La Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka | Un'allegoria dei peccati capitali

Postato il 14 Dicembre, 2023

Le allegorie sono state spesso utilizzate nelle storie per trasmettere moralità e insegnamenti fin dall’inizio della narrazione. A partire dalle leggende popolari, passando per i testi sacri, le fiabe e persino il cinema. La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory), il romanzo per l’infanzia del celebre autore inglese Roald Dahl, rientra a pieno titolo in questo genere di storie allegoriche. I vizi capitali trovano una loro simbolica declinazione sia nell’opera originaria – resa intramontabile dal personaggio di Willy Wonka – sia nei suoi molteplici adattamenti. Un’autentica iconografia moderna in grado di consentire una lettura stratificata e di mettere in scena un inferno dantesco a misura di bambini.

La fabbrica di cioccolato è ispirato da eventi reali

La fabbrica di cioccolato fu pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti dalla casa editrice Alfred A. Knopf nel 1964 e da George Allen & Unwin nel Regno Unito. L’autore fu influenzato da alcuni eventi reali. Tra questi, l’abitudine dell’azienda Cadbury, uno dei più noti produttori di dolciumi della Gran Bretagna, d’inviare agli studenti universitari campioni gratuiti di dolciumi in anteprima, per poi commercializzare solo i prodotti che avevano ricevuto i voti migliori. Inoltre, negli anni ’20 scoppiò una vera e propria guerra tra i principali produttori di dolci. Il romanzo racconta infatti di spie realmente esistite, incaricate di rubare le ricette segrete degli avversari.

Il seguito del romanzo, Il grande ascensore di cristallo (Charlie and the Great Glass Elevator), fu pubblicato nel 1972. Sebbene Dahl avesse intenzione di scrivere una trilogia, il terzo volume rimase incompiuto. Il regista statunitense Mel Stuart ha realizzato il primo adattamento cinematografico nel 1971 con il film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (Willy Wonka & the Chocolate Factory) e Gene Wilder nei panni del protagonista. Nel 2007, Tim Burton ha scritturato il poliedrico Johnny Depp per interpretare l’eccentrico cioccolataio nel suo omonimo adattamento. A dicembre 2023 esce nelle sale Wonka, un prequel diretto da Paul King e dedicato esclusivamente al fondatore e proprietario della fabbrica di cioccolato, interpretato da Timothée Chalamet.

La trama: cinque bambini baciati dalla fortuna

Charlie Bucket è un ragazzino nato in una famiglia talmente povera che i suoi quattro nonni condividono lo stesso letto. Suo padre lavora in una fabbrica di dentifricio, mentre sua madre non può cucinare altro che una zuppa di cavoli. Solo una volta all’anno, in occasione del suo compleanno, Charlie riceve una tavoletta di cioccolato di cui va matto. Alla vigilia del suo compleanno, Willy Wonka, il proprietario della misteriosa fabbrica di cioccolato che da anni opera senza lavoratori, indice un concorso. Ha nascosto cinque biglietti d’oro all’interno delle confezioni delle sue famose tavolette di cioccolato. I bambini che riusciranno a trovarli potranno visitare la sua fabbrica e ricevere una fornitura a vita di dolciumi.

August Gloop, un bambino paffuto e goloso di dolci, trova rapidamente il primo biglietto. Veruca Salt, una ragazzina viziata e allergica al “no” come risposta, riceve il secondo. Violetta Beauregarde, una campionessa incapace di perdere qualsiasi sfida, benché non ami il cioccolato, vince il terzo. Mike Tivù, un bambino teledipendente, riesce a ottenere il quarto biglietto grazie a un algoritmo. Ricevuta la sua tavoletta, Charlie la scarta con mani tremanti per trovarvi solo cioccolato. Qualche giorno dopo, la fortuna lo assiste facendogli trovare dei soldi davanti al negozio di dolciumi. Così, di lì a poco, diventa il quinto bambino fortunato visitatore della fabbrica di cioccolato Wonka.

Favole moderne in schemi ancestrali

La prima edizione de La fabbrica di cioccolato conteneva anche i disegni originali dell’autore, che accompagnavano e completavano le descrizioni. L’uso delle illustrazioni rende immediatamente visibili i personaggi immaginati da Roald Dahl. Inoltre, crea un legame tra il romanzo e i classici libri di fiabe per bambini. Il narratore di Dahl, peraltro, si rivolge direttamente al lettore, instaurando un dialogo che ricorda la narrazione orale.

Anche i personaggi presentano alcuni aspetti simili a quelli delle storie classiche e popolari. Gli Umpa Lumpa sono piccole creature provenienti da un mondo lontano e misterioso. Ricordano i nani operosi e canterini di Biancaneve. Persino gli scoiattoli addestrati a sgusciare le noci ricordano gli animali antropomorfi presenti in molte fiabe, come i topi di Cenerentola. La fabbrica stessa, un sogno goloso fatto interamente di dolci, diventa un luogo a metà tra il Paese dei balocchi di Pinocchio e una versione in grande scala della casetta di Hänsel e Gretel. In più, l’aspetto dei bambini protagonisti sembra dare forma concreta ai loro tratti caratteriali, esprimendone i difetti.

La grandezza dell’essere bambini

Augustus, Veruca, Violetta e Mike incarnano ciascuno un vizio capitale che li porterà a pagare le conseguenze delle loro azioni. Charlie, al contrario, diventa il simbolo della purezza dell’infanzia. Molte opere di Dahl – tra cui James e la pesca gigante (James and the Giant Peach) del 1961 e Matilde (Matilda) del 1988 – trattano il tema della superiorità morale dei bambini. Gli adulti sono spesso rappresentati come insensibili e sciocchi. Sono troppo legati al mondo materiale e incapaci di cogliere il cuore delle cose. Questo è un tema ricorrente anche ne Il piccolo principe (Le Petit Prince) di Antoine de Saint-Exupéry. Anche se Charlie è più simile a Oliver Twist e ad altri personaggi dickensiani, essendo il suo carattere forgiato dall’estrema povertà. Lo stesso Wonka deve il suo genio unico al fatto di non essere mai cresciuto davvero e di aver mantenuto un forte legame con la capacità infantile di sognare.

I bambini si ritrovano quindi come moderni Davide alle prese con Golia. Questi ultimi, oltre a essere più grandi di loro, hanno il potere di decidere. Questo non significa, però, che il finale sia scontato. Come nelle migliori leggende, Dahl insegna che gli eroi possono assumere qualsiasi dimensione. L’astuzia e lo spirito nobile sono le loro armi che li portano a trionfare anche quando sembra impossibile.

Willy Wonka, eccentrico e folle, diventa una guida in un paradiso che a volte si trasforma in inferno per chi infrange le regole. Così come le fiabe classiche nascondevano una morale, la voce narrante esplicita un insegnamento già a livello istintivo, senza mai sbracare o diventare saccente. Augustus, Veruca, Violetta e Mike danno forma concreta a un peccato da punire. Il racconto di Dahl diventa così una moderna allegoria che cala i vizi nella realtà, creandone una nuova iconografia.

L’iconografia dei vizi capitali nella fabbrica di cioccolato

Nella fede cristiana, i sette vizi capitali, noti anche come peccati capitali, rappresentano una categoria di comportamenti immorali. Sebbene non siano citati direttamente nella Bibbia, ci sono delle analogie con le sette cose che Dio detesta nel Libro dei Proverbi. I comportamenti che rientrano in questa categoria possono condurre ad altri peccati. Superbia, avarizia, ira, invidia, lussuria, gola e accidia sono i sette vizi capitali. Questi mali sono spesso associati in opposizione alle virtù, in particolare alle tre virtù teologali e alle quattro virtù cardinali.

“Vizi” deriva dal latino “vĭtĭum”, che si traduce come mancanza o abitudine deviata. Poiché questi vizi sono più gravi e centrali nella natura umana, sono considerati “capitali”. La loro classificazione iniziò con i Padri del deserto, in particolare Evagrio Pontico. Successivamente, il suo allievo Giovanni Cassiano, grazie al libro Le Istituzioni cenobitiche, la diffuse in Europa. Le pratiche confessionali cattoliche, così come le opere letterarie come il Purgatorio di Dante, furono influenzate da questa categorizzazione. Numerose opere d’arte nelle chiese cattoliche e libri di testo antichi mostrano i sette vizi capitali. Nella tradizione cristiana occidentale, questi peccati sono considerati azioni degne di condanna. Al pari di quelli contro lo Spirito Santo e di quelli che invocano la vendetta divina.

The Inferno according to Dante, after the Last Judgment fresco in the Campo Santo, Pisa. Various artists/makers ca. 1460–80. Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York.

Gola / Augustus Gloop

Proprio il giorno dopo fu trovato il primo Biglietto d’oro. Lo trovò un bambino che si chiamava Augustus Gloop, e il giornale della sera del signor Bucket riportava in prima pagina una sua grande foto. La foto mostrava un bambino di nove anni così sproporzionatamente grasso che sembrava fosse stato gonfiato con una potente pompa. Grossi rotoli di grasso flaccido gli pendevano da ogni parte del corpo e la faccia pareva una mostruosa palla di pasta da cui spuntavano due occhietti avidi a forma di uva passa intenti a scrutare il mondo. Il giornale diceva che la città in cui Augustus Gloop viveva era impazzita di gioia ed egli era diventato subito un eroe.

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato (1964)

È così che viene rappresentato dall’autore Augustus Gloop, il primo vincitore del biglietto d’oro di Willy Wonka. Come Dahl, anche gli artisti dei secoli passati, da Giotto a Jacques Callot, da Hieronymus Bosch a Otto Dix, hanno interpretato i vizi capitali, ciascuno con la propria iconografia.

Il peccato di gola è considerato uno dei vizi capitali. Contrasta con la virtù della modestia ed è legato all’ingiustizia sociale, in particolare nel contesto medievale, dove i poveri non potevano permettersi di comprare cibo. Ogni vizio ha una sua iconografia simbolica. La gola si distingue per trasformare visibilmente il corpo, rendendolo grasso e deforme. A volte questi soggetti venivano raffigurati con il collo allungato o in compagnia di animali spesso associati alla voracità come orsi, lupi o maiali.

La Gourmandise (Gluttony), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620 Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art
La Gourmandise (Gluttony), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620. Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York.

Nel contesto dantesco, i golosi sono rappresentati come una massa informe ricoperta di fango scuro, priva di gioia spensierata e di appetito. Dante e Virgilio camminano con noncuranza su questa melma infernale. Essa simboleggia la perdita dell’appetito spensierato dei golosi, ormai ridotti ad anime fetide immerse in un mare di melma scura.

Lussuria / Veruca Salt

Il giornale annunciò che era stato trovato anche il secondo Biglietto d’oro. La fortunata era una ragazzina di nome Veruca Salt che abitava in una grande città lontana insieme ai suoi ricchi genitori. Ancora una volta, il giornale della sera del signor Bucket aveva in prima pagina una foto della vincitrice. Seduta in mezzo ai raggianti genitori nel salotto della sua villa, Veruca agitava in aria il Biglietto d’oro, con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro.

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato (1964)

La lussuria è il peccato associato a Veruca Salt, la seconda vincitrice del Biglietto d’Oro di Wonka. Un attaccamento eccessivo ai beni terreni è la manifestazione di questo vizio, che era considerato particolarmente grave nel Medioevo. A questo fanno riferimento anche i peccati carnali, come ad esempio quello commesso da Paolo e Francesca. La gravità di questo peccato diminuisce durante il Rinascimento, consentendo all’uomo di soddisfare i propri desideri. Di conseguenza, la lussuria può essere raffigurata come una figura femminile, sia brutta e nuda, afflitta da serpenti, sia bella come la sensuale dea dell’amore, Venere. Animali come conigli, coccodrilli, caproni e pernici sono spesso rappresentazioni della lussuria.

La Luxure (Lust), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620 Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art
La Luxure (Lust), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620. Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York.

Il contrappasso dantesco per i lussuriosi è rappresentato nel secondo cerchio dell’Inferno. Qui sono tormentati da un vento infernale. Una rappresentazione dei desideri incontrollati che li hanno spinti a peccare nella loro vita terrena. Questo vento impetuoso spinge senza sosta gli spiriti lussuriosi avanti e indietro, non trovando mai pace. Essi sono destinati a vagare per sempre in questa tormenta, che simboleggia la mancanza di controllo e stabilità che ha caratterizzato il loro comportamento in vita.

Superbia / Violetta Beauregarde

Il terzo biglietto è stato trovato da una certa signorina Violetta Beauregarde. C’era grande animazione in casa Beauregarde quando il nostro inviato è arrivato per intervistare la fortunata ragazza – tra il crepitare delle macchine fotografiche e i lampi dei flash, una folla di curiosi faceva ressa per cercare di avvicinarsi alla fanciulla, improvvisamente salita alla ribalta della celebrità, che se ne stava in piedi su una sedia del salotto, agitando freneticamente il Biglietto d’oro come se dovesse chiamare un taxi. La ragazza parlava velocemente e ad alta voce con tutti, anche se era un po’ difficile sentire quello che diceva perché, nel frattempo, continuava a masticare furiosamente un pezzo di gomma americana…

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato (1964)

Il personaggio di Violetta è associato al peccato di superbia. Si tratta di un vizio capitale legato al considerarsi superiori a tutto, anche alle leggi. Spesso questo peccato è rappresentato dall’immagine di una donna vestita di rosso che si ammira in uno specchio. Talvolta è accompagnata da un leone, un pipistrello, un’aquila o un pavone. Riflessa nello specchio, c’è in molti casi l’immagine di Satana.

La Colère (Wrath), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620 Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York
La Colère (Wrath), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620. Image Pleasantry of The Metropolitan Museum of Art, New York.

Il Purgatorio rappresenta il contrappasso per coloro che hanno peccato di superbia nella Divina Commedia. Qui, enormi massi che rappresentano la loro superbia, costringono i peccatori a tenere il capo chino sotto il loro peso. Di conseguenza, il contrappasso dantesco per questo vizio comporta l’inversione di tale comportamento attraverso l’umiliazione.

Ira / Mike Tivù

«Anche casa Tivù, come le altre» riprese a leggere il padre di Charlie, «era piena di cronisti e fotografi quando è giunto sul posto il nostro inviato speciale, ma il giovane Mike, il fortunato vincitore, sembrava piuttosto contrariato da tutta quella confusione. Continuava infatti a gridare arrabbiato: “Possibile che non capiate che sto guardando la televisione, brutti scemi? Cercate di non disturbarmi!”…»

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato (1964)

Proprio perché la perdita di controllo e l’espressione vendicativa sono comuni in questo stadio della vita, quando la consapevolezza di sé non è ancora completamente maturata, Ira è spesso associata a un personaggio giovane, come Mike Tivù. Il giovane è spesso raffigurato con occhi di fuoco e armato di spada o pugnale.

La Colère (Wrath), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620 Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York
La Colère (Wrath), From Les Péchées Capitaux (The Deadly Sins) Jacques Callot French ca. 1620. Image Courtesy of The Metropolitan Museum of Art, New York.

Il quinto cerchio dell’Inferno della Divina Commedia di Dante mostra il contrappasso per coloro che hanno peccato d’ira. Qui, gli iracondi sono intenti a percuotersi tra loro in un fiume di fango chiamato Stige. Di conseguenza, nella visione dantesca, il contrappasso per coloro che soffrono di peccato d’ira comporta una condanna in cui i peccatori sono intrappolati in un ambiente che riflette la natura distruttiva e tumultuosa della loro rabbia.

La fabbrica di cioccolato di Tim Burton

I personaggi dei quattro bambini si accostano e rispettano questa tradizione iconografica anche negli adattamenti cinematografici dell’opera di Dahl. Soprattutto nella versione burtoniana del 2005.

Augustus Gloop (Philip Wiegratz) è fedele alla descrizione fatta dall’autore. Il bambino finisce quasi per annegare in un enorme fiume di cioccolato, un rimando al fango scuro che ricopre i golosi nell’inferno dantesco. Veruca Salt (Julia Winter), la bambina viziata allergica al “no”, viene attaccata e portata via da una massa di scoiattoli operai. Violetta Beauregarde (AnnaSophia Robb), pluripremiata campionessa da record che si considera superiore ai suoi coetanei, alla fine dovrà affrontare l’umiliazione di gonfiarsi come un enorme e rotolante mirtillo blu. Infine, Mike Tivù (Jordan Fry) rimane il bambino saputello e iracondo ossessionato dalla tv e dai videogames, che finirà per essere rimpicciolito dalla “televisione cioccolosa” di Wonka.

Genesi della versione burtoniana

Roald Dahl non era particolarmente entusiasta del primo adattamento cinematografico di Mel Stuart con protagonista Gene Wilder. La sua sceneggiatura fu scartata e poi riscritta da David Seltzer, con l’aggiunta di eccessive modifiche alla trama originale e musiche troppo smielate per i suoi gusti. Dopo la morte dell’autore, la Warner Bros. ha cercato per un lungo periodo un regista ideale per un nuovo adattamento. Alla fine, in accordo con Felicity Dahl e la figlia Lucy, hanno scelto Tim Burton. Burton era un grande fan di Dahl e nel 1996 aveva già prodotto un adattamento di una sua opera con il film d’animazione James e la pesca gigante (James and the Giant Peach). Per di più, anche a Burton non era piaciuta la versione di Stuart, ritenendola troppo distante dall’originale.

Burton ha potuto leggere i manoscritti originali quando ha visitato la casa dello scrittore. In particolare, il regista rimase affascinato dal dark humor presente in alcune versioni private dei testi originali che sono state in seguito pubblicate con diversi tagli di parti considerate “politicamente scorrette”. Insieme allo sceneggiatore John August, l’obiettivo era uno solo: rimanere fedeli al romanzo originale per renderlo “il più roaldahliano possibile”.

Per firmare la colonna sonora, Burton porta a bordo il suo collaboratore di lunga data, Danny Elfman. Johnny Depp veste i panni di Willy Wonka e il giovane Freddie Highmore quelli di Charlie Bucket.

Libro vs. Film

Come anticipato, la versione di Burton è quella che più rispetta l’opera originale. Il duo Burton/August include numerose parti del libro che non erano state incluse nella versione del 1971, come il racconto sulla costruzione del gigantesco palazzo di cioccolato per il principe indiano e l’assalto degli scoiattoli a Veruca. Nonostante ciò, il film incorpora anche elementi diversi e nuovi, come la tematica del rapporto padre-figlio e l’importanza della famiglia, nonché una storyline sulle origini di Wonka.

Burton è molto affezionato alla problematica relazione tra genitore e figlio, tema presente fin dai suoi esordi con il corto Vincent. Ne La fabbrica di cioccolato, il regista utilizza una serie di flashback per ricostruire il conflitto tra Willy Wonka e il padre, il Dr. Wilbur Wonka (Christopher Lee). Questi flashback mostrano l’infanzia di Wonka, incompreso e infelice, a fianco di un padre troppo severo, permettendo a chi guarda di esplorare le diverse sfaccettature di un personaggio così iconico.

La tematica ricorrente del rapporto padre-figlio è un elemento autobiografico del regista. Lo stesso Burton aveva chiuso i rapporti con i suoi genitori sin dall’adolescenza. Nel 2002, durante la sua visita alla madre morente nella casa di Lake Tahoe, Burton è molto sorpreso quando scopre che sua madre aveva attaccato e incorniciato numerosi poster dei film del figlio alle pareti. Questo episodio è stato inserito ne La fabbrica di cioccolato nella scena in cui Wonka, tornato dal padre per riappacificarsi con lui, scopre che questi ha affisso ritagli di articoli che narrano i successi del figlio nella sua stanza.

Il personaggio di Wonka di Depp doveva essere, per stessa ammissione dell’attore, completamente diverso da quello di Wilder. La versione di Depp e Burton del folle cioccolataio era ispirata ai bizzarri personaggi di alcuni programmi televisivi per bambini, come Bob Keeshan di Captain Kangaroo e Al Lewis di The Uncle Al Show. Inoltre, Depp per l’acconciatura, gli occhiali di Wonka si è ispirato alla direttrice di Vogue America Anna Wintour.

Tecnica e stile burtoniani

Le caratteristiche tipiche del cinema di Burton sono presenti anche ne La fabbrica di cioccolato. L’estetica gotica burtoniana, con i suoi toni cupi, è evidente già nell’incurvatissima e spigolosa casa dei Bucket (un omaggio alla capanna in cui Dahl era solito scrivere), così come nei volti e nei costumi dei membri della famiglia Bucket, tutti eccessivamente magri a causa della loro povertà e con i tipici solchi in viso dei protagonisti burtoniani per eccellenza (impossibile non pensare a Emily de La sposa cadavere).

La tecnica dell’illuminazione high-key è stata ampiamente utilizzata nelle scene all’interno della fabbrica di cioccolato per renderle più luminose e sottolineare i colori vivaci e brillanti, come il rosso del cappotto di Wonka o il verde dei finti fili di erba di cioccolato, dando loro un’atmosfera straordinaria e di meraviglia. Inoltre, l’illuminazione high-key serve a sottolineare il contrasto con il mondo reale e noioso al di fuori della fabbrica di Wonka.

La versione cinematografica degli inferi

Il primo adattamento era già considerato un film horror per bambini a causa di alcune scene per certi versi terrificanti. Anche nei film, infatti, l’avventura all’interno della fabbrica di cioccolato sembra essere un viaggio nell’inferno dantesco a misura di bambino.

I bambini vengono traghettati sull’imbarcazione in un luogo buio e su un fiume di cioccolato che ricorda lo Stige. Nel primo adattamento, la scena è rivestita di un intenso rosso e i genitori, che accompagnano i loro figli, chiedono con disperazione quando quella terribile navigazione terminerà. Inoltre, in questa particolare interpretazione della storia, Wonka sostituisce Virgilio. Il cioccolatiere accompagna il piccolo Charlie/Dante nel suo viaggio all’interno della fabbrica e simbolicamente verso il paradiso. Nel film questo avviene attraverso un ascensore velocissimo che plana sopra il firmamento con Charlie al suo interno.

Ogni bambino/peccato capitale viene punito attraverso una sorta di legge del contrappasso dantesca, spiegata dalle canzoni degli Umpa Lumpa. Ogni brano è inoltre adattato a uno stile musicale del passato.

Nella versione originale del romanzo, inizialmente pensato per un pubblico adulto, i bambini dovevano essere sette come i peccati capitali. Tuttavia, per evitare che il libro diventasse troppo lungo, furono eliminati tre personaggi presenti nella prima versione. Nella successiva rielaborazione per un pubblico più giovane, Dahl ha adattato l’idea iniziale rendendo il suo viaggio attraverso gli inferi a un pubblico più giovane.

La versione di Tim Burton è diventata rapidamente un cult che ha vinto molti premi. Il film è l’adattamento cinematografico di maggior incasso basato su un libro di Roald Dahl. È anche il secondo film del regista di maggior incasso fino ad oggi, dopo Alice in Wonderland.

Grandi punizioni per piccoli peccatori

Allegorie, favole e parabole sono accomunate dallo scopo narrativo di trasmettere un valore o una lezione. Nel caso delle favole, tale insegnamento era spesso rivolto ai bambini. La fabbrica di cioccolato raccoglie questa eredità, creando una trama apparentemente semplice intorno a uno schema profondo e complesso. Come Le cronache di Narnia (The Chronicles of Narnia) di C. S. Lewis incorporava elementi della dottrina cristiana e teologici in un’avventura fantastica, Dahl presenta una rilettura dei vizi capitali in un contesto contemporaneo.

L’iconografia antica trova un’estetica attuale nella rappresentazione dei bambini, funzionale al trasmettere la facilità di cadere nel peccato. Veruca, troppo giovane per il desiderio carnale, esprime la lussuria nell’attaccamento ai beni materiali. Mentre la gola di Augustus trova il contesto ideale nell’ingordigia verso i dolci. La superbia di Violetta si manifesta nell’incapacità di comprendere la sconfitta e l’ira di Mike nel comportamento scontroso di un bambino incapace di interagire con gli altri.

I richiami alla Divina Commedia trovano espressione nelle punizioni subite dai bambini per contrappasso. Castighi comici, esagerati, che non compromettono la salute dei bambini, ma che con facilità comunicano una morale: vizi e peccati non portano alla vittoria, sono sbagli da pagare. Nella Divina Commedia, però, il contrappasso era destinato alle anime dei defunti, costrette alla sofferenza eterna all’inferno, mentre Dahl infonde l’insegnamento di speranza. I bambini, usciti più o meno incolumi dalla fabbrica, hanno la possibilità di imparare dai propri errori per crescere migliori. Solo Charlie, umile e generoso, merita di elevarsi a una condizione migliore.

Presentandosi come un’avventura favolistica, La fabbrica di cioccolato diventa un’originale interpretazione dell’opera di Dante per bambini. Una rilettura straordinaria, in cui un paradiso zuccheroso si trasforma in inferno per chi cede al vizio. E se non si è mai troppo piccoli per sbagliare, la giusta punizione rende sempre possibile il riscatto.

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