lontano, per evidenziarne la dimensione privata. Dopo la morte di Felicia, il rapporto d’aspetto diventa ancora più ampio per enfatizzare la solitudine di Leonard.
Ogni scelta tecnica di Libatique aiuta lo spettatore a comprendere i salti temporali e lo stato emotivo. Tutte contribuiscono a ricostruire la storia d’amore che Cooper ha immaginato. Il rapporto iniziale richiama la fotografia di Le otto montagne (2022) di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Quest’ultimo, tuttavia, sceglie di enfatizzare la verticalità e l’altezza della montagne, mentre Libatique vuole l’opposto. L’apogeo di maestosità viene raggiunto durante il concerto nella Cattedrale di Ely.
Immaginare l’apice di una carriera
Leonard Bernstein diresse la “Sinfonia della Resurrezione” (Sinfonia n. 2) di Gustav Mahler nella Cattedrale di Ely nel 1973. L’episodio è stato condensato in una scena di sei minuti che costituisce il climax principale di Maestro. È stata una delle sequenze più impegnative non solo per Libatique ma anche per Cooper. La musica classica ha sempre occupato un posto speciale nella vita dell’attore, che da bambino era così affascinato dai direttori d’orchestra da chiedere in regalo una bacchetta. Rifiutava l’idea che qualcun altro potesse suonare il pianoforte o dirigere l’orchestra al suo posto. D’altra parte, non voleva imitare i gesti originali di Bernstein, impresa che sarebbe stata vana. Si trovò in difficoltà:
Purtroppo, il primo giorno è stato terrificante e orribile perché continuavo a sbagliare – e perché lo stavamo facendo dal vivo. […] E poi, fortunatamente, credo che tutti gli anni di preparazione e duro lavoro siano stati ripagati.
Bradley Cooper in un’intervista per Classic FM
In questa scena particolare, Cooper fa esplodere il suo ego artistico e si trasforma in un vero “maestro” per il film che sta dirigendo. Si è preparato sei anni per la scena, lavorando con direttori d’orchestra ricercati come Gustavo Dudamel e Yannick Nézet-Séguin, che l’hanno seguito durante le riprese. Il risultato è una sequenza potente ed evocativa, anche se lontana dalla realtà. Nonostante la natura presumibilmente veritiera di un biopic, qui il regista opta per una ricostruzione più spettacolare (resa possibile dai mezzi cinematografici), sebbene fittizia.
Le differenze tra il vero Bernstein e l’interpretazione di Cooper
Con movimenti esagerati e un’espressività estrema, mettendo da parte la serenità e l’eleganza dei gesti di Bernstein, Cooper dirige i 130 musicisti della London Symphony Orchestra. In effetti, nonostante la volontà di ricreare il concerto originale, l’entusiasta reinterpretazione cinematografica fa perdere di autenticità e credibilità il personaggio. Da parte loro, i musicisti hanno avuto qualche difficoltà a capire i gesti dell’attore. Secondo un timpanista, il primo tentativo è stato “un vero schifo“. Poi hanno portato sul set un’enorme gru tecnologica ed è avvenuta la magia. Dopo novanta minuti di riprese ininterrotte, Cooper ha spiegato: “Durante quell’ultima ripresa ricordo che mi sembrava davvero di volare sopra l’orchestra e di poter dirigere ogni musicista.”
La telecamera rimane quasi immobile per evidenziare la maestosità della cattedrale, dell’orchestra e del coro. Le diverse inquadrature e i movimenti discreti permettono allo spettatore di spostarsi tra i gesti dei musicisti e di apprezzarne i suoni. Soprattutto, le scelte di Libatique sottolineano la bravura di Bernstein come performer: il ritratto di un uomo che ha davvero trovato nella musica la sua fonte di vita.
Chi è il vero Maestro?
Uscito su Netflix il 20 dicembre dopo essere stato presentato in anteprima all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove era candidato per il Leone d’oro, Maestro annovera tra i suoi produttori due giganti dell’industria cinematografica: Martin Scorsese e Steven Spielberg. Come il protagonista, Cooper si è dimostrato un vero “maestro” come attore e come regista. Non è un caso che il film abbia ricevuto quattro nomination agli 81esimi Golden Globe e sette nomination ai 96esimi Academy Awards, tra cui miglior film, miglior sceneggiatura originale, miglior attore per Cooper e miglior attrice per Mulligan. Per completare i riconoscimenti, l’American Film Institute lo ha inserito tra i 10 film più importanti del 2023.
Le critiche all’interpretazione di Bradley Cooper
In Maestro, Cooper dimostra ancora una volta un’attenzione meticolosa ai dettagli. Per avere le stesse sembianze del compositore, il make-up artist gli ha fatto indossare una protesi al naso. Il suo lavoro è stato degno di una nomination all’Oscar per il miglior trucco e acconciatura, ma l’attore è stato accusato di “Jewface”, ovvero l’enfatizzazione di tratti estetici che stereotipano la comunità ebraica. Ciononostante, come riporta The Guardian, la Anti-Defamation League ha affermato che l’uso della protesi era solo una ricostruzione del vero naso di Bernstein. Un altro dettaglio importante è la colonna sonora, formata dai componimenti originali di Bernstein. Come in Ennio di Giuseppe Tornatore, sono l’elemento biografico più significativo che accompagna l’intera narrazione. La musica cambia nel tempo, unisce la sfera privata e pubblica e segue tutti i momenti della vita professionale di Bernstein.
Ogni dettaglio contribuisce alla creazione di un biopic insolito che si trasforma in un’indagine delicata sulla natura del matrimonio. Come in Scene da un matrimonio (2021) di Noah Baumbach, il film si interroga sulle basi di un amore duraturo. Attraverso l’analisi della coppia, Bernstein appare nella sua forma più umana e tormentata. Un uomo pieno di conflitti interiori che riecheggiano in ogni aspetto della sua esistenza: vita pubblica e privata, musica pop e colta, sessualità fluida, euforia e depressione. Questa dualità si fa più forte nella coesistenza di due amori infiniti: Felicia e la musica. Come spiega lui stesso, lei sarebbe rimasta al suo fianco per sempre, ma la musica gli ha dato una ragione per vivere.
Tag
Buy a ☕ for Hypercritic