Moon Knight (2016)| Le personalità di Marc Spector secondo Jeff Lemire
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Il disturbo dissociativo dell’identità (DID) è un argomento ricorrente nei fumetti Marvel, ma Jeff Lemire e il suo Moon Knight si distinguono per l’approccio approfondito e preciso. Anticipando quanto fatto da Al Ewing con il suo Hulk, Lemire utilizza Marc Spector e le sue personalità multiple per scavare in profondità nei significati metaforici che una storia di supereroi può avere. Con un approccio più serio rispetto alla serie tv su Disney+, qui Moon Knight deve fare i conti con le sue diverse personalità e lottare contro un padre surrogato per avere una presa più salda sulla sua vita. (spoiler alert)
Jeff Lemire dà una lettura psicologica di Moon Knight
Marc Spector un tempo era un mercenario, come mostrato nell’iconica prima serie creata da Doug Moench e Bill Sienkiewicz. Durante una missione in Egitto, muore e torna in vita come Moon Knight, avatar di Khonshu, divinità egizia della Luna. Per un certo periodo, il personaggio sembrava destinato a diventare il Batman della Marvel. Steven Grant, una delle personalità di Marc, è infatti un playboy milionario e un produttore di Hollywood. Inoltre, scrittori come Warren Ellis hanno impiegato meravigliosamente la varietà di gadget e abiti di cui Moon Knight dispone. Non ha raggiunto la stessa popolarità del suo equivalente pipistrello, ma molti scrittori hanno esplorato il personaggio con un tocco personale.
Nel fare ciò, Jeff Lemire chiarisce immediatamente che il suo Moon Knight sarà incentrato sulla malattia mentale di Marc. Dopo un colloquio in sogno con Khonshu, Marc si risveglia in un istituto psichiatrico. Il personale fa del suo meglio per tenere Marc ben sedato. Quando lui protesta, un paio di pugni diventano parte della terapia. Nel corso della storia, Marc dovrà affrontare i tentativi della dea Ammut di tenerlo prigioniero all’interno dell’istituto e le dure esortazioni di Khonshu a fare ciò che dice.
Il vero nemico di Marc, però, è lui stesso e la sua personalità frammentata. Jeff Lemire gioca sapientemente con le caratteristiche di Moon Knight, ricordando a volte la sensazione di disorientamento di Mulholland Drive. Combinando i suoi legami con le divinità egizie e la sua malattia, l’autore diffonde una nube di ambiguità. Sta accadendo davvero tutto questo, è il trucco di qualche entità superiore o è tutto all’interno della mente di Marc?
Qualunque cosa il protagonista stia affrontando, diventa presto chiaro che deve fare i conti con la sua instabilità mentale. E la presenza di Khonshu all’interno di Marc, che gli sussurra perpetuamente cosa fare, è un aspetto importante della questione.
Emanciparsi dalle figure genitoriali
Khonshu è il Dio della Luna, protettore dei viaggiatori notturni, e di solito è una figura benevola. Lemire, però, decide di fornirne una versione più ambigua e oscura, con scopi personali, celati dal suo atteggiamento paternalistico. Mentre negli episodi di Ellis Khonshu è una figura imperscrutabile, qui è opprimente. Si comporta come un padre che vuole decidere al posto di suo “figlio” Marc, approfittando della sua psiche instabile.
L’autore scava in profondità nel passato di Moon Knight, intrecciandolo costantemente con gli eventi del presente. Rivela che Marc vedeva Khonsu già da bambino e complica le dinamiche del loro rapporto. Il Dio ha fatto di Marc il suo avatar a causa della sua mente debole o ha causato questa debolezza in primo luogo? Il fulcro della storia è l’equilibrio interiore. Per questo Lemire offre diverse prospettive sulla stessa scena. Il significato cambia a seconda dal punto di osservazione del lettore.
A prescindere dal punto di vista, però, il legame che Marc e Khonshu condividono si rivela tossico. Khonshu è un genitore autoritario che non permette al figlio di essere se stesso e di diventare indipendente. Può anche essere visto come una parte della mente di Marc, che preferisce lasciarsi andare invece di affrontare la sua difficile condizione. L’intera storia punta al confronto finale con lui, che permetterà a Moon Knight di rinascere come individuo autonomo.
I volti del molteplice
Nell’esempio forse più eclatante nella storia editoriale di Moon Knight, le personalità multiple prendono vita con stili di disegno completamente diversi. L’artista Greg Smallwood è stato accompagnato da altri tre autori nella parte centrale della serie. Dalle cupe tavole di Francesco Francavilla, al tratto pulito di Wilfredo Torres e alle matite marcate e ricche di dettagli di James Stokoe, gli eventi quasi si sovrappongono, facendo vivere al lettore una suggestione visiva e narrativa di cosa significhi soffrire di disturbo dissociativo dell’identità.
Gli altri episodi illustrati da Smallwood passano da uno stile più grezzo delle scene oniriche a un tratto più pulito nelle scene restanti. Insieme a idee originali di layout e inquadratura, anche se alla lunga ridondanti, contribuiscono alla sensazione di incertezza della serie. A questo Moon Knight forse manca l’ispirazione visiva arguta e varia di quello di Ellis e Declan Shalvey. Tuttavia, Lemire e Smallwood cercano di rendere la pagina qualcosa di più di un semplice spazio bianco riempito di immagini. Seguendo la lezione di Promethea e Sandman: Overture di J.H. Williams III e dell’Occhio di Falco di David Aja, la pagina a volte non ha bisogno di parole e testo.
Un nuovo inizio
Per poter affrontare Khonshu, Marc deve prima fare pace con se stesso. La parte centrale della storia è dedicata all’esplorazione di tutte le identità di Marc: il milionario Steven Grant, il tassista Jake Lockley e anche un nuovo Marc, che combatte gli alieni nello spazio. Il fatto che siano così diverse l’una dall’altra è sinonimo dell’incapacità di Marc di affrontare la sua malattia. Ogni identità è un modo per sfuggire alla malattia, ma alla fine convergeranno tutte nello stesso luogo. Accettarle tutte sarà il modo in cui Marc accetterà ciò che è, comprendendo che questa condizione fa parte di lui. Con questa consapevolezza, diventa anche possibile superare le richieste opprimenti di Khonshu e rompere il suo incantesimo di sottomissione.
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