Pinocchio di Guillermo del Toro | Tra il classico e il cinema d'autore
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C’era una volta un burattino di legno che sognava di diventare un bambino vero. Il suo creatore era un vecchietto di nome Geppetto. Col passare degli anni, le persone si appassionarono alla sua storia. Tra loro c’è anche Guillermo Del Toro, un regista. Un giorno, con il prezioso contributo del visionario dell’animazione Mark Gustafson, il regista decide di raccontare a suo modo questa magica storia. Il risultato è un’avventura in stop-motion che trasforma l’intramontabile fiaba in un fantasy dark ambientato nell’Italia fascista.
Prodotto da Netflix e distribuito nel 2022, il film ha vinto numerosi premi, tra cui l’Oscar per il miglior film d’animazione alla 95ª edizione degli Academy Awards. Inoltre ha vinto il Golden Globe, il e il Critics’ Choice Movie Award come miglior film d’animazione.
Le avventure di un bambino di legno
Sebastian J. Cricket, è il grillo che (doppiato da Ewan McGregor) racconta le vicende avvincenti e commoventi di Pinocchio (Gregory Mann) e di suo padre, Mastro Geppetto (David Bradley). Prima di creare Pinocchio, Geppetto aveva un figlio in carne ed ossa di nome Carlo (come Carlo Collodi, l’autore del romanzo originale del 1883, Le avventure di Pinocchio). Purtroppo Carlo rimane vittima di un bombardamento aereo durante la Prima Guerra Mondiale. Geppetto lo seppellisce insieme alla sua pigna e vent’anni dopo un grande albero si innalza sulla tomba di Carlo.
In preda ad un attacco d’ira e ubriaco, Geppetto lo abbatte per scolpire nel legno un bambino somigliante al figlio perduto. Mentre si addormenta, non vede che lo Spirito del Bosco (Tilda Swinton) viene a fargli visita durante la notte e dà vita a Pinocchio.
Dopo qualche peripezia, il Podestà locale, o capo dell’amministrazione comunale, (Ron Perlman) ordina a Geppetto di mandare il bambino di legno a scuola. Ma per strada Pinocchio incontra il Conte Volpe (Christoph Waltz), che lo convince a marinare la scuola e a unirsi al suo circo. Quando Geppetto affronta Volpe per riavere suo figlio, Pinocchio cade involontariamente e muore. Nell’aldilà, però, incontra la Morte (Swinton), che lo informa che non può morire in quanto non è umano. Tornato nel mondo dei vivi, il bambino non teme più nulla e il povero Geppetto non riesce a tenerlo lontano dai guai.
Per evitare di iscriversi all’Opera Nazionale Balilla, Pinocchio si unisce al circo e diventa una star. Una sera deve esibirsi davanti a Benito Mussolini in persona, ma finisce per cantare una canzone che mette in ridicolo il Duce. Inviato in un campo militare, incontra Lucignolo (Finn Wolfhard), il figlio del Podestà e leader dei bambini Balilla. Il campo ci ricorda il Paese dei Balocchi. Come si suol dire: niente è come sembra. A maggior ragione nelle fiabe…
Le innumerevoli vite di un burattino
Collodi scrisse inizialmente il romanzo come un racconto serializzato per una rivista per bambini. Nel corso degli anni è stato adattato per il cinema e la televisione. Tra i più famosi c’è il film d’animazione Pinocchio di Walt Disney del 1940. Come la maggior parte delle opere Disney, il film addolcisce gli episodi più crudeli della storia originale. Ad esempio, Pinocchio non muore mai. Tuttavia, la storia ha influenzato anche i live-action per il cinema. Ad esempio, con gli adattamenti di Roberto Benigni nel 2002 e di Matteo Garrone nel 2019. La storia ha avuto un impatto così significativo sulla cultura pop che ha trovato spazio anche in opere in cui Pinocchio non è protagonista. È quanto accade in Shrek (2001) di Andrew Adamson e Vicky Jenson. Qui il bambino di legno mantiene il suo caratteraccio, ma è un personaggio secondario.
Ogni regista aggiunge il suo tocco personale, scegliendo cosa enfatizzare e cosa smorzare, sia dal punto di vista narrativo sia visivo. Oltre all’aggiunta della storia di Geppetto, uno degli aspetti più originali dell’adattamento di Del Toro è il contesto storico. Infatti, il regista ambienta la storia tra le due guerre mondiali. Questa decisione gli consente di mostrare il contrasto tra i fascisti, burattini nelle mani del regime, e Pinocchio: l’unico vero burattino, simbolo di libertà. I ragazzi vedono la guerra come una fantastica avventura. Come nella storia originale, finiscono per trasformarsi in asini e non vedono l’ora di combattere al fianco di Mussolini, il sommo burattinaio. Ma Lucignolo offre un barlume di speranza: invece di trasformarsi in un asino, si ribella a suo padre.
Uno stile, più chiavi di lettura
Di tutte le forme d’arte dell’animazione, per me la più sacra e magica è la stop-motion. Perché è il legame tra un disegnatore e un burattino.
Il regista Guillermo del Toro (da Guillermo del Toro’s Pinocchio | Step Inside the Magic of the Epic Filmmaking | Netflix)
Del Toro ha scelto la tecnica molto specifica della stop-motion per il suo Pinocchio. Per realizzare al meglio la sua ambiziosa visione, ha reclutato il veterano dell’animazione stop-motion Mark Gustafson (Fantastic Mr. Fox). La stop-motion consiste nell’effettuare innumerevoli riprese di burattini in un set. Inquadratura dopo inquadratura, i burattini vengono leggermente spostati in modo che l’intera sequenza crei l’illusione di immagini in movimento. In questo modo, in una sorta di atto meta-narrativo, il regista crea una burattino che prende vita nelle mani del burattinaio del suo film.
La tecnica della stop-motion è stata adottata da molti registi anche per i film d’autore. Dall’inquietante Alice (1988) del ceco Jan Švankmajer ai più pop Vincent e La sposa cadavere (2005) di Tim Burton. Otre ai già citati Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson e The Nightmare Before Christmas (1993) di Henry Selick. Gli ultimi anni sono pieni di esempi. Con l’evoluzione della tecnologia cinematografica, la stop-motion è stata affiancata da molte altre tecniche di animazione. Tuttavia, si conferma un posto d’onore per i film in bilico tra il pop e l’arthouse.
La composizione dei testi
Per il suo Pinocchio, Del Toro si è circondato di una troupe che aveva già espresso il proprio talento nell’animazione. Ha collaborato con lo sceneggiatore e musicista Patrick McHale per alcuni dei testi delle canzoni. L’autore della colonna sonora è il compositore e direttore d’orchestra Alexandre Desplat. I suoi brani sono determinanti per creare un’atmosfera fiabesca. Inoltre, si adattano alla perfezione ai colori vivaci della storia dark fantasy.
Desplat ha coinvolto il paroliere Roeban Katz: insieme a lui ha scavato nella musica bellica della Seconda Guerra Mondiale. Dal momento che la storia è ambientata in Toscana, volevano che la musica riflettesse l’atmosfera italiana. Per questo alcune canzoni hanno uno stile da opera lirica e, tra gli strumenti, prevalgono la fisarmonica e il violino. Inoltre, Desplat ha scritto il tema musicale per un’orchestra di legni, per riflettere l’anima del film. Ogni brano si adatta a un contesto, a un personaggio o a una sensazione come se fosse una trama a sé stante.
Il direttore della fotografia Frank Passingham ha esperienza anche con i film d’animazione in stop-motion (Kubo e la Spada Magica). In un intervista a AwardsWatch, spiega come le tonalità influenzino gli aspetti emotivi di un film. Del Toro lo ha presto coinvolto nella progettazione dei colori. Anche se si tratta di un film d’animazione fantasy, Passingham ha scelto una realistica luce naturale.
La luce calda nei ricordi di Geppetto con Carlo diventa più fredda nel presente di Pinocchio, creando distanza. Per il limbo, Passingham ha creato ambiente e luce fluidi, che ruotano intorno alle onde dell’acqua e della sabbia. Le luci blu e magenta contribuiscono a creare un tempo eterno, opposto al mondo umano. L’artista esalta e riduce la luce o la mantiene nascosta per enfatizzare ogni dettaglio, con le sue nouance emotive. Così anche una singola lacrima può essere protagonista di una scena.
Molto più di un classico
Pinocchio riprende vari temi e aspetti presenti nelle opere precedenti del regista. Lo spirito del Bosco/Morte sembra più una creatura mistica e magnetica rispetto all’originale Fata dai Capelli Turchini. Il suo aspetto ricorda una versione più tenera della creatura protagonista de La forma dell’acqua (2017). Allo stesso modo, l’atmosfera cupa della base militare e l’interno del pesce-cane somigliano a Cabinet of Curiosities (2022). Lo stesso Pinocchio non è totalmente umano, ma mostra più empatia di molti altri esseri umani. Come altri mostri e creature semi-umane creati dal regista, dimostra di avere una vera umanità sotto la sua pelle di legno. Del Toro ha inserito diversi easter eggs nelle scenografie e negli oggetti di scena. Le finestre rotonde sono simili a quelle dell’appartamento di Elisa in La forma dell’acqua, mentre le pareti di vetro della chiesa ricordano il Labirinto del Fauno.
Dietro le quinte, il regista ha dichiarato di non aver voluto realizzare un mero adattamento del romanzo di Collodi. Piuttosto, voleva creare una propria versione della storia, che evocasse un senso di familiarità. Non sopportava la trasformazione finale del burattino, vedendo il finale come una metafora dell’esigenza di cambiare per piacere agli altri. Il suo Pinocchio non sarebbe finito come un bambino vero, né avrebbe mai desiderato diventarlo. Da questo piccolo ma significativo dettaglio nasce il significato del titolo: non solo Pinocchio. Ma il Pinocchio di Guillermo del Toro. Un’immortale fiaba classica che diventa una parabola dark fantasy sui totalitarismi.
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